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Mafia, sequestro milionario a mercante d’arte trapanese

Di Redazione |

CASTELVETRANO – Aziende (Olio verde srl., Demetra srl, Becchina company srl), terreni, conti bancari, automezzi, e immobili, tra i quali parte di palazzo Pignatelli, una parte di quella che appartiene a privati e nel quale sorge l’antico castello Bellumvider di Castelvetrano (la parte pubblica è di proprietà comunale e ospita il Municipio), la cui edificazione si fa risalire a Federico II, per un valore complessivo di svariati milioni di euro, difficile da quantificare anche per gli stessi investigatori, sono stati sequestrati dalla Direzione investigativa antimafia di Trapani a Giovanni Franco Becchina, 78 anni, commerciante internazionale d’opere d’arte e reperti di valore storico-archeologico.

Originario di Castelvetrano, Becchina è stato titolare in passato di una galleria d’arte a Basilea, in Svizzera e di imprese in Sicilia nei settori del commercio di cemento, nella produzione e commercio di prodotti alimentari e olio d’oliva. Il provvedimento di sequestro è stato emesso dalla Sezione penale e misure di prevenzione del Tribunale di Trapani su richiesta dell’applicazione di una misura di prevenzione personale e patrimoniale avanzata dal Gruppo misure di prevenzione della Procura di Palermo.

Prima di morire, il collaboratore di giustizia castelvetranese Lorenzo Cimarosa ha parlato dei rapporti tra Giovanni Franco Becchina e il boss mafioso latitante Matteo Messina Denaro. Informazioni che gli avrebbe rivelato Francesco Guttadauro, nipote prediletto (attualmente detenuto per mafia) del capomafia. Le sue dichiarazioni e quelle dei collaboratori Rosario Spatola, Vincenzo Calcara Angelo Siino e Giovanni Brusca sono alla base del provvedimento di sequestro all’imprenditore di Castelvetrano Becchina.

Secondo la ricostruzione effettuata dagli investigatori della Dia di Trapani, incaricati delle indagini, «per oltre un trentennio Giovanni Franco Becchina avrebbe accumulato ricchezze con i proventi del traffico internazionale di reperti archeologici, molti dei quali trafugati clandestinamente nel più importante sito archeologico della Sicilia, quello di Selinunte, da tombaroli al servizio di Cosa Nostra».

Alle indagini ha collaborato la polizia giudiziaria elvetica, attivata dalla Procura di Palermo con rogatoria internazionale. A gestire le attività illegali legate agli scavi clandestini per la ricerca di preziosi reperti archeologici, secondo gli investigatori ci sarebbe stato l’anziano patriarca mafioso Francesco Messina Denaro, morto nel ’98, poi sostituito da suo figlio, Matteo Messina Denaro, latitante da oltre 24 anni. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA