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Detenuti e studenti sul palco un’occasione di cambiamento

Di Ombretta Grasso |

Bisogna attraversare porte di sicurezza e controlli e cancelli che tagliano i corridoi bianchi interrotti da grandi murales – scorci di piazze, montagne, panorami, isole, desideri del mondo di fuori – attraversare quel mondo “dentro” che dimentichiamo ogni giorno, che ignoriamo chiudendone a chiave le porte, prima di arrivare nel grande auditorium fitto di colori e di foto, ieri mattina palcoscenico di un nuovo spettacolo. «Cerchiamo di dare un’aria meno carceraria possibile», spiega con un sorriso pacato il direttore del carcere Antonio Gelardi, portatore sano di speranza, promotore instancabile, dentro quelle mura, di attività, corsi, progetti «che rendano utile il tempo della reclusione».

Si apre il sipario, un cantastorie si rivolge a una Sicilia che sappia «scommettere sul valore della pietà umana», narra la storia di Felice, un bimbo disabile che negli anni del fascismo riesce ad affrontare la sua vita al meglio grazie alla mamma Rosalba «che non conosce la rassegnazione», alla nonna e all’aiuto di un farmacista. Non solo parole di un romanzo: sul palco ci sono anche un ragazzo disabile, il papà e l’insegnante di sostegno.

Il clima è di festa, i 400 spettatori, studenti e docenti del Gagini, dell’Itas e della scuola media Paolo Orsi di Siracusa ascoltano incuriositi. Ma il silenzio resta spesso sospeso, prima di tuffarsi nella commozione e riemergere in un applauso fragoroso. Lo spettacolo, frutto di puro volontariato, è l’occasione di un incontro tra mondi diversi e progetto educativo. «Ci sono dentro tante forze, tante anime: la dirigente del Gagini, Giovanna Strano, l’insegnante di sostegno Antonella Parisi, l’abnegazione delle educatrici del carcere, la volontà e la creatività del direttore» elenca l’autrice e regista Simona Lo Iacono. «Da due anni esiste la compagnia con i detenuti, questo è il terzo spettacolo nato da un laboratorio di lettura sulla disabilità. Una attività teatrale che è l’occasione di un percorso di crescita, di riflessione anche spirituale. I detenuti sono motivati a condividere e riacquistare valori. Mi interessa portare il teatro nei luoghi dove c’è bisogno, dove la letteratura possa curare. Nel mio lavoro mi misuro tutti i giorni con la colpa e credo che non basti la condanna. Quest’anno abbiamo collaborato anche con le scuole realizzando un progetto sulla legalità che nasce dietro le sbarre, portando i ragazzi a toccare la realtà carceraria, a capire le conseguenze vere, ma anche che esiste la possibilità del recupero». «Un arricchimento per tutti, un modo di trovare risorse che non si sa di possedere», aggiunge la prof Caterina La Rosa, anche lei regista dell’operazione, mentre la supervisione è della prof Cristina Morelli. «Un’esperienza bellissima – i entusiasma una “strega”, Francesca Lo Curzio – Una grande crescita». E i giovani spettatori: «Qui si capisce com’è difficile la vita dei carcerati. Nello spettacolo ci sono detenuti, studenti e un disabile. Tutti insieme, tutte persone», dicono saggi Ketty Di Paola e Giuseppe Adorno, 16 anni, dell’Itas. Il sorriso più grande sembra quello dei detenuti: ringraziano, salutano, hanno preparato un regalo per il ragazzo disabile. «Le prove sono belle – commenta Vincenzo Avolese – ma l’emozione vera è con il pubblico». «E’ un bell’impegno ed è importante confrontarsi con quello che c’è fuori», dice Emanuele Gritti che recita un intenso pezzo, squarcio sulla sua vita. «Trasformare una limitazione in una opportunità – conclude la Lo Iacono -. perché ribaltare il destino è possibile».

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