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Il Pd chiama Renzi, «Ci dia lui la linea» Crocetta in trincea

Di Mario Barresi |

Catania –  Pierre. Che non è il nome di un “papa nero” di origini francesi. Pierre nel senso di Pr. Se non fosse già alquanto inflazionato (soprattutto in versione PdR, Partito di Renzi), sarebbe l’acronimo perfetto per i dem siciliani. Pr come Panta rei, il «Tutto scorre» attribuito a Eraclito. A sua insaputa, post mortem.

Neanche il tempo di smontare i gazebo che anche nell’Isola, seppur con una percentuale più bassa e con risultati a macchia di leopardo, hanno incoronato Matteo Renzi, e fra i dem siciliani è già resa dei conti. Non è passata inosservata l’accelerazione di Davide Faraone, che rompe il silenzio imposto dal suo rango di sacerdote del Tempio del 30 Aprile. E, come prevedibile e previsto, è già tempo di Regionali. Il sottosegretario conferma il Verbo delle primarie per la scelta del candidato presidente. Soltanto primarie; subito primarie; comunque primarie. Più primarie per tutti. Compreso per il presidente del Senato, Piero Grasso, qualora dovesse mai cedere al serrato corteggiamento – anticipato da La Sicilia lo scorso 3 aprile e ora rilanciato da Enzo Bianco – di «sacrificarsi per la sua terra». Se ne riparla, a Roma. Ci s’innervosisce, a Palermo. Tentazione, suggestione. O chissà.

Ma la strada da Palazzo Madama a Palazzo d’Orléans è in salita. Tanto più perché al di qua dello Stretto, c’è il Pd-Panta rei, quello dello scorrimento globale (che è anche un po’ annacamento), molto eracliteo – anche e soprattutto in contrapposizione alla «filosofia dell’essere» di Parmenide. Qui conta di più l’apparire. Felici, innanzitutto. E vincenti. «Il risultato delle primarie dà ampi spazi di soddisfazione a tutti», dice Fausto Raciti, nella registrazione del prossimo “Faccia a faccia” di Antenna Sicilia. Ma, visto che la faccia del segretario regionale del Pd è identica a se stessa, non è dato sapere se la frase di cui sopra fosse ironica o seriosa. Di fatto c’è che è vera: tutti felici&vincenti: i renziani perché hanno vinto, gli orlandiani e gli emilianiani perché non hanno straperso. Eppure qualche dato pitagorico – nel Pd eracliteo – va annotato. Il 65% di Renzi è inferiore alla media nazionale, sfiorata soltanto a Palermo dove era schierata la triade composta, oltre che dai faraoniani, dal leader di AreaDem Peppino Lupo e dal renziano last minute Antonello Cracolici. E neanche l’asse suggellato dal “Patto della seppia” ha fatto sfaceli, visto che Caltanissetta, Terra Promessa di Totò Cardinale e figlia, è stata – a maggior ragione se al netto del pasticcio di Gela – la Waterloo sicula dei renziani. «Scelte sbagliate», le bolla Raciti nel salotto tv. E allora: se davvero fossero state il metro di misura del “celolunghismo” per le Regionali, il candidato governatore in pectore dovrebbe essere Nello Dipasquale, che – con il suo 86% – ha trasformato Ragusa in un’enorme Pontassieve del caciocavallo.E ora che si fa? Qualcuno gongola. Per non fare nomi: Rosario Crocetta. «Pensate se avessi sostenuto Emiliano con eventi di massa che sarebbe successo», dice il governatore, pur consapevole che nel 14% del collega pugliese c’è «il voto di molti miei amici», leggasi Beppe Lumia.

Ma la conferenza stampa di Farone costringe Rosario a esternare. Premessa: «Nessuna risposta a un sottosegretario sulle primarie, perché io aspetto deliberati e scelte ufficiali del partito». Ma la lingua batte dove il dente duole: «Faraone è il Cappato del Pd siciliano, un angelo della morte che vuole accompagnarci in una clinica svizzera a fare l’eutanasia». Dopo la metafora radicale, nel senso pannelliano del termine, Crocetta scandisce il suo piano: «Mi spetta una verifica sul bilancio del mio governo, oltre al diritto di fare il rimpasto se ci sono assessori che non lavorano bene», provoca. Ma Faraone dice che a sei mesi dal voto quest’idea «fa ridere i polli». Risposta: «Può ridere solo lui, che se non è esemplare di gallinaceo almeno lo è di pennuto che non vola». Dispute ornitologiche a parte, il governatore ha le idee chiare: «Io faccio tutte le verifiche che voglio. Faraone non le vuole, forse perché ha paura di svegliarsi dopo quattro anni di sonno della ragione e scoprire che il mio governo funziona». E, altra provocazione in purezza, che «pure i suoi assessori lavorano bene». Eppure, se non proprio sugli uccelli, l’asino casca sulle primarie. «Nel Pd gli uscenti non sono tenuti a farle», sbotta. Aggiungendo: «Con chi dovremmo farle? E poi per le Regionali il Pd le ha fatte solo in Liguria e dopo ha perso…».

E Raciti che dice? Dopo un incontro al bar con il suo vice Francesco Marano («Ho la mail con la nomina, del 18 aprile», certifica il delfino di Bianco), il segretario regionale del Pd traccia la road map per le Regionali. Primo: «Domenica s’insedierà il segretario nazionale e io non posso prescindere da un confronto con Renzi, anche perché le elezioni siciliane hanno un forte valore nazionale». Fausto aspetta Matteo. Che, se proprio dovesse aborrire l’ipotesi di una scelta dall’alto, premerebbe il tasto “start” sulle primarie. «Da concordare nel tavolo con tutti gli alleati, dopo aver avuto il mandato dalla direzione regionale del mio partito», dettaglia Raciti. Il quale – uomo di partito per definizione, ma anti-faraoniano per vocazione – precisa: «In ogni passaggio va coinvolto e rispettato il presidente della Regione in carica, che è del Pd». Anche per lui, però, «valgono le stesse regole di tutti, comprese le primarie se questa fosse la scelta». E allora «fermiamoci un attimo e azzeriamo tutto», è la linea.Ardua da seguire, nel Pd del Panta rei. E allora, bandito Parmenide, non resta che confidare nel suo discepolo Zenone. Quello della «dimostrazione per assurdo». Un filosofo dei paradossi, alla stregua del Pd siciliano. Il più celebre è su Achille che non riesce a raggiungere la tartaruga. Illudendosi che sia come l’altra storia. Quella del grillino pie’ veloce contro la testuggine dem.Twitter: @MarioBarresiCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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