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Le due facce di una verità

Le due facce di una verità

Di Domenico Tempio |

Pur non entrando nel merito della sentenza, non l’abbiamo fatto prima in occasione della condanna, non lo facciamo adesso davanti all’assoluzione, vi sono però delle riflessioni da fare. Che si possono considerare di «contorno» alle due sentenze. Per prima cosa è difficile credere che la decisione della Corte d’appello sia l’effetto del patto del Nazareno tra Renzi e Berlusconi. Se ciò fosse vero sarebbe relativizzare e, quindi, squalificare l’operato della magistratura. Sia nella prima sentenza, sia nella seconda. Come non crediamo che si sia arrivati a questa assoluzione perché abbiano agito «suggerimenti riservati», il Quirinale ad esempio, interessati a evitare che si bloccasse l’iter delle riforme. Se si voleva arrivare a ciò bastava concedere la grazia all’ex premier. Cosa che Napolitano correttamente non ha fatto. Le riflessioni che ci vengono in mente e che potrebbero spiegare la inattesa sentenza di assoluzione, sono invece altre. E forse vanno cercate all’interno del Palazzo di Giustizia di Milano. Lo scontro Bruti Liberati-Robledo ha creato un disagio tra i magistrati oltre che nell’opinione pubblica. In quest’ultima, la non schierata ovviamente, è passata la sensazione che il procuratore capo nell’aver affidato l’inchiesta alla Boccassini, storicamente non tenera con Berlusconi, avesse voluto dare un segno preciso di ricerca a tutti i costi della colpevolezza dell’indagato. Non è che Robledo sarebbe stato più tenero, ma la rivelazione da parte di quest’ultimo di un intrigo per estrometterlo dall’inchiesta, ha certamente accresciuto il disagio. Come se ci fosse dietro un fatto personale. La stessa indagine nei confronti di tutti i testimoni, oltre trenta (tra cui anche l’avvocato della difesa, Ghedini), espressisi a favore di Berlusconi, aveva fatto nascere il sospetto dell’esistenza di un’operazione anti premier (allora non era ex). Diciamo solo sospetti, non certezze. Talvolta quello che appare non ha nulla a che vedere con la verità. Che oggi ha due facce, cioè due sentenze diverse. Toccherà, forse, in futuro alla Cassazione stabilire definitivamente se c’è stata concussione (il reato più grave) e se i bunga bunga (il reato moralmente più pesante) dell’ex Cavaliere sono penalmente perseguibili. All’opinione pubblica, non solo nazionale, rimane però il dubbio se ad Arcore quelle cene erano eleganti, come sostiene l’interessato, o orgiastiche, come sostiene l’accusa. C’è poi un’altra riflessione. Il collegio di difesa di Berlusconi. Lui che ha tanto criticato la politicizzazione della magistratura, nel primo processo si è fatto difendere dai suoi avvocati che oltre a essere di fiducia, li aveva fatto diventare dei veri e propri politici. Ghedini, soprattutto. L’avere, invece, incaricato un avvocato di prestigio quale Franco Coppi, al di fuori dalla mischia, ha dato un segnale diverso anche alla Corte. Coppi, così, ha potuto vincere. E Renzi può continuare a contare sul patto del Nazareno. Al posto di Berlusconi non saliremmo però sul cavallo bianco, ha ancora altre battaglie da affrontare nei palazzi di Giustizia. Soprattutto in quello di Napoli dove l’accusa è di compravendita di deputati. Che avrebbe segnato, anche se dopo un po’ di tempo, la caduta del governo Prodi. Quest’ultimo, in verità, nella testimonianza di qualche giorno addietro è stato molto cauto, definendo le voci di allora solo chiacchiere. Forse un bonus da spendere quando ci sarà da eleggere il nuovo capo dello Stato? In politica conta anche questo. La compravendita di deputati e senatori nel nostro Parlamento ha una lunga e scandalosa storia. Utilizzata da quasi tutti i partiti. Con offerta di soldi e poltrone. Chissà se la nuova legge elettorale cercherà di sanare questa piaga? Oggi non sembra.

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