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Catania, forse una faida dietro la sparatoria di corso Indipendenza

Una spaccatura interna ai Cursoti Milanesi potrebbe aver provocato l'uso delle armi il 28 aprile scorso a San Berillo Nuovo.

Di Laura Distefano |

Il movente della sparatoria di corso Indipendenza è rimasto oscuro. La gip che ha firmato l’ordinanza nei confronti di Mario Leonardi e Giuseppe Concetto Piterà lo ha messo nero su bianco. Ma nelle motivazioni del provvedimento cautelare la giudice Marina Rizza circoscrive la questione alla sfera della criminalità organizzata ipotizzando una tensione in corso. Leggendo solo i nomi di vittima e carnefice – evidenziando che siamo a uno stato embrionale dell’indagine e il 22enne Piterà ha respinto le accuse in fase di interrogatorio – si comprende bene che potrebbe esserci una spaccatura all’interno dei Cursoti milanesi. Una fibrillazione familiare, non solo nell’accezione mafiosa del termine.Partiamo dai protagonisti: il 28 aprile scorso a essere finito all’ospedale San Marco con una pallottola piantata nel ginocchio è stato Alfio Cristian Licciardello accompagnato dalla madre, che è figlia del defunto boss Saretto Pitarà. Nel suo curriculum ci sono diversi precedenti: nel 2017 fu arrestato dalle Volanti in via Dell’Adamello; era assieme a un commando armato fino ai denti. Si pensò a un regolamento di conti per questioni di droga.

Dalle ricostruzioni degli investigatori a sparare contro Licciardello sarebbe stato Concetto Giuseppe Piterà. Il 22enne è figlio di Gabriele, finito in manette nel blitz Zeus dello scorso autunno. In quelle carte giudiziarie finirono i commenti di Piterà jr alla scarcerazione di un carateddu che avrebbe ucciso il papà Pippo “Scimmia” in una bettola di San Berillo Nuovo il 25 gennaio 1997. Giuseppe Piterà e Rosario Pitarà erano fratelli, ci fu un errore all’anagrafe nella trascrizione del cognome.

Gli spari quindi coinvolgono due cugini (anche se non di primo grado). Un inquietante aspetto che – se confermato dalle indagini e dal processo – farebbe comprendere come all’interno dei Cursoti milanesi ci sia una faida molto accesa. Che ha rischiato di precipitare.Le modalità della sparatoria fanno capire che chi ha sparato non voleva uccidere ma solo “lanciare” un avvertimento. Ma quali potrebbero essere le ragioni di questo conflitto intestino? Anche stavolta bisogna tornare alle carte dell’inchiesta Zeus dove si trovano indizi di questa spaccatura che sarebbe sorta quanto è tornato in libertà Carmelo Di Stefano, figlio di Tano sventra (soldato storico del fondatore del clan Jimmy Miano negli anni ’80) e fratello di Ciccio “pasta ca sassa”.

Di Stefano appena mise piede a Catania avrebbe ripreso le redini del clan mafioso rivendicando la sua reggenza, ma non tutti avrebbero accettato questa linea di comando. All’epoca Pitarà era ai domiciliari a casa per motivi di salute (è morto alla fine del 2020), ma al suo capezzale c’erano quasi quotidianamente “affiliati” che chiedevano consigli su strategie da adottare per poter mantenere il potere. Licciardello, una volta deceduto il nonno boss, avrebbe fatto pesare la sua “parentela” all’interno della famiglia. Ma altri invece avrebbero accettato che lo scettro criminale fosse mantenuto dai Di Stefano. Una divergenza di vedute che però non si sarebbe tramutato in un assalto alla diligenza. Almeno fino all’8 agosto 2020, quando tutto è precipitato.

I Cursoti milanesi di Di Stefano si sono scontrati con i rivali cappelloti in un conflitto a fuoco che ha lasciato due morti ammazzati sull’asfalto di viale Grimaldi 18. La guerra tra clan ha portato all’arresto di Carmelo Di Stefano, che lo scorso mese è stato condannato a 20 anni per il duplice omicidio di Librino.Negli ultimi mesi, inoltre, il vuoto di potere si è allargato perché i poliziotti lo scorso autunno hanno azzerato quello il clan con l’operazione Zeus. Senza “capo ufficiale” nel trono dei Cursoti milanesi, Licciardello forse avrebbe cercato di crearsi più spazio. Questo potrebbe essere non piaciuto ai Piterà, che avrebbero voluto dare una lezione a suon di pistolettate al nipote del defunto capomafia.

Una fibrillazione mafiosa, quindi, potrebbe nascondersi dietro i quattro colpi di pistola sparati al semaforo di via La Marmora quattro mesi fa. Uno scenario che, se fosse accertato, sarebbe preoccupante viste le polveriere pronte a esplodere di via Capo Passero e del Villaggio Sant’Agata.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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