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I soldi Covid, i bancari e le spese per picciotti del clan: cosa c’è nelle carte Lockdown

L'ordinanza del gip svela la zona grigia che lega i colletti bianchi con la mafia

Di Laura Distefano |

I soldi del Covid utilizzati «per il mantenimento dei detenuti in carcere e al pagamento degli stipendi per i membri del clan». La filiera illecita scoperchiata ieri dalla Squadra Mobile con il blitz Lockdown a un certo punto si interseca con un nome di “sangue” della famiglia catanese di Cosa nostra, Gabriele Santapaola.

Gli investigatori, coordinati dal pm Andrea Bonomo, nel 2021 stavano scavando sugli affari dei Santangelo-Taccuni di Adrano quando inciampano in qualcosa che li conduce ad aprire un filone ad hoc su un possibile gruppo organizzato finalizzato a reperire fondi di finanziamento senza averne i requisiti al fine di truffare lo Stato e arricchirsi. Giovedì gli arresti e i sequestri per equivalente per oltre 300mila euro.

Una girandola che porta i poliziotti a concentrare le attenzioni su Andrea Pappalardo, direttore generale di Co.Fi.San (a cui i poliziotti hanno congelato anche somme di denaro e parecchi orologi Rolex) e Alessandro Mirabella, capo area di Unicredit (istituto di credito che poi apre un’inchiesta interna sulle pratiche “irregolari”), che sarebbero le “menti” dell’organizzazione criminale. In uno dei telefoniti è iniettato un trojan che permette a chi indaga di avere un quadro completo del sistema di truffa. Una volta individuate le “teste di legno” si preparava la documentazione «agevolata visto il periodo emergenziale» e poi si presentava la pratica.

I due “capi” avrebbero preferito i finanziamenti garantiti dell’importo massimo di 30mila euro: «Noi dobbiamo lavorare sui 30mila Andrea! Dobbiamo fare i 30mila a tutti, su questo dobbiamo lavorare… su queste settimana sono tre cose… ce ne bastano tre!».

Mirabella sarebbe stato visto come l’uomo chiave. Di potere. «Pappalardo è con suo cognato (Alessandro Mirabella) che è il direttore… che è il capo area… che deliberano… e il potere è lì».

Esisteva anche un tariffario della truffa: «500 euro per le pratiche di finanziamento e 1000 euro per le altre. Talvolta, nei casi di pratiche particolarmente complesse, veniva applicato un sovrapprezzo».

Ascoltando e monitorando non ci sono conversazioni però che legano direttamente il rampollo Santapaola – fratello dell’ex reggente della famiglia mafiosa Francesco colluccio (da non confondere con il figlio di Nitto), al duo Mirabella-Pappalardo.

Nelle carte dell’ordinanza firmata dal gip Stefano Montoneri si ipotizza un collegamento indiretto che avrebbe ottenuto tramite il commercialista Michele Pilato. Il professionista avrebbe avuto il compito di agganciare i prestanome e attivare le pratiche bancarie.

Ma anche se non sono state captati concersazioni a tu per tu tra Santapaola e i broker bancari, per il gip non ci sono dubbi «sulla loro consapevolezza» dell’appoggio al «clan mafioso» per le «pratiche di finanziamento» . Una consapevolezza che emergerebbe – a dire del giudice – da due conversazioni della primavera 2021. Pappalardo discutendo con una persona di un ritardo di un cliente «afferma» che avrebbe potuto «contare sulla famiglia» Santapaola. In un’altra identificava Pilato «come il commercialista» dei Santapaola.

Nella catena di montaggio del reperimento illecito delle liquidità Covid entrerebbe Paolo Marragony, un carabiniere a cui sarebbe stata affidata «l’attività di falsificazione degli atti» e «di quanto fosse necessario alla presentazione delle domande». Forse ad un certo punto il militare sparisce dai radar del commercialista. E infatti Pilato arriva a chiedere a Santapaola che fine avesse fatto «l’amico nostro carabiniere» e Santapaola, ridendo, risponde: «Perché noi abbiamo amici carabinieri?». Forse una frase che serviva a depistare le indagini.

A un certo punto infatti la notizia che uno degli istituti bancari avesse attivata dei controlli provocava delle reazioni a catena. I protagonisti provano anche a fare esternazioni come se fossero estranei al meccanismo truffaldino: «Perché noi siamo persone serie e corrette! Questa è gente scorretta, in tutti i sensi. Noi non abbiamo a che fare. Mi auguro che un giorno la magistratura li condanna a questi stronzi!». Alla fine la mano della giustizia, però, ha colpito direttamente loro.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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