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Il bonus facciate mette a rischio il barocco catanese: “Palazzo dell’800 dipinto come una torta alla panna”

 A lanciare l’allarme è la sovrintendente Donatella Aprile alla luce degli esiti dei lavori in alcuni edifici di città

Di Pinella Leocata |

Il bonus facciate – che, oltre a spingere la ripresa economica agevolando i proprietari di immobili, è stato presentato come una grande occasione di riqualificazione dei centri storici – rischia di stravolgere il barocco catanese. A lanciare l’allarme è la sovrintendente Donatella Aprile alla luce degli esiti dei lavori in alcuni edifici di città. «Da quando c’è questa agevolazione – spiega l’architetto  Aprile – i nostri uffici sono sommersi dalle richieste di parere sia per edifici monumentali, per i quali la sovrintendenza ha l’alta sorveglianza, sia per quelli di interesse storico che, pur non vincolati per decreto, hanno un loro valore architettonico. Noi abbiamo esaminato le richieste e abbiamo dato, e diamo, prescrizioni precise, rigorose e dettagliate sul tipo di intonaco da utilizzare perché si tratta di edifici in centro storico. Indichiamo il tipo di malta in base alla tipologia della facciata e al tipo di edificio che può essere del Settecento, dell’Ottocento o dei primi del Novecento». Questo significa che prima bisogna studiare il vecchio intonaco, fare delle analisi, capire il tipo di malte utilizzate e, alla luce di questo, scegliere l’intonaco da usare per il rifacimento della facciata, non miscele preconfezionate ed industriali, dunque, ma da eseguire in cantiere. Questo significa che i direttori dei lavori non sono lasciati allo sbaraglio, ma possono procedere all’esecuzione dell’intonaco tradizionale servendosi delle prescrizioni specifiche della sovrintendenza. 

Tutto dovrebbe procedere senza problemi e, invece, denuncia la sovrintendente, «alla luce dei risultati che vediamo, constatiamo che le nostre prescrizioni non sono state rispettate nell’esecuzione dei lavori. O perché l’impresa non è all’altezza e non è professionale o perché la direzione dei lavori non è in grado di eseguire questo tipo di lavori. Sappiamo dai giornali che, con l’arrivo del bonus facciate e del superbonus, ci sono state tante frodi. Inoltre molte imprese si sono costituite in questa occasione senza alcuna esperienza e questo è molto pericoloso in una materia delicata come il centro storico. Oppure se ne fregano delle prescrizioni della sovrintendenza perché hanno fretta e anche per risparmiare. È ovvio che una malta tradizionale ha bisogno di tutta una serie di operazioni e di fasi. Sulle facciate vanno fatti dei provini, va verificato se sono appropriati, e se non lo sono bisogna rifarli. E quando non si rispettano le prescrizioni della sovrintendenza il risultato è che le facciate vengono deturpate. E ancora più scandaloso è il trattamento della pietra lavica che, in alcuni casi, viene coperta da colore o da intonaco, mentre va solo lavata. Non bisogna trattarla. Invece c’è chi, magari vedendola logora, pensa di sistemarla ricoprendola di colore». 

E capita anche che ci sia chi, in pieno centro storico, neppure chieda il parere alla sovrintendenza, come è successo per i lavori in corso all’istituto Maria Ausiliatrice di via Caronda dove la sovrintendenza, notando il ponteggio, ha sospeso i lavori, ha dato delle prescrizioni dettagliate e adesso sta seguendo i lavori. E un altro caso la sovrintendente cita, quello di un palazzo dell’Ottocento, in via Umberto, dipinto tutto di bianco. «Sembra una torta alla panna. Visti questi risultati terribili, per attenuarne gli esisti – continua la sovrintendente – ho deciso che i nostri quattro restauratori vadano in giro per i cantieri del centro storico per verificare le singole situazioni. Questa iniziativa ha creato una forte deterrenza cosicché molti hanno deciso di attendere i nostri sopralluoghi e la nostra sorveglianza. In questa situazione sarebbe stato fondamentale che la città fosse dotata del piano del colore. Il Comune doveva attrezzarsi di questo strumento così come del piano regolatore, come in tutte le società civili, invece se ne parla da quando ero una giovane dirigente, ma non è mai stato fatto. Per quanto riguarda il cappotto termico, che imporrebbe un tipo di intonaco non tradizionale, in centro storico non lo approviamo. I direttori dei lavori lo sanno e non presentano neppure le richieste. Noi non possiamo sorvegliare tutti i cantieri, ma dovrebbero essere gli stessi direttori dei lavori a vigilare e a rapportarsi con la sovrintendenza». E conclude. «Mi auguro che l’operazione dei nostri restauratori sia un incentivo a chiedere la collaborazione della sovrintendenza e un incentivo a leggere le nostre prescrizioni per procedere in maniera corretta, altrimenti rischiamo di trovarci in una città variopinta, invece i colori del Barocco catanese devono essere assolutamente preservati».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA