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Il Ferrarotto tra decadenza e sporcizia: un “monumento” all’incuria dei catanesi

Il presidio ospedaliero nelle mani di ladri vandali e clochard. Non esiste un progetto per la riqualificazione

Di Maria Elena Quaiotti |

«Sull'ex presidio ospedaliero “Ferrarotto” al momento non c'è alcun progetto». È stata questa la risposta, a domanda precisa, data dai vertici dell'azienda ospedaliera universitaria Policlinico-San Marco, proprietaria di uno dei maggiori ex siti ospedalieri della città, purtroppo lasciato al degrado. E certo non da oggi, visto che è stato chiuso nel 2018. 

Attualmente c'è solo un padiglione assegnato in comodato d'uso gratuito alla polizia di Stato, che ospita gli uffici sanitari e la Scientifica, oltre al parcheggio riservato ai dipendenti dell'Arnas Garibaldi. Il resto, e non è poco, è invece diventato foresta e terra di nessuno: tutto è stato devastato e derubato e nulla evita le incursioni diurne, ma soprattutto notturne, di vandali, ladri, tossici e clochard. Che lì, di fatto, “abitano”. Perfino chi parcheggia qui, i dipendenti dell'ospedale Garibaldi per intenderci, ha paura. Specie quando ha turni di notte. Immaginarsi, poi,  se si tratta di donne che devono andare, da sole, a recuperare la propria macchina. Perché in effetti niente vieta a chiunque di entrare nell'ex ospedale e vedere e fotografare il degrado che qui regna, proprio come abbiamo fatto noi. Di giorno, figuriamoci di sera o di notte. L'unica incognita resta al possibile n incontrare qualche “residente”, magari non ben intenzionato. Ma sono le fotografie che qui riportiamo a raccontare una realtà cittadina che grida vendetta. L'unica a “salvarsi” sembra restare la chiesetta, nonostante la scritta a spray “W S. Agata”. Per il resto, è tutto una devastazione.  Ad iniziare dagli stessi parcheggi aperti ai dipendenti del Garibaldi, dove la vegetazione ormai cresce incontrollata e, proprio nella nostra rubrica “Lo dico a La Sicilia”, nei giorni scorsi era stato pubblicato l'appello relativo a un presidio medico avanzato (PMA) parcheggiato al Ferrarotto da diverso tempo, “era stato acquistato a fine anni ’90 dall'ex azienda ospedaliera Vittorio Emanuele, oggi Policlinico San Marco, e mai utilizzato. Di fatto occupa tre posti auto. Lo si potrebbe donare alla centrale operativa Sues 118, perché è ancora nuovo, come hanno già fatto con un'ambulanza nuova per il servizio di emergenza neonatale. Sarebbe molto più sensato piuttosto che lasciarlo qui, visto che è fermo da almeno 20 anni. Allo spreco non c'è mai fine! Si renderebbe un bene fruibile all'emergenza sanitaria, si mostrerebbe di essere capaci di gestire il bene pubblico”.

Bene pubblico che, per quanto riguarda il Ferrarotto sembra essere diventato invece un insulto alla civiltà. Il presidio ospedaliero era considerato una delle più grandi strutture ospedaliere del Sud, sorto nei primi anni del 1900 come sanatorio per i malati di tubercolosi polmonare su iniziativa del commendatore Antonio Ferrarotto Alessi, negli anni qui venne realizzato il primo padiglione del Sud Italia per le grandi ustioni, poi vennero aggiunti i reparti di anestesiologia e cardiochirurgia, e anche l'odontoiatria. Ma questa è la storia, anche della medicina, che troppo spesso viene dimenticata. Oggi, al di là dell'essere stato devastato e depredato, in tutta la struttura restano i segni dei bivacchi di chi qui alloggia, dorme e mangia, e del resto tutti i padiglioni che abbiamo girato, e documentato, sono ormai ridotti così. Che qui qualcuno ci dorma lo testimonia la presenza di materassi, disseminati un po' ovunque, le strutture sono state evidentemente depredate di ogni bene possibile e mostrano i segni dell'inevitabile decadenza dovuta alla mancata manutenzione. 

L'impressione, netta, è di trovarsi di fronte a una via di mezzo fra una discarica a cielo aperto e un ritrovo per clochard e tossici. L'idea è che negli anni non si sia mai impedita la devastazione. Il Ferrarotto, in particolare, era stato chiuso nel 2018, la cardiologia e l’innovativo reparto di cardiochirugia erano state trasferite al Policlinico, c'era anche un reparto di malattie infettive, e dopo aver vissuto questi due anni di pandemia Covid tutti ormai sappiamo quanto sarebbe servito avere qualche spazio in più. Non c'è stata cura, non si è impedita la devastazione. I ladri hanno portato via di tutto, perfino la Madonnina dalla nicchia che era stata realizzata. E allora, cosa fare di questa immensa struttura ormai decadente? Un suggerimento è fare come per il Santa Marta: mantenere gli edifici di interesse storico e, per il resto, abbattere e realizzare un polmone verde per la città .  COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA