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La sanità siciliana

Iacolino, il manager politico “licenziato” dall’Asp di Siracusa ma (quasi) pronto per Catania

L'ex europarlamentare agrigentino di Forza Italia cacciato dal dirigente generale aretuseo Lucio Ficarra per le sue "ingerenze" potrebbe tornare in sella all'Azienda di Catania

Di Mario Barresi |

I “super poteri” di Iacolino, il politico-manager cacciato dall’Asp di Siracusa e in lizza a Catania Mario Barresi Catania. Che le nomine della sanità siciliana sono gestite dalla politica lo sanno pure i bimbi dell’asilo. Ma negli ultimi giorni c’è un caso più ingombrante che turba i sonni dei palazzi della Regione. Il protagonista è di rango. Salvatore Iacolino, agrigentino, ex eurodeputato eletto nel 2009 col Pdl (e non riconfermato nel 2014), più volte candidato, ma senza fortuna, all’Ars e al Senato, con militanza in Grande Sud, Forza Italia e Udc. Ma Iacolino ha anche un ricco curriculum ai vertici della sanità: dal 2001 direttore amministrativo dell’allora Asl di Agrigento, la giunta Cuffaro lo nomina nel 2005 direttore generale a Palermo, ruolo che manterrà fino all’esperienza a Bruxelles, per poi tornare nei ranghi della sanità nel 2014 all’Asp di Agrigento. L’ultimo rigo della brillante carriera del manager-politico è il contratto, firmato due anni fa, da direttore amministrativo a Siracusa. Ma arriva il corto circuito. Il direttore generale dell’Asp aretusea, Salvatore Lucio Ficarra, il 23 aprile scorso, “licenzia” Iacolino per «reiterata violazione di norme contrattuali e di legge». Nella lettera di recesso dal contratto di diritto privato, Ficarra sostiene che l’ex eurodeputato si sia «arrogato, in modo reiterato e perpetrato nel tempo, l’esercizio di poteri propri della direzione generale ed, a tratti, della direzione sanitaria». Insomma, un’invasione di campo, «assumendo iniziative e decisioni» viziate da «straripamento ed eccesso di potere». Le contestazioni più pesanti sono due. La prima riguarda la firma dei contratti di assunzione di cinque collaboratori amministrativi a tempo indeterminato (per cui Iacolino non era stato delegato, «a differenza di quanto dichiarato in modo fallace nei contratti di lavoro»), provocando «un notevole contenzioso» all’Asp. La seconda riguarda una “bacchettata” della Corte dei conti sulle «modalità di corresponsione delle indennità di risultato al personale della dirigenza». La vicenda parte da una denuncia dei sindacati, finita anche sul tavolo dell’assessorato regionale alla Salute, su una «contrattazione mai avvenuta», con un pesante carteggio fra Asp, collegio sindacale e magistratura contabile. Ficarra aveva inviato a Iacolino, nell’ottobre 2020, una nota di contestazione. Ma, come scrive il manager, il direttore sanitario avrebbe continuato «indebitamente e reiteratamente» la sua ingerenza. Fra gli altri casi, citati «a titolo esemplificativo», atti su «recupero somme nei confronti degli specialisti accreditati cardiologi», «remunerazione al 90% del budget delle strutture erogatrici di prestazione», l’aspettativa concessa «sine titulo» a un dipendente, ma anche scelte sulla gestione dell’emergenza Covid, dalla formazione dei vaccinatori alla campagna nel Siracusa Urban Center. Iacolino, che aveva puntualmente risposto a tutte le contestazioni, ha presentato ricorso contro il recesso del contratto. Fin qui l’intricata giungla di carte. Ma il benservito a Iacolino diventa un caso politico. Di cui a maggio scorso si occupa anche la commissione Salute dell’Ars, in un’animata seduta chiesta da Daniela Ternullo di Forza Italia e da altri sei deputati di centrodestra. Con un fronte trasversale (per tante ragioni) che chiede conto e ragione, fra interrogazioni (del Pd) e richieste di accesso agli atti (del M5S). Ma l’atto di Ficarra – che, a quanto risulta a La Sicilia, è stato difeso dall’assessore Ruggero Razza – risulta fin qui inattaccabile, al netto di eventuali pronunce dei tribunali. Ma ora c’è il “disoccupato” eccellente da sistemare. E gli ex colleghi politici si sono messi in moto, con l’assessore forzista Marco Falcone fra i più attivi. Il piano, in sintesi, sarebbe questo: Iacolino andrebbe all’Asp di Catania da direttore amministrativo, prendendo il posto di Salvatore Di Bella («destinato ad altri incarichi importanti», s’è lasciato scappare Razza in un vertice con i manager), che a sua volta finirebbe a Siracusa nel posto vacante. Fantasanità? Forse: per verificarsi tutto ciò c’è bisogno di una lettera di dimissioni e di due contratti di nomina. Ma tutto è possibile. A maggior ragione nei mesi che precedono il “tagliando” del governo regionasui manager della sanità, le cui nomine sono in scadenza ad aprile. Il prestigio di Iacolino, così come la diffusa stima nei suoi confronti, non è intaccato nemmeno da alcuni precedenti inciampi giudiziari. Prima la condanna della Corte dei conti, in appello nel 2017, a 7.900 euro di risarcimento per aver anticipato, da manager dell’Asp di Palermo e candidato alle Europee, l’inaugurazione di una Rsa a Piana degli Albanesi senza collaudo. Poi la bufera sul test d’ingresso al corso per diventare medici di famiglia, in cui, come svelò Repubblica dopo la denuncia di otto candidati, un commissario fu accusato di aver suggerito alcune risposte alla figlia di Iacolino, Giorgia. «Ho studiato un anno e mezzo, nessuno mi ha aiutato. Vogliono solo danneggiare me e la mia famiglia», la difesa della dottoressa. Carte in Procura, ma inchiesta archiviata e la giovane aspirante, consigliera ad Agrigento, comunque non ammessa fra i 120 vincitori. E infine le intercettazioni dell’inchiesta su mafia e massoneria a Licata, in cui si tracciano «confidenziali rapporti» fra Iacolino, all’epoca direttore amministrativo, e un dipendente dell’Asp di Agrigento, il geometra Giuseppe Scozzari, ritenuto dai pm «al giogo dal mafioso Angelo Occhipinti». Ma Iacolino ha superato tutto a testa alta. E ora, da “licenziato” della sanità siciliana, prova a rientrare dalla finestra dopo essere stato accompagnato alla porta. Twitter: @MarioBarresi   

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