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Quaranta anni fa l’omicidio di Giuseppe Fava, Mattarella: «La sua passione al servizio della gente e della Sicilia»

Il ricordo del grande giornalista catanese ucciso dalla mafia

Di Redazione |

«Sono trascorsi quarant’anni dal vile assassinio per mano mafiosa di Giuseppe Fava, giornalista che ha messo la sua passione civile al servizio della gente e della Sicilia, impegnato nella battaglia per liberarla dal giogo della criminalità e dalla rete di collusioni che consente di perpetuarlo». Lo ha sottolineato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.«La mafia – ha proseguito il capo dello Stato – lo uccise per le sue denunce, per la capacità di scuotere le coscienze, come fece con tanti che, con coraggio, si ribellarono al dominio della violenza e della sopraffazione e dei quali è doveroso fare memoria. Fava ha fatto del giornalismo uno strumento di irrinunciabile libertà. L’indipendenza dell’informazione e la salvaguardia del suo pluralismo – ha quindi concluso – sono condizione e strumento della libertà di tutti, pietra angolare di una società sana e di una democrazia viva. Un impegno e un sacrificio a cui la Repubblica rende omaggio», conclude Mattarella.

L’Assostampa Catania

«L’anniversario dell’omicidio di Pippo Fava coincide quest’anno con il tentativo traversale di affossare l’informazione giudiziaria con l’approvazione della “legge bavaglio». Ecco perché il presidio e le manifestazioni in ricordo del cronista assassinato 40 anni fa dalla mafia a Catania assumono una valenza ancora più forte». Lo afferma la segreteria provinciale di Assostampa Catania nel giorno dell’anniversario del giornalista catanese di 59 anni, ucciso la sera del 5 gennaio 1984.«Silenziando l’informazione – dice il segretario Filippo Romeo – si mortificano anche i principi del fondatore de «I Siciliani» e di tutti quelli che hanno dato la propria vita per garantire ai cittadini il diritto all’informazione libera. La strada tracciata da Fava deve invece restare un modello da seguire, senza un ulteriore limite alla libertà di stampa che rappresenterebbe anche una minaccia alle garanzie democratiche di tutti».

L’Associazione nazionale magistrati

«Il 5 gennaio di 40 anni fa la mafia uccideva Pippo Fava. Un esempio di giornalista che interpreta il suo mestiere come una missione senza compromessi. Un cronista libero, appassionato e coraggioso. Ricordarlo oggi significa coltivare la memoria di una limpida cultura della legalità e rendere omaggio al suo esempio». Così in una nota il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia.

Lo speciale Rai

Era il 5 gennaio 1984, quando un commando di Cosa Nostra, a Catania, esplose numerosi colpi contro il giornalista Giuseppe «Pippo» Fava, direttore della rivista «I Siciliani». Da quel momento partirà un clamoroso depistaggio delle indagini – denuncia Adriana Laudani, avvocata di parte civile della famiglia Fava, al microfono di Maria Grazia Mazzola nello Speciale Tv 7, il settimanale del Tg1 in onda venerdì 5 gennaio alle 23.40 su Rai 1 – con l’intervento di un poliziotto colluso con la mafia, che sposta il corpo del giornalista prima ancora che arrivi l’autorità giudiziaria. Per un anno sarà indagato, con l’accusa fantasiosa di ‘delitto passionalè, il più fedele collaboratore della redazione de «I Siciliani» di Giuseppe Fava, Michele Gambino – oggi giornalista e scrittore – per nascondere killer e mandanti. Per il delitto Fava, vent’anni dopo, furono condannati il boss Nitto Santapaola e i suoi gregari, ma i veri mandanti sono rimasti impuniti. Oggi rimangono i ‘semì lasciati da Pippo Fava, il giornalismo d’inchiesta, la scuola di scrittura che ha tramandato ai giornalisti che erano parte della sua redazione. Ma qual è la lezione giornalistica, e di attualità, che ancora oggi sopravvive nel ricordo di Pippo Fava? «L’analisi del potere – risponde Claudio Fava – giornalista, scrittore e figlio del direttore de «I Siciliani» – con le sue collusioni e intrecci economici e istituzionali e l’impunità».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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