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il caso

Volevano “aiutare” l’elezione di Trump, a processo anche un avvocato catanese

Accusato con altre tre persone di avere "fabbricato" la fake news secondo cui la Leonardo aveva col satellite cancellato voti per favorire Biden

Di Redazione |

C’è anche l’avvocato catanese Alfio D’Urso, 71 anni, tra le quattro persone, due sono donne americane, che avrebbero tentato di manipolare dall’Italia – peraltro senza successo – i risultati delle ultime elezioni presidenziali americane tirando in ballo illecitamente la Leonardo Spa. Un piano doloso complesso che non ha ottenuto risultati ma solo uno sbocco giudiziario a Roma per gli autori.

La storia

I quattro sono finiti a processo a Roma con l’accusa di concorso in diffamazione. Un procedimento avviato dopo una denuncia presentata nel gennaio del 2021 dalla Leonardo Spa, persona offesa nell’indagine, ai magistrati di Napoli, in cui si chiedeva anche di verificare un eventuale episodio di aggiotaggio. Quando il fascicolo è arrivato a Roma, i pm nell’attività di indagine hanno quindi chiesto anche un parere alla Commissione Nazionale per le Società e la Borsa dal quale però non sono emerse conferme su questo profilo penale. Ai quattro è stato quindi contestato quanto cristallizzato nell’articolo 595 del codice penale sulla diffamazione. Per gli imputati è scattato il processo a Roma dove il fascicolo è arrivato nei mesi scorsi per competenza territoriale. La prossima udienza è prevista per il prossimo 2 aprile davanti al giudice monocratico della Capitale.

Chi sono?

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, le due cittadine americane, che svolgevano attività di lobbying e vicine al partito Repubblicano, avrebbero chiesto ad un avvocato italiano di «produrre» documenti falsi, delle vere e proprie fake news, per tentate di influenzare la corsa alla presidenza degli Stati Uniti. In base a quanto emerge dal capo imputazione, a «commettere materialmente il fatto» è stato l’avvocato amministrativista catanese Alfio D’Urso, di 71 anni. Il professionista ha operato «su richiesta di Maria Strollo Zack, leader dell’organizzazione denominata Nations In Action, e di Michelle Roosevelt, presidente di Usaerospace Ink» e «con l’intermediazione di Carlo Goria, fiduciario della Roosevelt in Italia».

Leonardo tirata in ballo

Il gruppo è accusato in concorso di avere «offeso la reputazione della Leonardo Spa» diffondendo «attraverso la rete internet un General Affidavit a firma D’Urso con il quale attestava falsamente, a sostegno di un vasto movimento di opinione sorto negli Usa e raccolto sotto l’hashtag #Italydidit, che un consulente «della compagnia – si legge nel capo di imputazione – avrebbe dichiarato all’autorità giudiziaria di Napoli di avere partecipato, utilizzando la dotazione tecnologica satellitare che gli era stata messa a disposizione dalla Leonardo nella città di Pescara, ad una campagna di hackeraggio volta ad alterare il risultato delle elezioni presidenziali americane del 2020». Un evento che, concludono i pm, «in realtà non si è mai verificato».

Chi è Alfio D’Urso?

A Catania lo definiscono «un professionista serio». Un avvocato molto quotato, che cominciò la sua carriera accademica a Catania, come assistente di Diritto privato del professore Mario Ricca, prima di trasferirsi a Catanzaro, dove prende la cattedra di associato in Diritto del lavoro. I suoi colleghi lo definiscono «molto preparato, con tesi talvolta spiazzanti, ma sempre frutto di studio e di una fantasia giuridica fuori dal comune».

Ma D’Urso ha anche una vita politica. Che, da giovane universitario democristiano con simpatie liberali, lo vede dapprima condizionato dalla militanza della moglie (Santuzza Gennaro) nel Psi di Benito Craxi, con un forte rapporto con l’ex ministro Salvo Andò. E poi la folgorazione per l’autonomismo di Raffaele Lombardo. D’Urso è fra i saggi che scrivono l’atto fondativo del Mpa e diventa subito uno dei garanti del movimento, oltre che un punto di riferimento (ideologico, ma anche operativo per affari legali e contatti con certi salotti) per il leader. Lombardo, ad esempio, oltre a infilarlo nel cda della Fondazione BdS, gli affidò anche il compito delicatissimo di gestire per suo conto la “guerra dei cieli” che si stava combattendo a Fontanarossa fra Ivan Lo Bello e Pietro Agen. L’avvocato-professore restò a lungo nel Cda di Sac, società in cui sarà fra i consulenti legali anche con Nico Torrisi amministratore delegato. In aeroporto lo ricordano per «la genialità mefistofelica, ma in senso buono, cioè per la capacità di vincere le cause guardando i fatti da un punto di vista mai scontato», oltre che per una «chiara militanza anticomunista». Fontanarossa, per D’Urso, è stato anche fonte di guai giudiziari: un processo per abuso d’ufficio per l’affidamento “in house” nel 2007 del servizio di pulizia dello scalo aereo di Catania alla Pubbliservizi della Provincia. Il professore ne è uscito prosciolto, per sopraggiunti termini di prescrizione, assieme allo stesso Lombardo e ai vertici di Sac e di Publiservizi dell’epoca. Sempre da lombardiano di ferro, con un rapporto tanto forte da finire nella richiesta di misura di prevenzione patrimoniale, nel 2010, in un’informativa della guardia di finanza che, all’inizio dei suoi guai giudiziari, contestava a Lombardo la provenienza di alcuni beni, fra cui una barca e opere d’arte.L’altro legame, più suggestivo, è fra D’Urso e la Link University di Malta. La stessa del professor Joseph Mifsud (l’uomo del RussiaGate) e dell’altro consigliere di Trump, George Papadoupolos, ma soprattutto dell’ex ministro Enzo Scotti, padre putativo del grillismo anche di tendenza contiana. «Un rapporto solido», dicono a Catania, dove si parla pure di consulenze di D’Urso per Finmeccanica, antenata di Leonardo.

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