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la sfida controcorrente

Il “politicamente corretto” può definirsi l’ideologia del tempo attuale

Uso il termine “ideologia” secondo la definizione che ne dette, nel secolo scorso, Norberto Bobbio: «Una visione politica che diviene prassi operativa». In effetti, come tutti sappiamo, buona parte del ’900 europeo è stata segnata dalla politica in senso ideologico: quattro dittature, due totalitarismi

Di Bruno Montanari |

Il “politicamente corretto” può definirsi l’ideologia del tempo attuale. Uso il termine “ideologia” secondo la definizione che ne dette, nel secolo scorso, Norberto Bobbio: «Una visione politica che diviene prassi operativa». In effetti, come tutti sappiamo, buona parte del ’900 europeo è stata segnata dalla politica in senso ideologico: quattro dittature, due totalitarismi, la seconda guerra mondiale (la prima è argomento diverso), due guerre civili e, infine, gli anni di piombo. Proprio le tragedie del ’900 hanno condotto, progressivamente dagli anni Ottanta in poi, ad orientare istituzioni statuali e partiti verso modelli economicistici (i soggetti della nascente comunità economica europea), che si riteneva smorzassero quella tensionalità politico-ideologica, che sembrava essere connaturata a visioni del mondo (Weltanschauungen) fortemente ideali.

Si ritenne, cioè, che lo “scientismo” economico potesse superare e sostituire la dialettica delle visioni del mondo, che la cultura umanistica, storica e filosofica, sembrava, suo malgrado, aver alimentato così tragicamente. Gli anni ’90 e, poi, il binomio tecnologia-finanza, affermatosi nel nostro secolo, hanno completato il disegno con il mito, che ora peraltro sembra essere divenuto incerto, della globalizzazione. In questo stato di cose, nel quale la stessa possibilità intellettuale di un pensiero effettivamente politico, con le sue inevitabili e fruttuose differenze, capace però di costruire un vero soggetto politico europeo, è venuta meno, resta la contingenza elettoralistica di proposte estemporanee e spesso contraddittorie.

Proposte, accompagnate da una polemicità pulsionale, che devono (dico “devono”) essere compatibili, però, con un sistema di governo che deve rimanere “stabile” per definizione, allo scopo di convivere con un mondo in grandioso e pericoloso mutamento. Insomma, ne vien fuori una sorta di “gioco delle parti”, all’interno di una fascia di oscillazione, segnata dai paletti determinati dalla stabilità, la quale sola renderebbe fondamentalmente osservabile, e quindi controllabile, l’ambiente umano denominato ancora “società”.Questo lo scenario, nel quale sopravvive ancora una forma di ideologia: quella del “politicamente corretto”. Perché il politicamente corretto può definirsi una “ideologia”? Perché ha le caratteristiche segnalate da Bobbio: è una sorta di visione della società che si traduce in prassi operativa. La prassi operativa, cioè l’operazione ideologica, è affidata all’opera indefessa e pervasiva praticata dai media ufficiali, che garantiscono, appunto, l’ufficialità sistemica dell’informazione e con essa una generica ed uniforme mentalità collettiva.

Più articolato è il significato di “politicamente corretto”.

Innanzitutto, lo scopo: è quello di mantenere il sistema in una situazione di equilibrio, tale da renderlo osservabile e quindi controllabile. Osservabilità e controllabilità, garantite da una fascia di oscillazione che consenta un “gioco delle parti” ed una legittimazione sistemica dei protagonisti. Il “gioco delle parti”, giocato dai protagonisti legittimati dal sistema, consente di articolare una serie di posizioni, in particolare anche di cosiddetta “opposizione”, ma sempre coerenti con la stabilità del sistema.

Ora veniamo al concetto. Se lo scopo è sostenere e garantire la stabilità del sistema, allora il “politicamente corretto” può apparire un eufemismo per designare tutte quelle forme di controllo, delle idee, del pensiero e della espressione verbale o iconica, che segnano il normale funzionamento dei sistemi di governo autocratici. Mi si dirà: ma in quei sistemi non esiste neppure la possibilità di un gioco delle parti, occorre l’adesione totale al potere di governo. Chi la pensa diversamente diventa un “dissidente”, nei confronti del quale si interviene con la violenza, esercitata sotto varie forme. Nella ideologia del “politicamente corretto” non esiste, invece, l’espressione “dissidente” né la repressione violenta. Qui occorre soffermarsi, perché la questione è più sottile, in quanto è determinata dal fatto di dover rendere compatibile la stabilità dell’effettivo potere di governo con la teoria e la pratica delle istituzioni liberal-democratiche. Ecco allora la fascia di oscillazione del gioco delle parti, che distingue e separa i soggetti legittimati dalla appartenenza al sistema dai nuovi “dissidenti”, che vengono però definiti “negazionisti”, la cui repressione violenta è sostituita dal dileggio mediatico. Il termine “negazionista” fa capire perfettamente che al di fuori del gioco previsto, non bisogna interrogarsi sul senso di un pensiero realmente alternativo; fuori del gioco, la critica non è ammessa né è pensabile. Qui il pensiero critico viene del tutto reso irrilevante, e anche socialmente pericoloso, grazie a quel sostantivo “negazionista”, che bolla, questo è il tratto significativo, la persona prima ancora che gli argomenti. Insomma, come un tempo esistevano gli “eretici” oggi si segnalano i “negazionisti”.

Quindi il “politicamente corretto” distingue il pensabile e il dicibile da ciò sul quale non bisogna soffermarsi a riflettere, per affermarne, invece, con vigore, l’essere pura “negazione” della versione ufficiale, comprese quelle “giocabili”. Ma proprio la personificazione dell’aggettivo “negazionista” costituisce un autogoal del politicamente corretto, poiché mette in chiaro che è la persona stessa, con il suo pensiero, a non muoversi entro la fascia di oscillazione accreditata dal sistema: è “fuori” in quanto “persona” e la si può dileggiare mediaticamente. Con una aggravante: il web! E non dico di più.A questo punto vi è da chiedersi quale sarebbe stata la storia del pensiero umano, e del sapere in generale, se non vi fossero stati “negazionisti” come Copernico, che rovesciò il mondo conosciuto secondo Tolomeo, e Galileo che, non a caso, fu costretto all’abiura.

E che dire, secoli prima, di Socrate, che preferì bere la cicuta piuttosto che sottostare al demagogismo governativo: il rispetto per il Nomos fondativo della polis valeva il prezzo più alto. Certo, nella storia non mancò un campione di ciò che oggi si definirebbe “politicamente corretto”, quale fu Leibniz, un vero genio del pensiero, che fece “oscillare” un dogma scottante quale quello della Verità (scottante davvero: ne aveva saputo qualcosa qualche decennio prima Giordano Bruno) con il termine “verosimile”. E prima di lui, un altro genio del pensiero, Cartesio, che per evitare il rogo, fece “oscillare” la Verità tra la “ghiandola pineale” ed il “dubbio”. E che dire, infine, per tornare ai “negazionisti”, di Heisenberg, che nei primi anni del ’900 mise nel nulla, oggi si direbbe “negò”, l’intera struttura epistemologica della fisica classica?Esempi illustri, che ho ricordato per mostrare come ciò che oggi si definisce “negazionismo”, insieme al “politicamente corretto”, abbia fatto la storia della umanità, in virtù di una forza della Ragione, che nulla aveva a che fare con la prassi mediatica e la mentalità comune dell’ideologismo di oggi.

I nuovi eretici sono coloro che “osano” andare oltre il gioco delle parti e avanzare un pensiero critico giudicato socialmente pericoloso

*Professore ordinario di Filosofia del Diritto Università di Milano e di CataniaCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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