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La morte di giorgio napolitano

Perché non serve un “notaio” al Colle

Di Agatino Cariola |

La scomparsa di un uomo politico, specie di un Presidente della Repubblica, induce di necessità a riandare con la mente agli anni vissuti, dove si mescolano cronaca minuta e storia delle istituzioni, passioni e sentimenti dettati dalle esperienze personali come dalle varie appartenenze. Nel caso di Giorgio Napolitano ciò è particolarmente evidente perché l’arrivo del primo “comunista” al Quirinale ha significato la fine del percorso che ha portato una parte consistente della società italiana da posizioni che ancora guardavano all’esperienza sovietica alla sua piena collocazione nel mondo occidentale, cioè a dire in quella cultura che fa del riconoscimento delle libertà individuali la sua carta d’identità. Al Quirinale quel giorno del 15 maggio 2006 (data del giuramento) si è insediato un intero pezzo della società italiana, un partito espressione di una significativa cultura nel Paese, che aveva dato tante vittime alla lotta antifascista e che aveva contribuito in maniera intensa all’elaborazione del patto costituzionale nel 1947, ma che però doveva farsi “perdonare” l’appoggio dato nel 1956 alla repressione russa nei confronti dell’Ungheria e l’iniziale voto contrario all’integrazione europea.Giorgio Napolitano questo percorso l’ha compiuto fino in fondo e con lui può dirsi che ha vinto la Costituzione del 1947: essa – e qui sta la grande lezione di Aldo Moro – è stata la palestra che ha educato alla democrazia la società italiana nelle sue varie espressioni. La Costituzione quale strumento di integrazione culturale ancor prima che politica. Ed a sua volta base per successivi e più intensi sviluppi. Da qui l’approdo all’Europa, anche se questa Europa è tante volte la più individualista, addirittura lontana da istanze solidariste. Ad altre forze culturali è mancato il coraggio di fare appieno i conti con il passato delle proprie appartenenze. I messaggi d’odio che in questi giorni stanno sui social dimostrano che questo percorso per tanti non è realizzato.Il Napolitano Capo dello Stato pone tuttora il problema sul funzionamento delle nostre istituzioni. Il Presidente dovrebbe essere un organo di garanzia – una specie di arbitro – ma la debolezza del potere politico ha investito l’organo di non indifferenti funzioni di decisione. Il Capo dello Stato indirizza, suggerisce, promuove, tiene assieme i pezzi delle istituzioni, a volte ripara i problemi creati dai politici, rappresenta il collegamento tra la società civile italiana e il mondo della politica come tra questo Paese e il resto del mondo, ad iniziare dai Paesi europei. È successo persino che il Presidente della Repubblica abbia dovuto garantire in Europa circa la correttezza dei politici italiani e la stabilità del sistema istituzionale. Il suo ruolo è cresciuto a dismisura e talvolta questo esito è stato voluto dagli stessi partiti. Questo è un paradosso vero e proprio: un soggetto che sino al giorno prima è segnato dalla sua appartenenza partitica, di colpo diviene un punto di riferimento per culture diverse dalla sua. È successo con Pertini, con Ciampi, con Napolitano ed ora con Mattarella.Da Presidente Napolitano non si è mica limitato a fare il “notaio”: molti suoi atti sono stati di gestione politica vera e propria, e il sistema politico glieli ha lasciati fare, tanto è vero che non ha trovato soluzione migliore che di rieleggerlo (come poi ha fatto con Mattarella). E qui si viene a ciò che potrebbe definirsi il problema del Capo dello Stato in Italia: organo di garanzia o organo di decisione?I Presidenti hanno svolto una funzione didattica di educare tutti gli italiani ai valori ed alle procedure della Costituzione, sino ad assumere il ruolo di chi decide e poi spiega e le sue azioni. Può dibattersi a lungo sulla nomina di Monti nel 2011 e sul conflitto con la magistratura palermitana a proposito delle intercettazioni nel 2012-2013, ma esse paiono inserirsi in tale contesto. Il Presidente della Repubblica più che custode è un tutore della Costituzione, della continuità del Paese e delle sue istituzioni, di uno che si fa carico personalmente dell’immagine dell’Italia e se ne assume tutto il peso.Le più recenti proposte vanno verso l’elezione diretta del Capo del Governo e, quindi, verso la vanificazione del medesimo ruolo di garanzia del Presidente. Ma si è proprio sicuri che l’Italia possa fare a meno del suo tutore?

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