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I protagonisti del terribile delitto di Palermo

Di Redazione |

Tre persone per uccidere una vittima addormentata sembrano troppe, secondo la «scienza del delitto», ma questo ha l’aria di essere un caso a sé. Persino gli investigatori hanno difficoltà a mandare giù il racconto di tre assassini reo confessi: una madre e due figli che dicono di aver massacrato con venti coltellate il capofamiglia, il quarantacinquenne Pietro Ferrera. Ma a prescindere dalla confessione dei tre, i poliziotti di Palermo, arrivati sul posto, non hanno avuto dubbi: la scena del crimine «parlava», hanno detto. E’ stato subito chiaro che si trattava di un omicidio a più mani, anche se Salvatrice Spataro, 45 anni, quando ha chiamato i soccorsi – poco dopo la mezzanotte – s’era attribuita il delitto: «Venite subito – ha detto al centralino del 118 – ho colpito a coltellate mio marito mentre dormiva, accanto a me c’è mio figlio, è tutto insanguinato». Per l’intera mattinata sembrava che fosse lei l’unica autrice dell’omicidio, avvenuto nella casa di famiglia, in un residence alla periferia sud-est di Palermo, al civico 138 di via Falsomiele, luogo che già nel nome s’annuncia ingannevole. E invece si trattava solo di un fraintendimento: la donna – ha spiegato il capo della Mobile di Palermo, Rodolfo Ruperti, non ha mai cercato di scagionare i figli Vittorio e Mario, 21 e 20 anni, che all’arrivo della polizia avevano ancora i coltelli in tasca, sporchi di sangue. Perché Pietro Ferrera è stato ucciso? In famiglia litigavano sempre, dicono i vicini. Era un violento, spiegano la moglie e i due figli maggiorenni: in casa ci sono altri due ragazzi, più piccoli, che nella notte tra venerdì e sabato erano però ospiti di parenti. In serata – dopo una giornata d’interrogatori – i tre raccontano al pm Gianluca De Leo e agli investigatori che Ferrara, ieri notte, avrebbe voluto avere un rapporto sessuale con la moglie che, esasperata dalle richieste, quando l’uomo si è girato di spalle, a letto, l’ha colpito con un coltello da cucina. Dopo il primo colpo, Ferrara ha cercato di aggredire la donna e a questo punto sarebbero intervenuti i figli, che gli hanno inferto altri colpi fino a ucciderlo. Ex militare, in pensione nonostante la giovane età, Pietro Ferrera gestiva un bar nel popolare quartiere di Ballarò, in piazza del Carmine, insieme ai due figli più grandi. Di lui non c’è traccia nel casellario giudiziario: nessuno l’ha mai denunciato, nessuno è mai andato al pronto soccorso dicendo d’essere stato picchiato da Ferrera; né i familiari né altri. La polizia insiste molto su questo aspetto e parla di «follia omicida», ricordando che solo ieri uno dei due figli maggiorenni della vittima aveva incontrato un poliziotto, annunciandogli che la madre aveva intenzione di sporgere formale denuncia contro il marito. Preso l’appuntamento, la donna si sarebbe dovuta recare in questura oggi, dove, però, è arrivata in manette. Non è facile capire cosa sia passato per la testa della casalinga e dei due figli. Vittorio, il più grande, ha il diploma da ragioniere; l’altro ha conseguito la maturità scientifica lo scorso anno. La modalità del delitto – da quello che era emerso in giornata – lasciava pensare a un’azione premeditata, e a favore di questa ipotesi gioca anche il fatto che i due ragazzi più piccoli erano stati mandati a dormire da parenti. Poi sono arrivate le rivelazioni fatte dai tre in seguito e fino a questo momento l’ipotesi di reato contestato è omicidio volontario, senza la premeditazione. I tre si sono consegnati alla giustizia senza nemmeno provare a concordare una versione che scagionasse qualcuno di loro, se si esclude il goffo tentativo iniziale della donna.

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