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Belpasso, nella “grotta della posta” in passato dinamite e poi amianto

Di Giuseppe Sperlinga |

CATANIA – In un pomeriggio d’inizio estate del 1976, alcuni giovani speleologi del Gruppo Grotte Catania del Cai sezione dell’Etna, tra cui chi scrive, erano impegnati in una attività di prospezione alla ricerca di grotte nelle lave del 1669 in territorio di Belpasso, dove si stava realizzando il villaggio delle Ginestre. Gli sbancamenti lavici operati dalle ruspe erano stati imponenti e se esse avessero intercettato una grotta sarebbe stata individuata. Mentre si percorreva la via del Pettirosso, infatti, l’attenzione di tutti fu attratta da una larga fessura ai bordi della strada: la ruspa aveva “pizzicato” la parte superiore di una galleria di scorrimento lavico.

Montata la scaletta speleologica e srotolatala all’interno della cavità, seguì un’attenta esplorazione, consapevoli che eravamo i primi a percorrere quella caverna dopo la sua formazione avvenuta tre secoli prima. A un certo punto, facemmo una scoperta a dir poco sbalorditiva: sul pavimento della grotta giacevano alcune buste di plastica ripiene di tritolo e diversi candelotti di dinamite inesplosi! Che ci faceva quel materiale esplosivo dentro la grotta? Chi glielo aveva depositato? Erano entrati altri prima di noi? Si trattava di esplosivi sopravanzati dopo lo sbancamento lavico oppure proveniva da qualche cava dismessa? Tutte domande che né al momento né dopo trovarono alcuna risposta.

Superati i primi attimi di smarrimento, si decise di segnalare l’inconsueto e pericoloso contenuto della caverna appena esplorata ai carabinieri della più vicina Stazione, che era quella di Camporotondo. I militari ci autorizzarono a tornare nella grotta per prelevare (sic!) tutto il materiale e poi consegnarlo a loro. Fu così che la caverna appena scoperta fu denominata “Grotta della dinamite” e come tale è registrata nel catasto speleologico siciliano.

Trentuno anni dopo, nel giugno del 2007, insieme con l’amico prof. Salvatore Arcidiacono e al giovane speleologo Agatino Reitano, torno sul luogo. La “Grotta della dinamite” balza di nuovo alla ribalta: l’interno e l’esterno della cavità erano state trasformate in una microdiscarica abusiva e tra i rifiuti spiccavano pericolose onduline di amianto, spazzatura ordinaria, una quantità di volantini pubblicitari, elenchi telefonici ancora impacchettati e corrispondenza mai consegnata ai destinatari.

Tale devastazione ambientale fu subito segnalata telefonicamente al Comune di Belpasso e, un paio di giorni dopo, un geometra dell’Ufficio tecnico effettuò con noi un sopralluogo. Il nostro giornale pubblicò un articolo a firma di Carmelo Di Mauro, con le interviste rilasciate da chi scrive e dai sindaci di Camporotondo e Belpasso. Entrambi promisero che avrebbero posto fine a tale scempio ambientale, ma alle loro parole non seguirono mai i fatti. La grotta, infatti, continuò a essere utilizzata ancora come discarica pubblica abusiva, all’interno della quale nel corso degli anni hanno scaricato di tutto, dagli elettrodomestici ai mobili vecchi, dalle onduline di pericoloso amianto al materiale pubblicitario, tutta roba smaltita nella grotta, che col tempo era stata trasformata in una sorta di “isola ecologia” abusiva e illegale proprio da coloro che, invece, avrebbero dovuto rispettarla: gli abitanti del villaggio delle Ginestre.

Quel materiale non fu mai rimosso, rimase lì fino al 2013, anno in cui il Gruppo Grotte del Cai di Catania, nell’ambito della manifestazione nazionale “Puliamo il buio”, avviò una radicale bonifica della cavità.

Passano altri cinque anni e la situazione precipita ancora una volta. Sono sempre gli speleologi catanesi del Cai a fare scoperte che non vorrebbero mai fare dentro una grotta, vale a dire rinvenire spazzatura. Ma stavolta la notizia ha suscitato scalpore e indignazione, perché nella grotta vi hanno scaricato una quantità di corrispondenza mai recapitata ai legittimi destinatari.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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