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Morte Raciti, Speziale fuori dal carcere: «La mia condanna un’ingiustizia»

Di Redazione |

MESSINA – «Intanto voglio vedere la mia famiglia. Poi vi racconterò tutto quello che ho passato. La mia condanna è stata un’ingiustizia e chi ha sbagliato pagherà con la giustizia». Così Antonino Speziale dopo avere lasciato il carcere di Messina e avere salutato un gruppo di tifosi della locale squadra di calcio, venuti ad accoglierlo all’uscita dal penitenziario di contrada Gazzi, oltre agli storici rivali dei tifosi del Messina. I tifosi messinesi lo hanno fatto con un abbraccio e uno striscione esposto davanti l’istituto penitenziario con la scritta: “Speziale, abuso senza precedente, da oggi libero da sempre innocente”.

Il mondo degli ultras del calcio si è sempre “stretto” attorno a Speziale superando anche rivalità antiche. E non soltanto in Italia. Lo striscione “Speziale libero” è stato esposto durante il secondo tempo di una gara tra Bayern Monaco e Stoccarda, ma anche sugli spalti occupati dai tifosi del Borussia Dortmund, nella partita contro l’Hertha Berlino. L’iniziativa di esporre striscioni inneggianti a Speziale è stata presa in passato anche dalla curva del Porto e di una parte della tifoseria di Cluj e Brasov, due squadre che militano nel campionato romeno.

Uscito dal carcere, il primo abbraccio Speziale lo ha riservato al padre, arrivato in auto da Catania, per portarlo a casa, dove invece lo aspettavano il resto della famiglia e gli amici storici del suo rione. Con loro nel primo pomeriggio un giro per negozi per shopping: «Ha bisogno di comprare abiti nuovi», spiega suo padre. «Ancora – aggiunge Roberto Speziale – non si è reso conto di essere tornato a casa, ne ha passate tante e forse non ci crede. Festa o pranzo speciale? No siamo una famiglia semplice e lui non ha neppure mangiato, troppo stress». Lui continua a proclamarsi «vittima di una sentenza sbagliata» ribadendo di «essere innocente», ma di continuare ad avere «fiducia nella giustizia».

Sulla morte dell’ispettore Raciti ribadisce la sua posizione: «Mi è dispiaciuto, ma non sono stato io». Con il suo legale, l’avvocato Giuseppe Lipera, spera nella revisione del processo. Domani si vedranno per parlarne insieme: «Oggi è il giorno del rientro, ci siamo sentiti e ci aggiorneremo per presentare la nuova sfida, quella finale», anticipa il penalista.

Antonino Speziale e il padre Roberto

Condannato a otto anni e otto mesi di reclusione per omicidio preterintenzionale dell’ispettore capo di polizia Filippo Raciti, rimasto ferito mortalmente durante scontri allo stadio Angelo Massimino il 2 febbraio del 2007, mentre si giocava il derby con il Palermo, Speziale, ex ultrà del Catania, ha finito di scontare la sua pena. 

Il suo difensore, l’avvocato Giuseppe Lipera, che lo ritiene innocente, aveva presentato delle richieste per anticipare la scarcerazione del suo assistito con la concessione degli arresti domiciliari per motivi di salute, ma le domande sono state rigettate. Lipera ora invece è impegnato nella richiesta di revisione del processo riprendendo la tesi del “fuoco amico”, che imputa la morte dell’ispettore all’impatto con una Land Rover della polizia durante gli scontri con gli ultras del Catania. Ipotesi che è stata vagliata da diversi Gip, Tribunali del Riesame e nei tre gradi di giudizio del processo a Speziale, giudicato da minorenne perché tale era all’epoca dei fatti.

Era tornato invece in semilibertà poco prima di Natale del 2018 Daniele Natale Micale, 32 anni, l’altro ultra del Catania condannato a 11 anni per la morte dell’ispettore Raciti, dopo avere scontato oltre metà della condanna in carcere a Catania, ed ha un residuo pena di meno di 2 anni. Secondo la ricostruzione dell’accusa, confermata dalle sentenze, il 2 febbraio del 2007 diversi tifosi del Catania tentarono di sfondare il cordone di protezione delle forze dell’ordine che cercava di impedire il contatto con i supporter del Palermo. In quel contesto Speziale e Micale lanciarono contro la polizia un sottolavello in lamierino centrando Raciti e procurandogli una lesione mortale al fegato. L’ispettore di polizia morì infatti dopo il ricovero nell’ospedale Garibaldi di Catania. 

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