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Stato-mafia: per pm, Dell’Utri veicolò minacce di Cosa Nostra

Di Redazione |

PALERMO – «A fine ’93 Marcello Dell’Utri si è reso disponibile a veicolare alle istituzioni il messaggio intimidatorio per conto di cosa nostra: cioè stop alle bombe in cambio di norme che avrebbero attenuato il regime carcerario per i mafiosi. Ciò è avvenuto quando un nuovo governo si era appena formato, nel marzo del 1994, con la nomina di Silvio Berlusconi alla carica di presidente del Consiglio». Si concentra sul ruolo dell’imputato Marcello Dell’Utri, per l’accusa riferimento politico di Cosa nostra dopo le stragi, la requisitoria del pm, Francesco Del Bene al processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia in corso davanti alla corte d’assise di Palermo. Citando poi le parole intercettate in carcere dell’ex boss Totò Riina, registrato mentre parlava con il codetenuto Alberto Lorusso, Del Bene ha aggiunto: «Riina considerava Marcello Dell’Utri una persona seria che ha mantenuto la parola data. Mentre non ha una buona considerazione di Silvio Berlusconi, che reputa non affidabile». «Oppure – ha aggiunto provocatoriamente – Riina è il capo di cosa nostra per tenerlo ai 41 bis e poi è rincoglionito quando parla di tutto il resto?». Il boss corleonese, che era tra gli imputati del processo trattativa, è morto a dicembre scorso. 

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