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Quella “cavallerizza” misteriosa che Camilleri avrebbe apprezzato

Di Mario Barresi |

Potentemente fragorosa, sui social (e non solo), è l’indignazione per la foto che ritrae una misteriosa bionda a cavalcioni sulla statua di Andrea Camilleri, ad Agrigento. Ad aprire il caso è Francesco Picarella, agrigentino presidente di Confcommercio Sicilia, postando l’immagine incriminata in cui «le evoluzioni di una ragazza sono assolutamente indegne ed irrispettose delle regole civili», chiedendo al sindaco di intervenire «installando la videosorveglianza e denunciando immediatamente la responsabile di questo atto indecente» per la quale si augura una «giusta multa». Lillo Firetto raccoglie l’input, definendo la foto un’«irriverente bravata», e tuona: «La giovane ritratta deve chiedere scusa ad Agrigento, alla famiglia Camilleri e allo scultore». Seguono strascichi politici. Con il capogruppo renziano al Senato, Davide Faraone, che, citando lo scrittore in Il ladro di merendine, parla di «un autentico cretino». Sull’annosa questione interviene persino l’ex sottosegretario ai Beni culturali, il senatore forzista Francesco Giro: «Quella statua non mi sembra granché. Il grande artista meritava di più» e «francamente mi arrabbio molto di più quando i turisti si fanno i selfie salendo in piedi sulla fontana della Barcaccia a piazza di Spagna».

Ma il bronzo che eterna il papà letterario di Montalbano non ha subito alcun danno: nessuna notizia di reato, al netto delle verifiche delle forze dell’ordine dopo il tam-tam sulla vicenda.

E se il retorico tromboneggiare fosse esagerato? Il gesto – diciamolo, nel rispetto di chi s’è sentito offeso – è di sfrontata inciviltà e si presta a un pericoloso effetto-pappagallo, con decine di emulatori pronti a esibirsi. Ma la foto della “monella” che cavalca Camilleri, di per sé, è esteticamente stupenda. Politically uncorrect, fresca, ironica, non convenzionale. Tanto da far sospettare che sia la “civetta” di una campagna studiata da chi finalmente vuole invertire insulsi luoghi comuni e stantie cartoline da negozietto di souvenir. Con l’immagine di una Sicilia cosmopolita ma tradizionale, letteraria ma irriverente. Ma non è così. Purtroppo. In una terra che si crogiola con banali video di promozione turistica o con campagne di D&G che prendono 600mila euro di soldi pubblici per una pubblicità (al loro brand, soprattutto) all’insegna di carretti siciliani, coppole, pale di fichidindia e modelli sicul-tenebrosi.

E poi Camilleri, scanzonato amante della bellezza, magari avrebbe apprezzato. E con una fragorosa risata, rotta dal catarro dell’ennesima sigaretta, avrebbe chiesto impertinente: «Signorina, ma non ne sente cavuru cu ‘sti stivali sulle cosce?».

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