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L’Ars, Musumeci e la maggioranza che non c’è: per la Finanziaria strada in salita

Di Giuseppe Bianca |

Martedì mattina, alla presenza di Nello Musumeci, dovrebbe svolgersi un incontro tra i capigruppo di maggioranza, il presidente della commissione Bilancio e di quella Affari istituzionali.

La scarsa attività parlamentare fin qui portata avanti dalla coalizione di centrodestra ha coinciso con le bocciature dei disegni di legge sul terzo mandato e sull’abolizione del voto di parità di genere. Episodi avvenuti in commissione Affari istituzionali dove la maggioranza è comunque risicata.

In teoria non ci sono oggi maggiori fibrillazioni di quante ce ne potevano essere al momento dell’elezione del presidente dell’Ars, fanno notare da alcuni ambienti di Forza Italia, ma fino a quando non ci sono occasioni di voto, tra commissione e aula, il malessere può serpeggiare sottotraccia fino a poter poi esplodere.

Una evenienza questa che il governatore siciliano vuole assolutamente scongiurare, specie in prossimità dell’arrivo della Finanziaria.

Anche la vicenda dei contestatori di Miccichè, secondo alcuni, potrebbe nascondere una volontà di rimpasto all’interno del governo di cui Musumeci non avverte alcun bisogno e che viene tenuta debitamente a distanza.

Nel Defr si evidenzia poi come mancano all’appello oltre 411 milioni di euro. Molti dei passaggi che in tal senso dovranno portare a soluzioni poggiano sulla trattativa con lo Stato che sta portando avanti con pazienza certosina il vicepresidente della Regione Gaetano Armao.

Una vertenza quella con Roma caratterizzata da molti aspetti tecnici che mettono in discussione una serie di rivendicazioni da parte della Sicilia, ma che necessitano in ogni caso di una interlocuzione da sviluppare con un governo romano, di scopo, tecnico, politico o di ogni altra formula che potrebbe vedere la luce non prima della fine di aprile.

Altra ipotesi per fare cassa quella di recuperare le somme delle imposte di bollo dei conti correnti bancari, versate trimestralmente, che anziché presso le sedi legali dei rispettivi istituti di credito, potrebbero essere versati in Sicilia (un’operazione da 180 milioni di euro).

Ecco dunque che si farebbe strada, tra le altre ipotesi, quella di preparare una sorta di documento tecnico ridotto all’essenziale, da approvare entro aprile, con accanto un collegato con una serie di misure a parte, dove rientrerebbe un ruolo più attivo dell’aula, da definire tra giugno e luglio. Una misura in due tempi dunque, giustificata dalla contingenza generale.

Il governo però, dal canto suo, vuole tracciare una linea di discontinuità dall’impianto di bilancio del suo predecessore. Un modo chiaro da cui si possano evincere differenze più che analogie rispetto al passato, come nel caso della riforma strutturale che inglobi Ircac e Crias facendoli fondere con Irfis, ipotesi già delineata da Musumeci nel corso della conferenza stampa dei primi 100 giorni di governo, che farebbe nascere uno strumento finanziario non di poco conto.

E ancora le norme su Cas e Anas che potrebbero arrivare insieme a quelle sulla riforma degli Iacp, la soppressione dell’Esa, ma anche la ridefinizione di alcuni aspetti che riguardano l’Urega all’insegna della semplificazione con l’ipotesi di bandi che rendano più trasparenti le gare all’insegna del metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

La Regione ha intanto definito il bilancio consolidato, uno degli adempimenti che erano rimasti per strada nel periodo di transizione tra la fine della precedente legislatura, la scadenza era originariamente prevista a settembre, e l’entrata in campo dell’esecutivo a guida Musumeci.

L’esigenza era dettata già in termini di legge anche per conoscere la situazione patrimoniale e di bilancio di tutte le partecipazioni in capo alla Regione, che con quelle minori e di piccola e media dimensione, arrivano a 141.

La vicenda dei contestatori di Miccichè potrebbe nascondere una volontà di rimpasto di cui Musumeci non avverte alcun bisogno e che viene tenuta debitamente a distanza.

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