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La sfida di Musumeci: «Aboliamo il voto segreto per un’Ars più trasparente»

Di Mario Barresi |

Infine, il presidente della Regione s’è deciso. E ha messo nero su bianco una comunicazione ufficiale all’inquilino più importante di Palazzo dei Normanni. «Onorevole presidente…», è il formale incipit della lettera inviata ieri a Gianfranco Miccichè. Al quale Musumeci rivolge una richiesta ben precisa: «volere valutare la necessità di avviare il procedimento parlamentare – a mio avviso non più procrastinabile – finalizzato alla modifica del Regolamento interno dell’Assemblea Regionale Siciliana, nella parte in cui prevede ancora il ricorso al voto segreto, limitandolo a casi ove siano da decidere soggettivi diritti personali». L’auspicio finale è quello di «un iter parlamentare consapevole e celere», sul quale Musumeci rimane «in attesa di riscontro», confidando «nella Sua sensibilità verso un tema tanto attuale e largamente condiviso».

Al netto della traduzione dall’“istituzionalese” un po’ d’antan, il messaggio del governatore di centrodestra al presidente dell’Ars (e leader del principale partito della coalizione) è chiaro: sbrighiamoci ad abolire il voto segreto. Anche perché «nella attualità della fase politica», non sfugge che «la stragrande maggioranza dei Cittadini siciliani reclami assoluta trasparenza e coerenza di condotte politiche e parlamentari dai suoi rappresentanti, ai quali richiede prese di posizione nitide e riconoscibili e non certo proditorie “imboscate” d’Aula». Con un sottile monito che Musumeci consegna al suo alleato: «Non comprenderlo costituirebbe grave ritardo culturale e politico».

Musumeci infarcisce la richiesta di citazioni storiche. Dallo Statuto Albertino nel quale fu introdotto per la prima volta il famigerato voto segreto « per difendere i parlamentari dalla possibile (e probabile) ingerenza del re e del governo e utilizzato sempre per le votazioni finali sui provvedimenti di legge». Ne è passata di acqua sotto i ponti. Da Carlo Alberto a Cateno De Luca, lo stesso strumento «si è via via trasformato nella principale arma dei “franchi tiratori”, ovverosia dei parlamentari che tradiscono un impegno assunto apertamente e altrettanto apertamente dichiarato», commenta il presidente della Regione. Rammentando che «tale ultima deplorevole prassi» ha indotto di recente il Senato, «ramo del parlamento nazionale al quale l’Ars si richiama per più d’uno aspetto normativo e regolamentare», a fissare «il principio generale per cui le votazioni hanno luogo a scrutinio palese. Deroga è consentita soltanto per le votazioni riguardanti le persone, mai per quelle concernenti la legge di stabilità e le leggi di bilancio».

Un modello, dunque, c’è. Del resto, oggi «il voto segreto, in luogo del sistematico e più trasparente voto palese, merita di essere invocato – scrive Musumeci a Miccichè – come istituto di garanzia per la libertà di coscienza del singolo parlamentare nella osservanza del principio costituzionale, comunque protetto, del divieto del vincolo di mandato». E il governatore corrobora il suo ragionamento con due illustri detrattori: Benedetto Croce il «liberale» che «nella seconda metà degli anni Quaranta, si espresse contro di esso, attribuendone l’esistenza alla partitocrazia e al sistema proporzionale»; e «un politico e giurista dello spessore» do Aldo Moro, che «in sede di Assemblea costituente, Aldo Moro non volle, presentando un apposito emendamento soppressivo, che la prassi del voto segreto venisse costituzionalizzata, rimandando la scelta al regolamento dei due rami del Parlamento».

Il dato è tratto. Il voto segreto, figlio dello Statuto Albertino, non lo voleva né Croce né Moro. E adesso Musumeci chiede a Miccichè di cancellarlo da Sala d’Ercole. Che ne penseranno gli altri 68 deputati dell’Ars degli inciuci e dei voltagabbana?

Twitter: @MarioBarresi

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