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Pd, al via il nuovo corso Zingaretti Ecco chi è “in” e chi “out” in Sicilia

Di Mario Barresi |

Catania. La sera dello scorso 3 marzo erano tutti zingarettiani vincitori. Di più: trionfatori. Da ieri, però, nell’Isola – sempre sottovoce e con il rispetto dovuto al segretario appena incoronato – ci sono anche i primi sconfitti. O quantomeno delusi. Pur «in un clima davvero straordinario, con un entusiasmo che non si vedeva da anni», come certifica Anthony Barbagallo, fra i tanti siciliani del Pd presenti ieri all’assemblea di Roma. Ed è proprio il deputato regionale di Pedara uno fra gli aspiranti restati fuori dalla porta della direzione nazionale. Soltanto in cinque, infatti, i siciliani accesso nella stanza dei bottoni del «nuovo Pd» di Nicola Zingaretti.

E, fra questi, in tre – tutti palermitani – sono sostenitori della mozione vincente: i deputati regionali Antonello Cracolici e Peppino Lupo (capogruppo all’Ars), e Teresa Piccione, ex deputata e candidata poi ritiratasi alle primarie regionali. Ce n’è abbastanza affinché lo stesso Barbagallo, anima etnea di AreaDem, mastichi amaro, pur minimizzando: «Scelte con una logica di conferma degli uscenti e rispetto di quote rosa». Il suo, nella terna di franceschiniani siculi, è l’unico nome depennato. Ma complimenti per il fair play.

E non è siciliana la «Giuseppina Raia» letta da Gentiloni, neo-presidente del partito, nell’elenco dei nominati: trattasi di una consigliera regionale campana, soltanto omonima di Concetta Raia. All’ex deputata regionale, uscente della direzione, non riesce la staffetta con Angelo Villari, ora in attesa di uno strapuntino come “invitato permanente”. Non c’è spazio neanche per un ex turborenziano convertitosi – magari per affinità da fiction di Montalbano – al nuovo corso: anche Nello Dipasquale, forte dell’88,8% di Zingaretti nella sua Ragusa, è fuori. E non l’ha presa benissimo, ma non perché aspirasse a entrare in direzione. «Non è giusto che ci sia sempre la stessa concentrazione su Palermo e Catania», lo sfogo di ieri pomeriggio. Stesso dicasi per il sempre influente siracusano Bruno Marziano? «Macché, io alla mia età posso godermi il piacere di sentirmi a casa nel mio partito. Certo, qualche altra soddisfazione, magari, me la prenderò. Ma entrare in direzione non era nei miei desideri…».

La Sicilia orientale, dunque, resta rappresentata in direzione soltanto dai renziani. Con Luca Sammartino che si accaparra due posti, con salomonica divisione fra diverse mozioni di minoranza: dentro la senatrice Valeria Sudano (con Martina) e l’ex presidente del consiglio comunale di Catania, Francesca Raciti, in quota Giacchetti, molto gradita anche alla segreteria regionale del Pd. Uno smacco che enfatizza l’amarezza degli zingarettiani, non solo sotto il Vulcano: «Il neo-segretario è stato molto meno magnanimo di quanto i suoi sostenitori siciliani invece erano stati con lui», si borbotta.

Oltre ai cinque eletti, in direzione un altro siciliano “fuoriquota”: Peppe Provenzano, nisseno vicepresidente di Svimez, ormai sherpa di calibro nazionale, adorato da Zingaretti, che l’ha inserito nella lista dei 20 di sua nomina. E magari pensa pure a lui come uomo di fiducia da spedire in Sicilia semmai dovesse decidere il commissariamento di Via Bentivegna. Altri due posti ai siciliani spettano per diritto: al segretario regionale Davide Faraone e al sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. Che non rivedrà, fra i big uscenti, il suo ex collega di Catania, Enzo Bianco (altro grande escluso nonostante il rating gentiloniano), il deputato ed ex segretario regionale, Fausto Raciti e l’ex sottosegretario Giuseppe Berretta. Perde il posto anche Beppe Lumia, zingarettiano di area Emiliano, che all’Ergife si porta avanti col lavoro per le Europee.

La campagna elettorale è alle porte. E la composizione delle liste sarà il primo termometro delle scelte di Zingaretti. Che nelle Isole ha un’uscente, Michela Giuffrida, fra i non tantissimi deputati di Bruxelles ad aver investito su di lui. Scontata la ricandidatura della giornalista catanese, anche Caterina Chinnici ha fatto arrivare la propria disponibilità a riprovarci «se il Pd me lo chiede». Entrambe ambirebbero legittimamente al posto di capolista (il magistrato, ex assessore di Lombardo, lo fu già nel 2014), ma sul tavolo del Nazareno ci sono anche altre opzioni. Quasi del tutto sfumato il corteggiamento del medico di Lampedusa, Pietro Bartolo, Zingaretti pensa anche a un suo pupillo: emergente Massimo Zedda, ex sindaco di Cagliari, sconfitto con onore alle Regionali sarde. Potrebbe essere lui il battistrada dem nella circoscrizione Isole. Ma c’è anche un pressing (non solo del redivivo Lumia) per un posto al sole per Giuseppe Antoci, ex presidente del Parco dei Nebrodi. Degli altri nomi caldissimi, uno circola da tempo: la senatrice Valeria Sudano, alfiera della minoranza renziana. Se non fosse così, un’ipotesi accreditata è quella del rampante deputato agrigentino, Michele Catanzaro.

Negli ultimi giorni i rumors accreditano come quasi certa una candidatura proprio di Peppino Lupo, che ha ripristinato lo storico sodalizio con Cracolici. Un’autorevole proposta, palermocentrica come l’asse ieri vittorioso nelle nomine in direzione. Ma con un’unica perplessità: semmai il capogruppo dem dovesse staccare il biglietto per Bruxelles, il suo posto all’Ars andrebbe a un uomo di Miccichè: Fabrizio Ferrara, primo dei non eletti nella lista dem a Palermo nel 2017, consigliere a Sala delle Lapidi. Di Forza Italia, però.

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