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Gli orfiniani: «Pd, nuovo corso già vecchio» Ma Barbagallo difende l’asse con i grillini

Di Mario Barresi |

Catania – Anthony Barbagallo, da ex ragazzo di paese, sa benissimo quant’è difficile coltivare il consenso nelle periferie dell’impero palermitano. Ed è anche per questo che il segretario regionale del Pd, oltre a eternare come «l’alba di un nuovo giorno» la vittoria dell’asse giallorosso a Termini Imerese, trascorre l’intera nottata dello spoglio col pallottoliere dei comuni. E poi viene fuori con la hall of fame dei sindaci dem eletti: nella sua Pedara, ma anche a Polizzi Generosa, a Siculiana, a Milo, a Savoca, a Cammarata, a Raccuja, a Santa Caterina, a Mirto, a Realmonte. «Gli altri non li prendono dieci sindaci», dice ai suoi. E dunque il Pd siciliano può anche ammortizzare – questa sembra la tesi di fondo – le sconfitte nei due suoi comuni più grossi (Marsala e Misilmeri) espugnati dal centrodestra. Dimenticando le sconfitte nei due capoluoghi: a Enna, ma soprattutto ad Agrigento (l’unica provincia in cui non s’è celebrato il congresso dem), dove il partito s’è nascosto, senza simbolo, sotto la gonna del favorito Lillo Firetto, inseguitore al ballottaggio. Le statistiche di Barbagallo comprendono anche tutti i grandi centri in cui il Pd è il primo partito: Termini (11,8%), Enna (10,6%), Bronte (10,1%), Floridia (9,6%), Ispica (8,4%) e Carini (7,1%).

Barbagallo dà i numeri. Che servono anche a esorcizzare le prime aperte critiche alla sua segreteria, partita in piena estate. In mattinata è stato Antonio Rubino, portavoce siciliano di LeftWing, a rompere gli indugi parlando di «risultati deludenti e in controtendenza con quelli nel resto d’Italia». È la tesi degli orfiniani, la corrente dall’ex segretario Fausto Raciti. «Bisogna uscire dalle stanzette del gruppo parlamentare all’Ars, fra l’altro sempre più anguste per le uscite di altri deputati, per tornare in mezzo alla gente», aggiunge Rubino a piè di comunicato stampa. «Il nuovo corso di Barbagallo ci sembra già vecchio», attacca. Bocciando il «campo super largo» (con M5S, sinistra e anche i moderati) lanciato dal segretario in un’intervista al nostro giornale e chiedendo un confronto in direzione regionale dopo i ballottaggi. Il segretario franceschiniano non fa una grinza. Pur «rispettando l’opinione di uno dei 137 membri della direzione», sull’asse giallorosso va avanti a testa bassa: «È un’indicazione chiara della segreteria nazionale, non è un argomento in discussione». Difendendo anche il suo upgrade siciliano dell’apertura ai moderati: «Così si vince, non dobbiamo sottovalutarci». Barbagallo, nell’analisi del voto, invita i suoi «a non dividersi in polemiche inutili, concentrandosi sulle tante schifezze del centrodestra, dalle interferenze della sanità nelle liste al presidente Musumeci che domenica, a urne aperte, passeggiava a Pietraperzia a braccetto col suo candidato sindaco».

Ma le passioni interne del Pd sono nulla rispetto ai tormenti del M5S. Che, assieme alla Lega, è il vero sconfitto di questa partita amministrativa: brinda con Maria Terranova a Termini, ma perde Augusta e Pietraperzia, incassando numeri quasi da prefisso telefonico nelle corse solitarie dei candidati sindaci. Nessuno, neppure nella sacralità dei social, si espone più di tanto nell’ammettere la sconfitta. Lo fa, con La Sicilia, l’eurodeputato Dino Giarrusso. che, pur ricordando che «il risultato del M5S alle Comunali è sempre stato basso, anche nei momenti migliori», ammette come «queste elezioni abbiano estremizzato la tendenza». E, da par suo, lancia un monito a chi «è stato per anni lontano dai territori per farsi i suoi affari, che ha delle responsabilità gravi, e che è imbarazzante che venga oggi a tenere lezioni su cosa non funziona ea proporre soluzioni». Già, le soluzioni. Quali? «Presenza, lavoro, unità e capacità di attrazione e aggregazione», la ricetta di Giarrusso. Che guarda già alle Regionali 2022: «Dobbiamo vincerle, e per farlo dobbiamo iniziare a lavorare fin da adesso, senza annullare i nostri valori e principi, e senza pensare che per avere fiducia e voti basti il simbolo del M5S».

Così come non basta la somma algebrica di grillini e dem. Ed è per questo che la sinistra fa autocritica con Pippo Zappulla, segretario regionale di Articolo 1: «Amministrative con poche luci e molte ombre, si conferma l’urgenza e la necessità di costruire il campo largo del centrosinistra». Un campo in cui c’è Claudio Fava, «soddisfatto per l’eccellente risultato della lista dei 100Passi che supera il 7% nelle città più importanti in cui si è votato», ma rivolto già al 2022. Con la «strada da seguire per il futuro: unire le forze e costruire progetti condivisi. Abbiamo due anni di tempo in Sicilia per riuscirci». Magari coinvolgendo le forze civiche, vero valore aggiunto delle vittorie del centrosinistra. Ma in Sicilia troppo spesso convitato di pietra nelle rese dei conti interne e nelle sagre (strapaesane) dei veleni.

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