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Scuola e Recovery Fund: non bastano poche buone idee, servono obiettivi strategici

Di Irene Cinzia Maria Collerone* |

Sono convinta che sulla scuola non possano essere espresse poche buone idee per puntare al suo miglioramento una volta per tutte, ma certamente possono essere individuati degli obiettivi strategici prioritari che possano delinearne una possibilità di sviluppo che, nella storia e nell’attualità si è sempre strettamente intrecciato con lo sviluppo delle civiltà e con il progresso. La scuola, rappresenta una mega organizzazione a legami deboli, con al suo interno fortissime spinte opposte sia a livello globale che locale, che possono andare dall’autoritarismo alla assoluta autonomia, dal centralismo al decentramento, tanto per indicare la complessità e il rischio di parlare spesso a sproposito di ricette semplici e veloci per rendere la scuola volano di sviluppo del nostro Paese.

Oggi il dibattito sulla scuola si è riacceso per l’esigenza di riapertura dei suoi edifici scolastici e per le misure di contenimento del Covid19 con un tentativo serio di dare una svolta anche alle scelte metodologiche da adottare per innovare la didattica e la qualità della scuola, che non possono prescindere dall’introdurre le nuove tecnologie come piani integrati per tutti e non solo per qualche scuola o docente d’avanguardia. Il digital divide, e si è appalesato durante la didattica a distanza con tutta la sua drammaticità e, come sempre, marcatamente colpendo le fasce più deboli della popolazione scolastica.

Anche nelle politiche scolastiche passate le fasce deboli sono rimaste ai margini e hanno alimentato costantemente la dispersione scolastica mantenendo, a livelli insostenibili in Sicilia, lo scarso rendimento e le basse competenze che sono attestate dalle prove Ocse Pisa e Invalsi, dal basso tasso di iscrizione alle Facoltà universitarie, dalla diaspora dei cervelli in cerca di migliori strutture formative e sbocchi lavorativi o da altro ancora che si può aggiungere alla lista. Superata la parziale analisi del “fenomeno scuola”, per ovvie ragioni di brevità, vorrei far cenno ad alcuni temi che, a mio avviso, richiedono interventi immediati.

Le disuguaglianze a scuola sono quasi sempre lo specchio del disagio sociale ed economico delle famiglie: la povertà economica è quasi sempre anche povertà educativa, mancanza di chance, di stimoli, di opportunità con ovvie ricadute sul contesto sociale ed economico. La carenza di libri o di occasioni e interessi culturali nelle famiglie è scientificamente correlata alla dispersione e all’insuccesso scolastico e formativo dei più giovani che alimenta ovviamente, la disoccupazione, la sottoccupazione, il lavoro non qualificato e anche la zona nera dell’illegalità e della mafia.

E’ assolutamente necessario sostenere, sin dalla nascita, il percorso educativo con aiuti mirati al benessere delle famiglie e a offrire occasioni di apprendimento, di acculturazione e di sviluppo personali e sociali (se distribuire Kit didattici o bonus per acquisti mirati, se inviare operatori educativi nelle famiglie con redditi bassi per rilevare i bisogni genitoriali e dei bambini, se creare strutture adeguate e innovative per l’infanzia da 0 a 3 anni – periodo fondativo della personalità e delle future competenze della persona- o altre misure efficaci sarebbe troppo lungo dire, ma potrebbe già farsi riferimento a esperienze europee molto valide.)

La correlazione con l’ambiente in tema di educazione – istruzione e formazione è più che nota: non può più essere tollerata la precarietà di tanti edifici scolastici, la loro insufficienza in termini di sicurezza, la carenza di ambienti ispirati pedagogicamente e innovativi (l’orto scolastico è ancora un progetto di pochi volontari ad esempio, ma possiamo aggiungere giardini, biblioteche innovative, agorà per applicare i nuovi metodi del debate e della challenge, laboratori, spazi per il teatro didattico… ), tecnologicamente dotati – i banchi -certo – ma anche i libri sono una tecnologia essenziale alla scuola insieme ai device e alle infrastrutture di rete e connettività non più delegabili alla sensibilità dei collegi dei docenti o dei dirigenti che aderiscono ai Piani Nazionali per la scuola Digitale o ad aiuti estemporanei e insufficienti per dotare i meno abbienti di tutto ciò che occorre.

Le scuole siciliane devono trasformarsi tutte in ambienti educativi di apprendimento ricchi e non invece deprimenti e deprivati di risorse materiali e umane. Il sistema dei trasporti è un immenso capitolo che ha molto a che fare anche con la scuola e con l’isolamento ed esclusione delle persone e delle comunità: il servizio di scuolabus dall’infanzia alle superiori è strategico per abbattere i divari. Quello delle risorse umane è poi un tema centrale e strategico: ogni anno la scuola soffre, insieme alle famiglie, per la precarietà delle figure di sostegno alla disabilità che partecipano del grande obiettivo che la scuola e l’intera società devono avere: l’inclusione. Va risolto in maniera strutturale e non rinviabile a politiche finanziarie di volta in volta espressione della contingenza economica.

La scuola deve poter offrire a tutti percorsi di conoscenza e valorizzazione delle bellezze paesaggistiche e culturali e questa voce di spesa deve ritenersi strutturale e legata allo status di alunno sin dalla scuola dell’infanzia; questo divario di opportunità tra fasce sociali differenti deve essere colmato dalla scuola insieme alla Regione. La Regione dovrebbe investire sulla formazione dei docenti per quegli aspetti che sono peculiari e problematici nella nostra realtà: dalla legalità allo sviluppo delle capacità imprenditoriali, dalle risorse culturali a quelle agroalimentari e turistiche, dalla digitalizzazione all’orientamento allo studio e al lavoro, la formazione tecnica e professionale di qualità. La qualità della docenza è qualità dell’aula e questa si trasforma in qualità sociale ed economica. Ogni euro investito strutturalmente sulla scuola frutterà molto in termini di outcome.

* Dirigente scolastico del Liceo Ruggero Settimo (Cl)

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