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La guerra dei laboratori di analisi, Cidec: «Rispetto per chi non si associa»

Di Redazione |

Riceviamo e pubblichiamo:

«Quale presidente regionale della C.I.D.E.C. Federazione Sanità Sicilia, desidero fornire il mio contributo al dibattito sulle “normative” che disciplinano le aggregazioni dei laboratori di analisi al fine di raggiungere la soglia minima di efficienza pari a 200 mila prestazioni annue, necessaria a mantenere il proprio accreditamento ed a poter continuare ad operare per il SSR attraverso la sottoscrizione di appositi contratti con la P.A.

Preliminarmente non posso non manifestare stupore e preoccupazione per la rappresentazione della richiamata problematica pubblicata dal quotidiano La Sicilia in data 18/11/2019 con un articolo dal titolo: “Laboratori di analisi in Sicilia: i piccoli contro i grandi. Ecco chi rischia gli accreditamenti. Dal prossimo mese di gennaio nuove disposizioni di legge soprattutto contro chi finora ha adottato la formula del fai da te”.

Infatti per evidenziare lo status giuridico dei laboratori che a tutt’oggi non hanno provveduto ad aggregarsi vengono definiti come chi resta “sul mercato con le vecchie regole – di fatto fuorilegge – perché i tentativi giudiziari per bloccare tale obbligo di aggregazione, nel merito, non hanno fino ad ora sortito effetti favorevoli”.

Spiace che la SILAB abbia messo artatamente in campo tale contrapposizione.

Vorrei innanzitutto chiarire che non vi è e non vi può essere contrapposizione alcuna tra laboratori “virtuosi” che si sono messi nelle condizioni di poter rispettare il dettato della Regione Siciliana e laboratori “fuori legge” che siffatte norme, sembrerebbe non vogliano rispettare. Tengo a precisare che tutte le strutture in essere, forme consortili ed autonome, sono costantemente ed ugualmente sottoposte a tutti i controlli territoriali e regionali.

Smentisce, in maniera ancor più evidente, la tesi di SILAB il confronto tra la normativa siciliana e quella delle altre regioni in “stato di rientro” come la Calabria, il Lazio e la Basilicata che prevedono la libera scelta fra tutte le forme di aggregazione previste dal Codice Civile o da leggi speciali in materia, con il mantenimento di una rete di laboratori accreditati, contrattualizzati e rimborsati per le prestazioni eseguite per conto del SSN, anche quando i singoli laboratori non avessero raggiunto nelle loro rispettive sedi le 200 mila prestazioni annue, in quanto il rapporto contrattuale è con la “rete contratto”.

In realtà, senza alcun risparmio per le casse regionali, l’unica vera contrapposizione che da anni vi è in Sicilia, vede fronteggiarsi da una parte i laboratori di analisi cliniche e i cittadini/pazienti siciliani (intenti a tutelare i loro diritti ed interessi legittimi) e dall’altra la burocrazia regionale che vorrebbe sponsorizzare una sola forma aggregativa cioè quella dei consorzi tutelando l’accentramento della diagnostica in pochi soggetti, multinazionali e non, che rappresenteranno i nuovi titolari della sanità privata convenzionata, in alternativa ai 400 presidi sanitari presenti in modo capillare sull’intero territorio regionale con conseguente licenziamento di almeno 1000 dipendenti, a seguito del declassamento dei laboratori in punti prelievo.

Spiace che ora la Silab si sia così apertamente schierata a favore della vecchia amministrazione e delle sue sciagurate e dannose norme e spiace che la nuova amministrazione ancora tentenni nel ritirare in via di autotutela il D.A. 182/2017 che non solo viola palesemente i diritti costituzionalmente garantiti quali quelli alla salute dei cittadini, alla libera scelta degli stessi di rivolgersi al professionista che più gli aggrada ad alla libera concorrenza tra operatori economici, non solo è in aperto contrasto con la norme nazionali sull’autorizzazione all’esercizio di attività mediche (D. Lgs. 502/92, art. 8 bis e ter), su quelle relative all’accreditamento istituzionale (D.Lgs. 502/92, art. 8 ter e quater), su quelle relative alla contrattualizzazione (D. Lgs. 502/92), ma è, altresì, in aperto e manifesto contrasto, pur richiamandone indirizzi e indicazioni, con i dettami dell’Accordo Stato/Regioni del 23.3.2011 e della circolare ministeriale del 16.4.2015.

Peraltro, il D.A. 182/2017 non ha permesso, né permette, ai laboratori di potersi aggregare, in quanto privo di apparato attuativo, non potendosi definire tale l’allegato A unito al decreto assessorile. Il decreto vincola e limita la norma al solo modello consortile, simbolo di posizioni dominanti e subalterne.

Ricapitoliamo: La C.I.D.E.C. rispetta le scelte imprenditoriali dei colleghi che hanno preferito i “consorzi” come forma societaria, ma pretendono pari rispetto per le nostre determinazioni, disciplinate dalle normative nazionali, che individuano nella rete contratto la formula aggregativa più virtuosa e rispettosa delle esigenze del cittadino-utente-contribuente. In attesa di una sana risoluzione per una interpretazione favorevole e poco limpida della burocrazia della vecchia amministrazione venga liberata.

Ritengono, pertanto, gli associati CIDEC che la forma della rete contratto, senza personalità giuridica, (che peraltro si adatta perfettamente a tutte le normative vigenti) sia la forma più consona alle esigenze della categoria, laddove, contrariamente a quanto sostenuto dalla Regione Sicilia e ora anche da SILAB, il tipo di aggregazione che vorrebbe imporre il DA 182/2017 con l’obbligo della indiscriminata esternalizzazione degli esami non produce alcun contenimento della spesa pubblica, presupposto questo sì per potersi procedere all’aggregazione, né ad un effettivo miglioramento della qualità prestazionale».

Elisa Interlandi

presidente regionale Cidec

Federazione Sanità

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