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Riscossione Sicilia nel baratro Ecco cosa vuole fare il governo

Di Mario Barresi |

Uno, soltanto in apparenza, misterioso. Sui 355 milioni di presunte entrate poi non incassate dalla Regione, 100 milioni – dice l’assessore all’Economia, Gaetano Armao – riguardano «mancati versamenti nelle casse regionali da parte di Riscossione Sicilia, la società di recupero delle imposte pubblica, nei cui confronti il ragioniere generale ha presentato un esposto proprio per denunciare l’anomalia».

Brusio d’eccitazione in conferenza stampa.

Ma la vicenda è già nota. Giovanni Bologna, ai primi di dicembre, ha firmato un esposto, indirizzato alla Procura di Palermo e alla Corte dei conti «per verificare eventuali responsabilità penali e contabili». Tutto nasce dal congelamento da parte del Monte dei Paschi di alcune somme di Riscossione depositate nei conti della banca. L’ennesimo capitolo di un contenzioso che risale all’ex Serit e all’uscita della banca senese dalla compagine societaria siciliana. La cessione delle azioni Mps alla Regione avvenne con un prezzo «provvisorio» di 20 milioni di euro. E il cda nominato dal governo di Totò Cuffaro, per rilevare la Serit e far nascere Riscossione Sicilia, avallò un prestito per rimborsare Montepaschi. Con chi venne acceso il mutuo? Con la stessa Mps, naturalmente. L’ex governatore Rosario Crocetta e l’ex amministratore di Riscossione, Antonio Fiumefreddo, hanno presentato esposti in procura, denunciando decine di milioni di incasso «illegittimo» di Mps e contestando la valutazione delle quote cedute da Mps. Ma a Siena i conti non tornano: si ritengono creditori di circa 120 milioni. E ne hanno trattenuto 100 dai conti correnti.

Ma il tema, caldissimo, di Riscossione Sicilia è stato accennato anche da Nello Musumeci: «Non posso dire adesso qual è la mia idea, la proporrò in giunta, tenuto conto che ci muoviamo in un contesto normativo che è quello definito dall’Ars lo scorso agosto». Ma il governatore ha le idee chiare. Riscossione Sicilia, dopo la “defenestrazione-bis” di Fiumefreddo da parte dell’Ars, è gestita dal collegio dei revisori. Il primo passo, imminente, di Musumeci sarà nominare un nuovo cda. Composto da «profili di assoluta autorevolezza, personalità di livello elevatissimo», dicono da Palazzo d’Orléans. Ma la società è in liquidazione: entro il 31 dicembre 2018 dovrà chiudere, trasferendo competenze (e i 600 dipendenti) all’Agenzia delle Entrate. E qui subentra il lavoro di Armao, che dicendosi «favorevole a una costituzione in giudizio per rivendicare i diritti della Regione nei confronti di Mps», ha avviato più operazioni. La prima con il direttore generale dell’Agenzia, Ernesto Maria Ruffini. «Abbiamo concordato una rigorosa ispezione, una due diligence su conti e patrimonio». Nel frattempo, il nuovo cda andrà avanti «garantendo un servizio indispensabile per la Regione, ma anche per l’Erario dello Stato». E gestendo «una situazione disastrosa, non creata ma nemmeno migliorata dall’ultima governance». Si vocifera di 23 milioni di spese legali da liquidare, oltre che di un sistema informatico obsoleto, che non “parla” più con quello dell’Agenzia delle Entrate. Che non farebbe un ottimo affare mettendosi in pancia Riscossione Sicilia.

Staremo a vedere. Conti alla mano, non sarà il governo a decidere. «Noi – ammette Armao – presenteremo una nostra proposta sul futuro di Riscossione, ma correttamente sarà l’Ars a decidere, prima in commissione Bilancio e poi in aula». C’è un anno di tempo.

Intanto l’ex amministratore Fiumefreddo si limita a un laconico commento: «Ho ereditato una società disastrata e l’ho riportata in attivo in appena due anni. Ho affrontato anche un immane conflitto con il Monte Paschi di Siena e confido, conoscendo e apprezzando il piglio del vicepresidente Armao, che, con lui, la Regione vorrà difendere le buone ragioni dei siciliani rispetto all’agire opaco della banca». Chi vivrà vedrà.

Twitter: @MarioBarresi

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