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Scontro sicurezza, Salvini: «Per certi sindaci pacchia finita» Orlando: «Non sono ribelle»

Di Redazione |

ROMA – «Col Pd caos e clandestini, con la Lega ordine e rispetto. Certi sindaci rimpiangono i bei tempi andati sull’immigrazione, ma anche per loro è finita la pacchia!». Così su twitter e su Facebook il ministro dell’Interno Matteo Salvini torna stamani sul fronte che si è aperto con alcuni sindaci, in testa Leoluca Orlando, primo cittadino di Palermo, sull’applicazione delle norme del decreto sicurezza. 

Oggi intanto lo stesso Orlando torna sulla questione: «Non arretro, non c’è motivo di arretrare, io ho assunto una posizione che non è né di protesta, né di disubbidienza, né di obiezione di coscienza. Ho assolto alle mie funzioni istituzionali di sindaco, l’ho fatto in modo formale il 21 dicembre, senza fare alcun comunicato». «Evitate di definirmi ribelle. Il mio è un atto istituzionale, contro un decreto che autorevoli uomini di chiesa hanno definito disumano». «È sostanzialmente un dovere, per un sindaco. Il decreto Salvini, oltre che disumano, è anche criminogeno, perché avendo abolito la protezione umanitaria arriva anche a vietare la residenza anagrafica, e crea condizioni in cui il legittimo diventa automaticamente illegittimo. Gli effetti pratici saranno la negazione del diritto alla salute, del diritto alla scuola per i figli». «Ci sono decine di migliaia di persone che oggi risiedono legalmente in Italia, pagano le tasse, versano contributi all’Inps e fra qualche settimana o mese saranno “senza documenti” e quindi illegali. Questo significa incentivare la criminalità, non combatterla o prevenirla», sottolinea Orlando, secondo cui «è’ una legge che viola numerose norme della Costituzione, sentenze della Consulta e la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo». «La fuoriuscita dai centri e la mancanza di residenza genereranno gravi problemi di sopravvivenza, ma anche il difficile eventuale raggiungimento di parenti e familiari in altri luoghi d’Italia. Stiamo predisponendo un’assistenza abitativa di emergenza, anche in accordo con l’arcivescovo Corrado Lorefice, perché queste persone non si ritrovino in strada», spiega Orlando. «Palermo, con me sindaco, cerca di restare una città accogliente».

«Io, come sindaco – ha aggiunto Orlando – andrò davanti al giudice civile e dirò che faccio un’azione di accertamento» per verificare «se questa legge del Parlamento sia conforme o non conforme. Se il giudice ritiene che sia non manifestamente infondata e sia rilevante ai fini della decisione rimetterà gli atti alla Corte Costituzionale». «Laddove ci siano dubbi – ha concluso Orlando – il sindaco, firmando e assumendosi la responsabilità, decide di sospendere in attesa di avere una valutazione definitiva da parte della Corte Costituzionale». 

«Penso che quella di Leoluca Orlando sia un’iniziativa buona, quasi obbligatoria qui in Sicilia. Noi siciliani siamo un popolo di 60 milioni di persone di cui 55 sono emigrate. E’ chiaro che leggi contro l’immigrazione a noi siciliani fanno male». Così Gianfranco Miccichè, presidente dell’Assemblea regionale Siciliana, al Giornale Radio Rai di Rai1, su “no” all’applicazione del decreto sicurezza deciso dal sindaco di Palermo. «Sulla Diciotti, la famosa nave – aggiunge – vidi che c’erano tutte persone ferite con armi da fuoco. Erano persone che avevano subito la guerra ed erano scappate. Ma come si fa a dire di no a persone che scappano dalla guerra solo perché sono nere?». «Mi piacerebbe – auspica Miccichè – che in Forza Italia si aprisse un dibattito sull’argomento perché secondo me continuare ad andare appresso alle posizioni della Lega non può che fare male al nostro partito. Sono d’accordo sul fatto che bisogna rispettare le leggi, però ricordo che magari in Italia in qualche periodo si è stati costretti a rispettare le leggi razziali, il che non significa che fossero leggi buone o positive. Per cui – sottolinea il presidente dell’Ars – se ci si ribella a leggi fatte male penso che sia un fatto meritorio». COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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