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Sicilia, che fine hanno fatto i patti di Renzi? Musumeci: «Era soltanto un elenco…»

Di Mario Barresi |

CATANIA – «Caro Matteo ti hanno informato sull’attuazione del Patto in Sicilia?» . La sfida del governatore arriva di buon mattina su un terreno in cui, contro Renzi, gioca fuori casa: Twitter. Nello Musumeci replica all’ex premier, che aveva criticato la richiesta di un Piano Marshall per la Sicilia: «Ma perché prima di chiedere altri soldi, la Sicilia non spende quelli che il nostro governo ha già stanziato?». Renzi incalza la Regione ricordando la «bellissima cerimonia» alla Valle dei Templi, nella quale firmò con Rosario Crocetta il Patto per la Sicilia, con 2,3 miliardi a disposizione. «Adesso, per favore, possiamo spendere questi benedetti quattrini anziché chiederne altri?» insiste l’ex leader del Pd.

La risposta di Musumeci non si fa attendere. Ed è al vetriolo: il “Patto” è «un elenco di opere messe assieme in una notte. Finalmente oggi stanno diventando progetti esecutivi e tante sono già cantieri», dice il presidente della Regione a Renzi a cui comunque rassegna un invito: «Quando vuoi confrontarti sul Sud e la Sicilia, io ci sono».

Qual è la verità sul programma che per Crocetta – notoriamente affetto da idiosincrasia nei confronti dei numeri – doveva «portare nell’Isola mille cantieri, anzi 1.100», con un retrogusto simile al milione di posti di lavoro di berlusconiana memoria?Partiamo dai dati ufficiali. Sul portale “OpenCoesione” di Palazzo Chigi l’ultimo aggiornamento (al 28 febbraio scorso) riguarda 976 milioni di «costo pubblico monitorato» (a carico del Fondo Sviluppo e Coesione) per il Patto per la Sicilia, con 711 progetti controllati. Di questi nessuno risulta concluso, il 3% liquidato, il 92% in corso e il 5% non avviato.

Peggio ancora i Patti delle tre Città metropolitane. A Palermo, sempre secondo i dati del governo nazionale, su 366,3 milioni (92 progetti monitorati), quelli conclusi sono pari al 2%, mentre il 94% è in corso e il 4% risulta non avviato. A Catania, invece, tutto il “pacchetto” (45 progetti con 128 milioni a disposizione) risulta in corso: zero alle voci “liquidati” e “conclusi”. Peggio ancora a Messina: 95% in corso, con il 5% non avviati su un totale di 89 teorici cantieri per un importo di 297,6 milioni monitorati da “OpenCoesione”.

Ma la radice del problema sta proprio in ciò che scrive Musumeci a Renzi: quei progetti, che dovevano essere «immediatamente cantierabili», furono assemblati dal governo Crocetta in elenchi last minute. «Erano solo “titoli” in un foglio e noi abbiamo dovuto stimolare gli enti appaltanti, talvolta sostituendoci a essi nella progettazione esecutiva», conferma l’assessore regionale alle Infrastrutture, Marco Falcone. Il suo comparto assorbe quasi un terzo delle risorse del Patto per la Sicilia: circa 750 milioni. «E su questa somma, nonostante l’iter non dipendesse talvolta dalla Regione, siamo riusciti a finanziarne una gran parte». Come ad esempio i 300 milioni per riqualificazione urbana, chiese e presidi di legalità: «Su 354 progetti – snocciola Falcone – ben 309 sono arrivati a finanziamento, 152 le gare espletate e alcune opere sono già concluse, tenendo conto che una ventina di progetti, inseriti nonostante l’approssimazione che li rendeva non realizzabili, sono stati accantonati».

Medesima tendenza per i 150 milioni destinati alle strade provinciali: «Un terzo di fondi sono già impegnati, nonostante in molti casi ci siamo dovuti sostituire alle ex Province nella progettazione», scandisce l’assessore forzista. Più in ritardo, secondo i dati del dipartimento, la spesa dei 120 milioni destinati al Consorzio siciliano autostrade. «I progetti – ammette Falcone – sono stati approvati di recente, ma su alcuni stiamo accelerando, come per la pavimentazione di parte della Catania-Messina della Messina-Palermo, per la costruzione di barriere di sicurezza e di totem tecnologici e per le gallerie di Taormina e Giardini sull’A18 e di Sant’Antonio sulla A20». Gli ulteriori 82 milioni del Patto per la Sicilia relativi a infrastrutture sono sul tavolo dell’Anas e «dunque non di nostra competenza», precisa Falcone, pur ammettendo che «alcuni interventi, come il nuovo asfalto sulla Ragusa-Catania, sono già in corso».

La verità, dunque, sta in mezzo. Nella solenne cerimonia di Agrigento si firmò un Patto con ben pochi progetti “chiavi in mano”. L’oggettiva difficoltà di passare alla fase esecutiva e poi di mandare in gara le opere è stata accresciuta dalla polverizzazione di oltre 400 stazioni appaltanti (tra Comuni, uffici del Genio civile e dipartimenti regionali) non sempre all’altezza della situazione. Come dimostrano i dati ufficiali.

Ma è pure vero che da quel settembre 2016 sono passati quasi tre anni in cui è mancata una cabina di regia a Palazzo d’Orléans. Per questo, sin dall’inizio del 2019, Musumeci ha fatto la voce grossa, commissariando alcuni enti (Comuni di Gela e Termini Imerese, dipartimento Protezione civile di Catania, Autorità portuale di Palermo) in cui la spesa era al palo. Via al «procedimento di revoca qualora dovesse essere acclarata la continua inerzia colpevole delle amministrazioni interessate nella qualità di stazione appaltante», era l’input per alcuni enti-lumaca. Ma non è dato sapere se la minaccia sia servita a qualcosa.

Twitter: @MarioBarresi

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