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La Cantina Polivalente di Esmeralda, Dario e Jacopo: «Così “riscriviamo” il territorio»

Sono i giovani soci di "Yeast Dot Net”, una società che lavora sugli intrecci e  sulle relazioni fra aziende. Producono vino naturale e birra artigianale

Di Redazione |

Siciliani nuovi. Ragazzi che studiano in Sicilia, lavorano nel mondo e ritornano con un progetto. Per restare. Tornano perché sentono che per la Sicilia è arrivato il momento di sfruttare il “vantaggio dell’arretratezza”, quello che la pone in pole position rispetto ad un futuro di valorizzazione delle sue biodiversità, della sua autenticità, delle sue grandi materie prime. Il segreto è capirlo. E l’hanno capito perfettamente Dario Sciuto, Esmeralda Spitaleri  e Jacopo Nardi, due catanesi e un veneziano (ora più siciliano che mai) le tre anime trentenni di “Yeast Dot Net”, una società che lavora sugli intrecci e  sulle relazioni fra aziende, quello che storicamente in Sicilia non si fa, vale a dire il gioco di squadra. «È un modo per fare risorgere il territorio – spiega Esmeralda – perché se uno pensa solo alla sua azienda e ai propri interessi arriva fino ad un certo punto. Noi abbiamo deciso di creare una Cantina Polivalente in cui produrre birra artigianale e vino naturale coinvolgendo altre aziende partner. Per fare la birra ci appoggiamo a due birrifici uno a Siracusa, l’altro a Canicattini Bagni, per il vino ad un produttore di Randazzo».  La Cantina Polivalente, si trova nel territorio di Mascali, un edificio in affitto all’interno dell’azienda bio agricola BagolArea (in stretta collaborazione con i ragazzi di Yeast DotNet, dove “yeast” non a caso significa lievito. Ed è proprio un lievitare di scambi culturali e professionali quello che ha avviato le “fermentazioni etnocentriche”, per dirla con le parole di Dario, Esmeralda e Jacopo core business della società nata nell’anno del covid.  

Jacopo Nardi, Esmeralda Spitaleri 

«Siamo partiti a settembre 2020 con la prima vendemmia e il vino lo imbottiglieremo tra un mese. Nel nel frattempo abbiamo fatto le birre e portato qui un produttore di vini di Randazzo, Bruno Ferrara Sardo. Inoltre abbiamo convinto uno dei nostri più cari amici d’infanzia a smettere di vendere le proprie uve ad una grande cantina per cominciare a fare il suo vino da noi: una parte delle bottiglie uscirà con il suo nome, una parte di uve diventerà il nostro vino, vino naturale con nessun trattamento in vigna. Esmeralda, catanese, 33 anni, laureata in Scienze della comunicazione a Catania, si è fatta le ossa con un apprendistato sulla birra dell’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo in Piemonte. Quattro mesi di teoria e dieci di pratica in diverse aziende italiane produttrici di vino e birra. Poi l’incontro con Jacopo, l’enologo, l’amore e il trasferimento a Venezia, dove aprono un’azienda di produzione diCvino e birra sempre con la stessa modalità: produrre appoggiandosi su altre aziende. «Ad un certo punto è arrivato il covid – racconta – e ci siamo ritrovati tutti in Sicilia, io, Jacopo e, nel frattempo Dario, il mastro birraio che sarebbe dovuto ripartire per la Corea dove lavorava e successivamente per occuparsi di un nuovo birrificio a Singapore. Così, tutti bloccati dal covid abbiamo cominciato a pensare ad un nuovo progetto».

La Cantina Polivalente, però, non è solo un’idea produttiva, ma una filosofia nuova – almeno per la Sicilia – che parte dalla condivisione degli spazi e delle risorse, che ha nel futuro anche un focus legato alla ricettività e al turismo. «Stiamo creando un crowdfunding che partirà a settembre per comprare due piccole vigne a Bronte. Non ci interessa fare speculazione territoriale. Vedendo cosa sono riusciti a distruggere nella zona del prosecco in Valdobbiadene, ma anche nell’area del Barolo dove non esiste più un campo di calcio per far giocare i bambini,non serce avere 5 ettari di vigneto tutti nella stessa zona. La nostra idea è preservare queste piccole vigne spesso gestite da contadini anziani che non riescono più a curarle. In questo modo si tutela il paesaggio e la biodiversità. La Sicilia è unica in questo, ci sono vigne che fra i filari hanno le fragole o gli alberi da frutto, noi non toglieremo mai un albero da frutto per piantare tre viti in più». La “rete” tessuta dai ragazzi di Yeast Dot Net si potrebbe definire una cooperativa 2.0. «Non ci dispiace il paragone – dicono – ma il nostro non vuole essere un approccio capitalistico. Ci interessa far crescere la cultura siciliana per diffondere il messaggio che questa terra ha tantissimo da dare. La funzionalità della Sicilia non è solo il settore primario, ma tutto ciò che circonda i suoi centri abitati, i suoi borghi, i suoi paesaggi, la sua ricchezza culturale. Il nostro obiettivo è riuscire a portare valore e far crescere luoghi che oggi rischierebbero di sparire». Un modus vivendi messo in pratica proprio da Esmeralda e Jacopo che dalla laguna di Venezia hanno scelto di andare a vivere a Maletto, luogo strategico fra i Nebrodi e l’Etna, fra i versanti Nord e Ovest del vulcano, Randazzo e Bronte. 

Il sogno – da qui a dieci anni – coincide con la mission della società cioè la «riscrittura del territorio», partendo dalla produzione delle materie prime nei “giardini” etnei, la realizzazione di una comunità energetica e conseguentemente di una comunità produttiva. Il motto è “sfruttare quello che abbiamo”, in cui il verbo sfruttare non è da interpretare al negativo, significa semplicemente mettere a frutto quello che abbiamo già.  Nel fare tutto ciò c’è anche un “piano rientri” che non guarda solo al fatturato ma soprattutto al capitale umano «quante persone riusciremo a fare rientrare in Sicilia con questo tipo di attività? Per noi è fondamentale il rientro di chi era andato via o l’arrivo di chi viene da fuori, rappresenta un impulso nuovo e propulsivo. Chi non è siciliano e viene qui, guarda tutto con occhi diversi».

«Nella mia testa l’idea di tornare in Sicilia c’è sempre stata – ammette Dario Sciuto il mastro birraio “mago” delle fermentazioni – il covid ha solo accelerato questo processo e la voglia di creare qui una realtà solida». L’ultima birra che porta la sua firma si chiama “Seltz” ed è un omaggio alla bevanda più consumata nei chioschi catanesi, quel “gatorade” dei poveri che è il salvifico Seltz limone e sale nei giorni più afosi. I limoni sono di Siracusa e della zona Jonica, il sale è quello di Mozia, ma quella che lo rende papà orgoglioso è “arenata”, fatta con i melograni dell’Etna coltivati da Cinzia e Diego, “una carezza del Vulcano”, prodotta in Italia e cresciuta in Sicilia, al contrario dei tre ragazzi di Yeast Dot Net, nati in Sicilia, cresciuti in Italia (o all’estero), e qui ritornati per riscrivere il futuro. Il loro e forse anche quello di questa terra. c.greco@lasicilia.it 

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