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I cinque titoli di Cannes da non perdere

Da Feathers a Europa, i talenti emersi dalle sezioni collaterali 

Di Giorgio Gosetti  |

 Nell’affollato e ipertrofico calendario dell’edizione 2021 che rimarrà unica e irripetibile per molti punti di vista, tra cui un programma che idealmente assomma due anni di cinema amato dai selezionatori francesi, si rischia di smarrire il senso ultimo e originale della grande kermesse: la scoperta di nuovi talenti che arrivano sulla Croisette da perfetti sconosciuti e ne escono con la patente dei nuovi autori da seguire. Andando a spasso per le sezioni collaterali del festival, quelle naturalmente votate alla scoperta e in attesa di conoscere il verdetto delle giurie deputate (soprattutto quella della «Caméra d’or» per la migliore opera prima di Cannes 2021), ecco allora cinque segnalazioni che vale la pena di annotare con la speranza che anche il pubblico italiano possa smentirle o confermarle, se e quando arriveranno sui nostri schermi.   – FEATHERS di Omar El Zohairy, Egitto. Ha trionfato alla Semaine de la Critique e soprattutto è stato amato da tutti per la ventata di freschezza e satira sociale che travasa dentro un ritmo da commedia nel raccontare la paradossale storia di un maschio, padre padrone che, per l’errore di uno scalcinato mago, si vede trasformato in un pollo, a rischio di cottura al forno se la sua famiglia, moglie in testa, non si facesse carico della sua salvezza. Un vero cineasta e, finalmente, una commedia arguta.   – AFTER YANG di Kogonada, Usa, Un Certain Regard. Non è propriamente un debuttante, anche se i suoi film precedenti sono pressoché inediti, il nippo-americano che ha scelto come nome d’arte quello dell’operatore prediletto del suo idolo Yasujirō Ozu. Sorretto da un Colin Farrell in gran forma, racconta la storia di una famiglia che ha affidato la crescita della figlia a un robot che, purtroppo, una sera si guasta irrimediabilmente. L'idea non è nuovissima, ma il ritratto del rapporto genitori-figli funziona a meraviglia e getta una luce, un pò partecipe e un pò distaccata, sulla società americana ai tempi in cui ci si affida alle macchine anche per farsi il caffè, ignorando che quelle stesse macchine possono imparare ad avere ricordi ed emozioni.   – THE INNOCENTS di Eskil Vogt, Norvegia, Un Certain Regard. Un thriller che scivola nel paranormale ad altezza di bambino. Quattro bambini si scoprono, in un gioco innocente, poteri inquietanti e non del tutto normali. Eppure sono soltanto bambini che vogliono giocare. Finché, tra la città e la foresta, qualcosa si risveglia e pretende di dettare le regole del gioco. Può diventare un caso.   – LAMB di Valdimar Johannssón, Islanda, Un Certain Regard. Come non citare un altro film che viene dal freddo? Specie se a illuminare l’incubo psicanalitico di una coppia di allevatori che adotta un agnellino davvero diverso e per questo rifiutato dal gregge, c'è il talento e il carisma di Noomi Rapace. Siamo dalle parti del thriller che può piacere oltre i confini della cinefilia da festival.   – EUROPA di HAIDER Rashid, Italia. Come non citare l’intera squadra italiana della Quinzaine des Réalisateur a partire dal film più inatteso e sorprendente. Il regista, nato a Firenze da padre irakeno giunto nel nostro paese da migrante ormai molti anni fa, ripercorre la rotta balcanica dei rifugiati che cercano asilo nella «Fortezza Europa» passando per il pericoloso confine tra Turchia e Bulgaria. Il protagonista, Adam Ali, è un ragazzo che sfugge miracolosamente alla caccia delle milizie che sorvegliano la frontiera e si avventura nella pericolosa foresta al confine cercando la salvezza. Il viaggio (che dura tre giorni e viene condensato in poco più di 80, tesissimi, minuti) è un’autentica odissea narrata con pochissimi dialoghi, riprese folgoranti in primissimo piano, scandito dall’ansito di un ragazzo in fuga. Sembra un horror degli anni '70, ma è realtà letale a pochi passi da noi.   Insieme a «Europa», menzioni speciali per «A Chiara» di Jonas Carpignano (vincitore del Label di Europa Cinemas) e «Re Granchio» di Alessio Rigo De Righi e Matteo Zoppis. Grazie a loro il cinema italiano si è mostrato come un serbatoio di talenti da seguire.

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