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Il Gesù urlante e senza parole di Antonio Rezza

L'artista apre il Fuori concorso a Torino con Il Cristo in gola

Di Redazione |

(di Francesco Gallo) (ANSA) – TORINO, 25 NOV – “Faccio un Cristo che non dice una parola, si tappa la bocca e la tappa al suo autore pezzente. Mai sarò così meschino da raccontare con la mente malata ciò che il corpo alla mente ha sottratto, e cioè il significato: i miei gesti hanno tolto di mano il sapere al cervello imbroglione”. Così Antonio Rezza parla del Il Cristo in gola che verrà proiettato in Selezione Ufficiale Fuori Concorso stasera al 40/o Torino Film Festival. Un film, bianco e nero, quello dell’eclettico Rezza, e tanto sofferto e tormentato da aver visto la luce nel lontano 2004. Protagonista appunto un figlio di Dio che non dice una parola, ma preferisce, stare riverso sulle ginocchia di Maria urlando devastanti fonemi senza senso che non possono che dannare ogni orecchio umano. Ed è proprio la Madonna, madre per eccellenza, centrale nel seguire il figlio durante la sofferenza terrena. Un Cristo comunque sperduto, quello di Rezza, che non manca però di guarire, a modo suo, l’uomo malato come di incontrare un singolare demonio. “Il film è filologico fin quando lo dirigo: Maria che partorisce, Giuseppe che sonnecchia, l’Arcangelo proclama, Erode manomette, Battista che sciacquetta. Ma quando mi dirigo mi scappa dalle mani perché io, oltre a quella di Dio, non riconosco neppure la parola mia” dice il regista e interprete. E ancora Antonio Rezza nel suo criptico linguaggio: “Qui il problema non è il comunicare, qui la virtù sta nel fatto che quello che volevo dire non l’ho detto: l’azione si è ribellata alle suggestioni della mente incravattata. Ho scritto molte cose da mettere in bocca al figlio di Dio. Ma nell’esatto momento in cui il corpo si è staccato dal volere dell’autore gerarca per interpretare il sapere della carne – continua-, lì, con la pietra che scotta, la luce che acceca e con le membra indolenzite da posture innaturali, mi sono liberato dello stupido significato che il pensiero accattone voleva imporre al costato. Io, simile al Cristo nel dolore della pelle, ho iniziato a strillare per non fermarmi più. E l’autore ha chinato il capo a me stesso”.

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