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Anche noi mangiamo plastica: ogni settimana ingoiamo l’equivalente di una carta di credito

Di Redazione |

ROMA Ogni settimana ingeriamo una quantità di plastica equivalente a una carta di credito. Sono cinque grammi che mandiamo giù ad esempio con l’acqua del rubinetto o in bottiglia, con la birra, con i frutti di mare e il pesce e con il sale. A calcolare per la prima volta di quante micro particelle «ci nutriamo» è lo studio ‘No Plastic in Nature: Assessing Plastic Ingestion from Nature to People” – condotto dall’Università australiana di Newcastle e commissionato dal Wwf – che combina i dati di oltre 50 precedenti ricerche.

L’invasione nella natura di micro particelle – che si diffondono nell’aria, nel suolo e nei mari – è acclarata da numerosi studi scientifici che hanno anche avvertito che finiscono nel piatto in cui mangiamo, mentre si sta ancora indagando su eventuali effetti negativi sulla salute. Si sa che le materie plastiche sono in grado di assorbire anche agenti tossici e cancerogeni dall’ambiente. Ogni giorno facciamo “indigestione» di plastica con più di 100 minuscoli frammenti che ingoiamo ad ogni pasto e che arrivano anche da mobili e tessuti sintetici di casa e da materiali che si degradano, secondo uno studio dell’università Heriot-Watt di Edimburgo che ha quantificato fino a 68.415 fibre di plastica potenzialmente pericolose che finiscono nel nostro stomaco ogni anno.

Sono stati i ricercatori australiani a dire che ingeriamo l’equivalente in peso di una carta di credito alla settimana, fino a 2.000 minuscoli frammenti, pari a oltre 250 grammi all’anno. La maggior parte delle particelle sono sotto i 5 millimetri di grandezza e molte si trovano nelle acque di tutto il mondo, da quella di superficie a quella nelle falde (negli Stati Uniti e in India ne sono state riscontrate il doppio rispetto all’acqua in Europa o in Indonesia). Uno studio americano su undici marchi di acqua in bottiglia provenienti da tutto il mondo ha mostrato il 93% contaminato da microplastica con il polipropilene dei tappi presente più di altri materiali. Gli alimenti in cui sono stati trovati più microframmenti sono frutti di mare, birra e sale.

«I risultati – spiega Marco Lambertini, direttore internazionale del Wwf – segnano un importante passo avanti nel comprendere l’impatto dell’inquinamento da plastica sugli esseri umani e devono servire da campanello d’allarme per i governi». E’ un «problema globale – ha aggiunto – che può essere risolto solo affrontando le cause alla radice», cioè «fermando i milioni di tonnellate di plastica che continuano a diffondersi nella natura. E’ necessaria un’azione urgente a livello di governi, di imprese e di consumatori».

Ricordando che ogni anno finiscono negli oceani 8 milioni di tonnellate di rifiuti, di cui il 75% è costituito da plastica, lo studio australiano rileva anche il danno all’economia del mare stimato dal Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite in 8 miliardi di dollari all’anno. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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