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Coronavirus, la rabbia di tanti italiani residenti all’estero impossibilitati a rientrare

Di Gaetano Ravanà |

Da anni è la voce di tantissimi italiani residenti all’estero, attraverso anche varie iniziative di supporto sociale e mettendo a disposizione la sua sperienza professionale di avvocato.

L’empedoclina Ivana Sicurelli, è intervenuta su quella che ritiene essere una ingiustizia, ossia l’attuale gestione lacunosa degli spostamenti tra i vari Paesi, in quest’ultima scia epidemica.

“In una logica in cui l’Italia permette l’ingresso nei nostri porti di navi piene di clandestini in buona parte infetti – dice Ivana Sicurelli – in modo accertato, da Covid-19 e non solo, non si comprende il perché dover vietare agli italiani che si trovano all’estero e che non hanno passaporto italiano, di rientrare a trovare i propri cari, sottolineando sin da ora che a mio avviso ciò che fa di un italiano tale, non é un semplice documento di viaggio, ma bensì il legame di sangue e con la nostra terra, la cultura, le tradizioni trasmessegli e quello spirito di appartenenza che lo lega alle proprie origini nonostante svolga una vita distante. Mi stanno chiamando e scrivendo in molti, soprattutto dagli Stati Uniti, lamentando di avere necessità di rientrare per motivi disparati ma in egual modo comprensibili, da chi per esempio non vede la propria famiglia da anni, a chi ha un appartamento che necessità manutenzione, pena responsabilità per danni ad altri condomini e non ha nessuno che può gestirgli la faccenda. Ma anche chi semplicemente ama il nostro Paese ed aveva in programma di venire a visitarlo. Ad ogni modo, tutti potenziali immissori di denaro nel nostro sistema economico e nel nostro sistema turismo. Voglio precisare che la mia riflessione è libera da qualsivoglia appartenenza politica, ed è semplicemente basata su uno spontaneo quesito che nasce dall’essere italiana, ed impegnata nella difesa dei diritti dei nostri connazionali all’estero, nonché dall’incoerente gestione in atto, agli occhi di tutti. Un Paese come il nostro che vive per lo più di turismo, accoglie i clandestini affetti da Covid-19 e da altre patologie non meno allarmanti, con tutto il rispetto per loro (salvo chiaramente per chi viene a delinquere) e per gli esseri umani che sono in difficoltà, ma lascia fuori i turisti o nostri emigrati con il loro denaro, per paura del contagio? E in un momento in cui la nostra economia, soprattutto quella turistica, rischia il collasso dopo la dolente ed inevitabile battuta d’arresto dei mesi scorsi. Credo che la riflessione nasca spontanea. D’altro canto, non bisogna dimenticare che gli italiani all’estero sono coloro che fanno conoscere e protraggono la nostra cultura in giro per il mondo, che siano cittadini, o che non lo siano. Sono il nostro primo sponsor. Ovviamente pensare alla salvaguardia della salute della popolazione italiana è prioritario, questo è fuori dubbio, lo preciso perché vorrei evitare di essere male interpretata, ma perché non trovare e perché no, proporre un accordo di gestione comune degli spostamenti ai Paesi extra Europei, che consenta di entrare in Italia in tutta sicurezza? Eravamo un Paese impreparato a gestire una emergenza di tale gravità come quella che abbiamo vissuto e di cui siamo dentro ormai marginalmente e, tutto sommato, date le circostanze, il Governo si é impegnato molto ed ha fatto del proprio meglio, quindi mi chiedo perché uscire dai binari adesso. Io proporrei un accordo con i Paesi extra Schengen ancora considerati in fase pandemica come ad esempio Stati Uniti e Brasile, basato sul seguente sistema: “Chi decide di partire, avvisa le autorità competenti del Paese di partenza almeno 15 giorni prima del viaggio. Il Paese di partenza effettua i tamponi su questa gente 4/5 giorni prima della fissata partenza. I positivi non partono, e i negativi rimangono in quarantena fino al giorno in cui devono salire in aereo (2/3 giorni), portando l’esito del tampone con loro.” Un po’ come si sta facendo per il rientro dei residenti. In questo modo si avrebbe la certezza che chi parte e chi arriva non è infetto, si prova a rimettere in moto l’economia del turismo, e a costo zero, poiché i controlli sanitari verrebbero fatti dai Paesi di partenza. Questa è una mia idea, che proporrei per dare la possibilità a chi vuole raggiungere il nostro Paese, di farlo in tutta sicurezza e senza mettere a rischio la nostra popolazione o quella del Paese di destinazione. Può anche non essere la migliore, ma che ben vengano altre proposte che rivedano questa protratta chiusura dei confini. Il rischio c’è, ma é pur vero che non sono infette intere popolazioni, c’è anche gente che é in perfetta salute. A questo punto rimarrebbe solo da chiarire il perché continuiamo a tenere sulle nostre coste, soprattutto quelle siciliane, barconi pieni di persone ammalate e/o affette dal Coronavirus. E non usiamo la scusa retorica che è l’Europa a chiedercelo, perché l’Europa siamo anche noi. L’Italia ne è parte integrante e nulla ci ostacola a fare proposte per proteggere casa nostra e mettere in cima gli interessi di noi italiani”. 

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