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Il giovane archeologo augustano

Carlo Veca: «Grazie al web vi parlo della Sicilia antichissima»

In "Archeologia funeraria" Il 33enne archeologo conduce una scrupolosa analisi delle pubblicazioni di Paolo Orsi in merito al periodo Bronzo medio della Sicilia orientale

Di Mariolina Lo Bello |

Avvolto da un’aura di mistero, nell’immaginario collettivo si ritiene che l’archeologo sia dedito solo agli scavi, sia sepolto dalla polvere scavando per arricchire gli scaffali e le vetrine di un museo o le pagine di un libro di storia dell’arte. Un archeologo, in realtà, è molto di più. Senza cadere nei luoghi comuni banalizzando la sua figura pensando subito a Indiana Jones o a Lara Croft alla ricerca di reperti rari e preziosi in siti sperduti, essere archeologo non è solo un mestiere, è una passione.

E’ ciò che ritiene anche l’augustano Carlo Veca, classe 1984, fresco di laurea specialistica in Archeologia e giovane scrittore. Ha da poco pubblicato Archeologia funeraria servendosi dei potenti mezzi della tecnologia e dimostrando che, seppure l’archeologo insegua il passato, può essere sempre al passo con i tempi. «Mi sono servito del self-publishing – spiega Carlo – e, per raggiungere più utenti, pubblico anche sul mio blog Il corbaccio, in cui cerco di trasmettere le sensazioni che si provano osservando un monumento o un’opera d’arte. Credo che si possa fare promozione scientifico-divulgativa anche sul web e sui social proprio per diffondere la conoscenza. L’archeologia è una disciplina antica ma è in continua evoluzione, così come ho cercato di dimostrare nel mio libro». In Archeologia funeraria Veca si è occupato delle fasi medie dell’età del Bronzo in Sicilia.

Copertina di "Archeologia funeraria" di Carlo Veca

Dopo più di un secolo dalle pionieristiche analisi di Paolo Orsi, i suoi successori si sono fondamentalmente fermati alle osservazioni senza mai metterle in discussione, cristallizzando a livello di dogma concetti quali ad esempio quello del “banchetto funebre”. In quest’ottica, partire da Orsi per giungere, come in un eterno ritorno, al medesimo Orsi, senza alcuna trattazione critica, avrebbe riproposto il solito limite; invece, un nuovo approccio al materiale di Orsi poteva rappresentare il giusto incipit per la ripresa di alcune problematiche della preistoria siciliana a lungo ormai quiescenti. È da questa premessa che, da più di un decennio, si è affermata una nuova tendenza analitica, quella del riesame critico degli scritti di studiosi del passato, che ha determinato in maniera indiscussa un notevole incremento nelle conoscenze di alcuni siti chiave dell’età del Bronzo e della complessità socio-politica delle comunità indigene di questo periodo.

Il libro di Carlo Veca si inserisce proprio in questa prospettiva: una scrupolosa analisi di tutte le pubblicazioni di Paolo Orsi in merito al periodo Bronzo medio della Sicilia orientale, che si pone come obiettivo l’interpretazione dei dati e delle informazioni ricavate, secondo le moderne concezioni dell’Archaeology of death. Negli scritti di Orsi – che, come affermava Luigi Bernabò Brea, è stato “il rivelatore della Sicilia preistorica” – è possibile rinvenire le numerose “tracce” che componevano il rituale funerario delle comunità “siciliane” della metà del II millennio a.C.

Sepolcri nell'area di Thapsos

Sepolcri nell’area archeologia di Thapsos, foto di Carlo Veca

Prendendo in considerazione aspetti quali l’architettura funeraria, la deposizione dei corpi, le combinazioni di corredi e liturgie funerarie, Carlo Veca ha inquadrato gli studi compiuti sui rituali funerari post Orsi fino ai giorni nostri e il catalogo dei contesti trattati. «Mi sono avvicinato agli argomenti con gli occhi di un osservatore curioso – continua il giovane archeologo –. Proseguo le ricerche con la passione, non solo per la mia giovane età, ma con la convinzione che l’archeologia non sia materia per pochi, ma possa essere diffusa anche a chi non è esperto. La mia analisi è mossa dalla volontà di rispondere a una problematica storica ben precisa e finora tralasciata negli studi paletnologici dell’isola, quale si presenta la questione dei rituali funerari. I tre momenti essenziali della ricerca (architettura, deposizioni e corredi) sono trattati con il metodo del filologo e l’intuito dell’archeologo-investigatore. Siamo in una fase in cui gli studi di paletnologia siciliana necessitano un cosciente superamento delle concezioni dei precedenti studiosi, relegandole a mera fonte storica. Tanto più che si ha bisogno di aprire nuovi orizzonti dell’archeologia dandole ampio respiro e di farla uscire dagli scaffali polverosi delle biblioteche».

lobellomariolina.mlb@gmail.com

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