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Firme false M5S, il portinaio di Loredana Lupo: «Quella firma non è mia»

Di Carmela Marino |

PALERMO – «Quella firma no, non è la mia. Forse neanche quella di mia figlia è questa». A parlare è Paolo Di Blasi, portinaio di un condominio in via Malaspina, a Palermo, lo stesso edificio dove abitano la deputata M5s Loredana Lupo e il marito Riccardo Ricciardi, in lizza alle “comunarie” per la scelta dei candidati alle comunali della prossima primavera, che devono ancora essere celebrate. L’uomo e la moglie, Giuseppa Rizza, sono al centro di un servizio delle “Iene”, in onda questa sera, sul caso firme false su cui indaga la Procura di Palermo.

I coniugi raccontano che quattro anni fa Loredana Lupo, all’epoca semplice attivista, si presentò in casa loro chiedendo la firma sui moduli a sostegno della lista dei 5stelle alle elezioni comunali. In realtà ogni firma avrebbe dovuto ricevere l’autentica dal cancelliere del Tribunale, in questo caso Giovanni Scarpello, che sarebbe tra gli indagati. «Io ho firmato», conferma la signora Rizza. Anche il marito, conferma. Le loro firme sono tra quelle di Loredana Lupo (al numero 1) e del marito (al numero 9) di pagina 208.Gli ultimi due sarebbero autografi veri in base al confronto che le Iene hanno fatto con autocertificazioni e curricula disponibili on line, sul sito dei 5 Stelle. Il portinaio e la moglie però non riconoscono le loro firme. «Questa no… qui manca la S… chi me l’ha fatta?», afferma Di Blasi. «No, no, no – ripete – forse neanche quella di mia figlia è questa». E quella di sua moglie? “Non è sua dice, perché la ‘p’ non la fa così». 

E intanto potrebbero prendere il via dalla fine della settimana e proseguire agli inizi della prossima gli interrogatori degli indagati per le firme false per la lista del M5S alle comunali di Palermo nel 2012. Davanti all’aggiunto Dino Petralia e alla pm Claudia Ferrari, che oggi sono a Roma per concludere le audizioni dei testimoni, sfileranno i deputati nazionali coinvolti, secondo indiscrezioni Riccardo Nuti e Claudia Mannino, gli attivisti iscritti nel registro degli indagati, tra i quali Samantha Busalacchi e Giorgio Ciaccio, la deputata regionale Claudia La Rocca, rea confessa insieme ad altri due esponenti grillini che pure collaborano con i pm, e il cancelliere del tribunale tenuto ad autenticare le firme. In tutto una decina di persona allo stato dell’inchiesta che però potrebbe allargarsi visto che la norma contestata dai pm punisce anche chi abbia consapevolmente utilizzato le firme false. La Rocca e Ciaccio si sono autosospesi dal movimento, mentre nessuna «mossa» hanno ancora fatto gli altri esponenti coinvolti che, anzi, hanno querelato per diffamazione Vincenzo Pintagro, attivista che ha raccontato la vicenda.

Domani la Digos, che ha sentito oltre 400 persone chiamate a riconoscere le sottoscrizioni finite sotto inchiesta, depositerà in Procura l’informativa con l’esito dell’indagine. Sarebbero centinaia, su circa 2000 depositate, le firme disconosciute. In alcuni casi, non ancora quantificati, i testimoni hanno dichiarato di non avere mai firmato per la lista delle comunali ma per altre consultazioni, come quella per il referendum sull’acqua pubblica. Una circostanza che, se provata, sarebbe ancora più pesante per gli indagati che non avrebbero solo copiato le firme originali, apposte per la lista e inutilizzabili per un errore di forma, ma avrebbero usato sottoscrizioni rilasciate dai cittadini in altri contesti.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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