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Formazione, ritardi intollerabili

Formazione, ritardi intollerabili

Di Giuseppe Di Fazio |

Nel giorno della grande protesta del mondo della scuola il premier Matteo Renzi, da Bolzano, ha indicato al Paese un modello vincente di formazione. Lì la formazione professionale non è considerata un ripiego per gli studenti scartati o espulsi dai licei, è una opportunità data ai ragazzi di crescere intellettualmente e professionalmente. Oltre il 70% dei giovani che concludono positivamente quei corsi trovano subito lavoro. Ecco perché in Alto Adige la disoccupazione giovanile è un settimo di quella che si registra al Sud. Al modello Bolzano, guarda caso, si voleva ispirare la Giunta Crocetta nel suo tentativo (fallito) di riforma della formazione professionale. Ma in Sicilia gli studenti della formazione fanno difficoltà a trovare lavoro non solo perché scarseggiano le imprese disposte ad assumerli, ma anche e soprattutto perché nell’Isola i corsi professionali partono con ritardo e difficilmente arrivano al traguardo. Alla data odierna, per esempio, la Regione non ha ancora attivato il terzo anno dei corsi del 2014-2015. Ciò implica che vi sono circa 3mila ragazzi che hanno già completato i primi due anni di formazione per diventare elettricisti, cuochi o parrucchieri e che dall’autunno 2014 attendono il suono della prima campanella. Questo inaccettabile ritardo significa per questi ragazzi l’impossibilità di conseguire l’attestato che aprirebbe loro le porte del mondo del lavoro. È vero, la Sicilia, da quando è stato chiuso un tratto dell’autostrada Palermo-Catania per il cedimento di un cavalcavia, è divisa in due e si è ulteriormente allontanata dall’Italia. Ma ci sono crolli e voragini immateriali che, più della condizione delle strade e delle autostrade, aggravano il divario fra Bolzano e Palermo, fra Nord e Sud. Il fatto più sorprendente, però, è l’incapacità della politica di vedere i crolli e le voragini immateriali. Il crollo di un ponte, con la conseguente chiusura di un tratto di una grande arteria, è evento che richiama l’attenzione di tutti, dal governo centrale ai consigli comunali dei paesini più sperduti dell’Isola. Ma avete visto un sindaco siciliano indignarsi, fare uno sciopero della fame, marciare contro la Regione perché migliaia di ragazzi in età dell’obbligo scolastico rimangono per così tanti mesi senza scuola e senza formazione, in alcuni casi prede innocenti dell’illegalità? Avete visto un assessore regionale, o il governatore Crocetta fare una battaglia per gli studenti siciliani che, al pari dei loro colleghi del resto d’Italia, hanno diritto alla formazione professionale? Avete visto un ministro, o un sottosegretario del governo Renzi venire in Sicilia per capire come mai da anni si calpesta la Costituzione impunemente? Avete mai sentito Confindustria, nazionale o regionale, dire una parola su un tema che dovrebbe interessare anche le imprese? Avete ascoltato negli slogan della protesta di ieri una parola in difesa degli studenti per i quali la scuola ancora non è cominciata? Abbiamo cercato una risposta a questo assurdo silenzio, a questa impressionante incapacità di vedere e percepire il problema, perché è come se ai nostri politici mancassero gli occhiali giusti per guardare ciò che sta accadendo. Protestano e si indignano quando le casse comunali e regionali sono vuote, ma quando devono decidere e programmare non riescono a definire le priorità. Chissà se qualcuno di loro ha letto quanto scriveva su queste colonne l’economista Roberto Cellini il 17 febbraio scorso. «Se esiste un dualismo Nord-Sud – sosteneva Cellini – questo non è dovuto solo alla differente dotazione di infrastrutture materiali». La spiegazione, aggiungeva, è da ricercare piuttosto nel capitale umano. Il divario, perciò, si colma puntando sull’istruzione, sulla ricerca, sulla formazione professionale, sulle politiche per il lavoro. Non c’è futuro per la Sicilia, non c’è possibilità alcuna di ridurre il gap che ci separa dal resto d’Italia senza mettere al primo posto dell’agenda politica siciliana i temi dell’istruzione, della ricerca e della formazione professionale. Perché non provarci?

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