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«La Sicilia tra mete più gettonate al mondo e Catania potrebbe scavalcare Taormina»

Di Pierangela Cannone |

Catania – Una recente produzione di Forbes, la nota rivista statunitense di economia, ha rilevato che la Sicilia sarebbe in pole position tra le mete turistiche più gettonate nel mondo. Sul sito web del ministero per i Beni e le attività culturali è resa pubblica, da tempo, la candidatura di Catania a capitale della cultura 2021. Ma è ancora possibile parlare di turismo dopo il totale blackout del settore ricettivo a causa dei mesi di lockdown? E se sì, in quali termini? La pandemia, di fatto, ha frantumato il comparto e adesso, per guardare in prospettiva, occorre ricomporre i cocci di una ripresa auspicata.

«Il turismo è in sofferenza e ha necessità di un rapporto orizzontale con le istituzioni, tale da rispondere alla logica delle tre “a”: accompagnare, anticipare e ascoltare – afferma Ornella Laneri, presidente sezione “Turismo” di Confindustria Catania e coordinatrice del gruppo nazionale “Aidda for tourism”, nato dall’esigenza di coesione progettuale per affrontare le nuove sfide del settore -. Spesso si parla di assistenzialismo: si chiede, invece, di essere accompagnati in maniera pragmatica verso una reale ripresa. Il nostro desiderio è non avere più nemmeno un dipendente in cassa integrazione. Questo deve essere chiaro. Le istituzioni, in aggiunta, dovrebbero ascoltare le imprese in maniera programmatica per produrre agevolazioni che abbiano un senso reale. Si parla tanto di bonus vacanze, però a me i colleghi chiedono solo se sia obbligatorio accettarlo. Se la domanda è questa, il settore non è aiutato. Anche l’anticipazione è fondamentale: l’Italia è stata la prima nazione europea a essere devastata dal Covid. Saremmo potuti essere i primi a riprenderci e, invece, versiamo in uno stato confusionale preoccupante. Dunque, queste tre “a” devono essere a mio avviso il nuovo mantra del comparto. La nostra ambizione è dialogare con le istituzioni comunali, regionali e nazionali».

Uscendo dal perimetro di un discorso “politically correct”, qual è l’attuale scenario del settore turistico?

«Non è drammatico. Una flebile ripresa si sente. Gli amici ristoratori prevedevano zero ospiti, invece riescono a soddisfare una media di almeno 30 coperti a sera. Non sono i cento del pre-Covid, ma consideriamo che ancora il turismo, di fatto, non è ripartito. Dal punto di vista degli alberghi, le domande cominciano ad arrivare. Chi fatturava 300mila euro oggi è contento se ne fattura 140».

Ma ci sono questi numeri?

«Catania, che non è una città stagionale, nei mesi di gennaio e febbraio era arrivata a registrare un’occupazione quasi del 70%. Oggi l’ambizione è riuscire a rientrare in un buon 50%. Sarebbe lo zoccolo duro per fare ripartire la macchina».

Giugno è alle spalle. Ci sono prenotazioni per le prossime settimane?

«C’è voglia di vacanza, anche se la gente vive giorno per giorno. Sebbene si stiano muovendo i francesi, siamo off limits per molti paesi esteri, la maggior parte del flusso è italiano. La previsione, però, è che non apriranno tutte le strutture ricettive. Sono ottimista, ma voglio pure essere cauta. Il turismo di giugno è perso. E il perso è andato. Parliamo di ciò che sarà dopodomani, e non prima della primavera del 2021. Bisogna riuscire a resistere. Qui torniamo al verbo accompagnare: le aziende devono essere accompagnate per non fallire».

Alcuni alberghi hanno già dichiarato fallimento?

«Non per quanto ne sappia, ma circa il 30% non ha aperto. E non è mancanza di coraggio, bensì consapevolezza di padri e madri di famiglia. In Sicilia ci sono piccole e medie imprese. Il turismo è prevalentemente costituito da imprese familiari. Qualsiasi decisione per me va rispettata. Le aperture sono iniziate negli alberghi dal 22 giugno. Man mano che trascorrono i giorni, vedo colleghi che accendono le luci ed è bellissimo: è questo il nostro Natale».

Senza andare troppo lontano, Catania rispetto a Taormina, che vive soprattutto di turismo straniero, diventa un’isola felice?

«Catania, rispetto a Taormina, in questo momento ha la possibilità della città. Di una destinazione che, comunque, resta commerciale e dove è possibile un turismo anche più economico. Catania è una città per tutti, che va da 50 a 150 euro, dove però in mezzo ci sta tutto. La gente deve fare i conti che è in cassa integrazione e i soldi sono meno per tutti».

Viva il turismo di prossimità?

«Vivissima. È un’opportunità e un’opzione verosimile che spero continui anche quando ci lasceremo alle spalle questo periodo. È successo? C’è stato un dramma? Risolleviamoci. Per fare ciò, dobbiamo necessariamente vedere il futuro con positività».

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