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Il processo d'appello bis

L’omicidio al Cimitero: nominata dalla Corte la consulente di Yara e Cucchi

L'anatomopatologa Cristina Cattaneo è voluto andare al camposanto di Catania dove dieci anni fa è stata ammazzata, a colpi di pietra, Concetta Velardi. Il figlio sta affrontando il processo.

Di Laura Distefano |

L’anatomopatologa più famosa d’Italia ha nelle mani anche un caso catanese. Si tratta della consulente che ha lavorato ai delitti di Yara Gambiraso, Ilaria Claps e Stefano Cucchi. La Corte d’Assise d’Appello, presieduto da Stefania Scarlata, ha infatti incaricato Cristina Cattaneo di guidare il collegio di periti che dovranno rivalutare la documentazione scientifica inerente all’uccisione di Maria Concetta Velardi, avvenuta il 7 gennaio del 2014 al cimitero. La donna fu colpita da alcuni pesanti massi in un vicoletto dietro la tomba (mausoleo) del figlio. Per questo delitto sta affrontando il processo l’altro figlio, Angelo Fabio Matà, la cui condanna in Appello a 15 anni fu annullata con rinvio dalla Cassazione. La Suprema Corte – nelle sue conclusioni in cui ha ritenuto fondato il ricorso della difesa di Matà, gli avvocati Francesco Compagna e Salvatore Pietro Pulvirenti – ha scritto che «l’intero complesso delle evidenze istruttorie va rimesso alla valutazione – e agli eventuali approfondimenti – del giudice del rinvio, compresa la verifica del residuo di materiale biologico presente» nelle pietre «al fine di stabilire con maggior grado di certezza se si tratti di una traccia utilizzabile per comparazioni».

I tempi e la dinamica del delitto

Cattaneo, che sarà sentita il 27 giugno, ha voluto fare un sopralluogo nella scena del crimine (nella foto).Matà quel giorno di dieci anni fa accompagnò la madre al camposanto. Per una ventina di minuti si allontanò per andare dal meccanico e prendere un caffè. Al suo ritorno chiamò le forze dell’ordine denunciando la morte violenta della donna. Sotto l’unghia della vittima furono trovate tracce di Dna dell’imputato. Sul suo cellulare, inoltre, la squadra mobile selezionò alcuni messaggi in cui emergevano tensioni con la madre per la relazione con la sua compagna. Ma è sui tempi del decesso che si è ancorata la requisitoria del sostituto procuratore generale Antonio Nicastro, che rappresenta l’accusa nell’appello bis. Un processo che si è aperto con la nomina di un medico legale che si è discostato dalle conclusioni del consulente del primo grado. Il Pg, però, ha ritenuto le “tesi” del nuovo consulente non supportate da alcuni elementi scientifici. E quindi ha ritenuto “valida” la perizia del processo di primo grado che ritengono l’aggressione mortale sia avvenuta prima delle 16. E quindi in un orario antecedente all’allontanamento di Matà dal cimitero.

Il pg ha chiesto la condanna di Fabio Matà

Nicastro ha chiesto alla Corte di confermare la sentenza di primo grado ma con la rideterminazione della pena a 15 anni in considerazione del fatto che è già entrata in giudicato. Ed è proprio dopo la discussione del magistrato che il collegio, dopo una camera di consiglio, ha emesso un’ordinanza dove ha disposto la perizia collegiale e ha conferito l’incarico a Cristina Cattaneo. Toccherà alla professoressa dell’Università statale di Milano e direttrice del Labanof, laboratorio di antropologia e odontologia forense, rispondere ai quesiti mossi dalla Corte d’Assise d’appello. La prossima udienza, quindi, diventa più che mai cruciale per un delitto che nel 2014 fu al centro dell’attenzione dei media nazionali.La difesa offrì nel corso del primo appello anche delle tesi alternative al delitto. Addirittura parlarono di una segnalazione anonima riguardo ai parenti di un boss ammazzato e la cui tomba è nelle vicinanze della cappella Matà.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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