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Misterbianco e il vicesindaco in manette. Di Guardo, la difesa-shock: «Qui la mafia non esiste»

Di Mario Barresi |

Sindaco Nino Di Guardo, come s’è svegliato?

«Due ore prima di quando mi sveglio di solito. Alle quattro, mi sono svegliato. Con una grande rabbia. Mi sono seduto sul tavolo della cucina e mi sono messo a pensare. All’alba avevo già scritto il manifesto per presentare il comizio che farò sabato in piazza. Vuole sapere qual è il titolo?»

Certo…

«“Misterbianco a testa alta”, questo è il titolo. Le piace?».

Magari un po’ forzato, visto che le hanno appena arrestato il suo vice.

«Allora, io da questa vicenda sono molto colpito. Mi ha sorpreso».

Sta dicendo che non s’è mai accorto di ciò che succedeva accanto a lei?

«Ma che succedeva? Non è successo niente. Questo signore che hanno arrestato tutti lo conoscono come uno simpaticone, ben educato…».

I giudici non la pensano così: ritengono Carmelo Santapaola la «testa di ponte» dell’infiltrazione mafiosa dentro il municipio di Misterbianco. E lei l’ha scelto come suo vice.

«Allora, Santapaola come politico non nasce ieri. È stato pure presidente del consiglio comunale con il sindaco Ninella Caruso. Nell’elezione del 2012, a cui si riferiscono le cose che ho letto sul giornale, stabilii con tutte le liste che mi sostenevano che quella che prendeva più voti avrebbe avuto il vicesindaco. E così è stato. Poi nel 2014 io e lui avemmo uno scontro perché non appoggiò la mia battaglia contro la discarica Oikos. E lo cacciai: lui e altri due fecero un altro gruppo».

Ma alle elezioni dell’anno scorso lei si ripresentò, sempre col sostegno di Santapaola, che è tornato a fare il vicesindaco.

«Lo cercavano tutti, prima delle elezioni di un anno fa. Tutti lo volevano. Venne da me e mi propose l’appoggio. Io gli chiesi: “Con la discarica come la mettiamo?”. Lui mi rispose: “Sindaco, io contro sono”. Così è tornato».

Sta descrivendo un rapporto politico come se si trattasse di un interlocutore qualunque. Invece il suo ex vicesindaco è ritenuto lo strumento della mafia per una «occupazione del Comune». Nelle intercettazioni si parla di cooperative, di appalti su verde pubblico e manutenzioni…

«Ma quale mafia, quali appalti… Quelli che parlano sono quattro analfabeti, non sanno manco dove andare».

Veramente si tratta dei boss di Lineri legati alla cosca Santapaola-Ercolano. E lei le elezioni le ha vinte anche con i loro voti.

«Allora, amico mio, parliamoci chiaramente. Io ho preso 13.500 voti e la loro lista 2mila. Il mio avversario ne prese 7mila, quindi anche se non ci fossero stati loro avrei vinto lo stesso. Al Comune questi qui, come chiunque altro voglia fare intrallazzi, non hanno dove andare. È tutto adamantino. A-da-man-ti-no. Capito? Perché ci sono io, ma anche funzionari e dirigenti preparati e integerrimi».

Santapaola non ha mai influenzato alcuna scelta amministrativa?

«Nessuna. Ma quello era uno che veniva in giunta per avere la giustificazione per non andare a lavorare. Stava zitto, non prendeva parola. Non hanno fatto cooperative, nessun appalto di verde pubblico. Le manutenzioni me le seguo io, con due operai, alzandomi ogni mattina alle sei. Questa storia è un pidocchio che è caduta sulla criniera di un cavallo di razza…»

Che sarebbe lei…

«Io vivo di ciò che dono al mio comune, facendo l’unica cosa che so fare: il sindaco. Controllo tutto, il nostro comune è un modello di trasparenza ed efficacia».

La mafia esiste a Misterbianco?

«Non ce n’è mafia qui».

Sta negando l’evidenza, sindaco.

«La mafia, se c’è, si fa gli affari suoi, non quelli del Comune. Io non ricevo né pressioni, né minacce. Tutti sanno che con me non c’è niente da prendere. Se vogliono, mi ammazzano. E glielo dice chi ha vissuto la stagione dei morti ammazzati, dello scioglimento del Comune nel 1992. E io in quel periodo e anche dopo sono fra quelli che ha rischiato la pelle per costruire il riscatto di Misterbianco: le scuole, la cultura, i conti in ordine, la differenziata al 65%. Se tutti i comuni fossero come il nostro, la Sicilia sarebbe migliore».

Eppure è ipotizzabile un accesso agli atti della Prefettura, primo passo verso lo scioglimento.

«Può venire chiunque e spogliare nudo me e il mio Comune. Non troverà nulla che non sia adamantino. E poi sa che le dico? Se dovessero sciogliere il Comune io mi candido di nuovo, vinco e rifaccio il sindaco per due anni in più… Stamattina (ieri per chi legge, ndr), oltre al titolo del manifesto, ho pensato al titolo del mio terzo libro che sto scrivendo. Sarà: “Sindaco per sempre”».

Minaccioso, come titolo…

«Io ho salvato Misterbianco. È la mia sventura e la mia passione. Voglio morire da sindaco».

I grillini chiedono le sue dimissioni.

«Per ‘sti giovanotti, che stanno rovinando l’Italia, ‘u fùttiri è comu ‘u pisciàri. Glielo dico in italiano?».

Si capisce anche in dialetto…

«Glielo dico lo stesso: per loro fare l’amore è come fare la pipì».

Twitter: @MarioBarresi

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