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Nell’Acese dove per fare più affari la mafia ha preferito «inabissarsi»

Di Fabio Russello |

E’ questo lo spaccato della mafia nell’area Acese – ma non solo – fotografato nell’ultima relazione semestrale della Dia, la direzione investigativa antimafia i cui uomini peraltro hanno eseguito i fermi disposti dalla Dda etnea per il sindaco di Aci catena Ascenzio Maesano, per il consigliere comunale Orazio Barbagallo e per l’imprenditore Giovanni Cerami colti quasi con le mani nel sacco con una tangente.

Una relazione presentata al Parlamento dove si dice molto ma dove non si può naturalmente dire tutto, e dove, tra le righe, si avvertiva su quello che sarebbe accaduto da lì a qualche mese: «Non sono mancati episodi di danneggiamento ai danni di amministratori locali che potrebbero essere interpretati come tentativi da parte della criminalità organizzata di condizionare l’operato della Pubblica amministrazione».

Questa è un’area dove storicamente domina il clan dei Santapaola Ercolano, considerato dalla Dia come quello più potente e strutturato. Le nuove strategie si traducono in una politica di presenza sul territorio che privilegia innanzitutto il reinvestimento e il riciclaggio dei capitali illeciti attraverso una mimetizzazione imprenditoriale e la conseguente infiltrazione nell’economia legale. Questo ha portato – sempre secondo la Direzione investigativa antimafia – a far sì che i clan si siano quasi spogliati delle attività criminali di basso livello limitandosi a gestire interessi di portata strategica. Affari soprattutto nel settore dei lavori pubblici, nella gestione delle sale gioco e nel controllo della logistica nel settore dei trasporti, delle reti di vendita, delle energie alternative e dell’edilizia.

E c’è anche un ritorno massiccio al traffico degli stupefacenti che fino a quattro o cinque anni fa era stato quasi abbandonato dai clan e che ora sembra invece essere tornato di primaria importanza anche per gli ingenti guadagni che garantisce. Restano sempre sotto controllo dei clan l’usura e le estorsioni, fonti di guadagno pressoché sicure e che permettono anche un capillare controllo del territorio. Attività che in questa parte di territorio etneo sono sotto stretto controllo dei Santapaola Ercolano. Nel gennaio scorso anche Aci Catena, così come gran parte del territorio etneo, ha visto i carabinieri arrestare 103 persone nell’operazione antimafia i Vicerè. Fu azzerato o quasi lo storico clan catanese dei Laudani, capace nei decenni di stare a metà strada tra i cursoti e i Santapaola, senza mai entrare in aperto contrasto né con gli uni né con gli altri.

Tutta una fascia quella ionica controllato da uomini vicini a quel clan (e sotto l’egida dei Santapaola Ercolano) e che proprio ad Aci Catena vedeva come suo referente – almeno secondo le risultanze dell’operazione i Vicerè – Stellario Filetti. Clan che avevano una sorta di autonomia gestionale, specialmente per le estorsioni e la droga, e dove solo in determinate circostanze era necessario rivolgersi ai vertici del clan. I boss lasciavano dunque fare ma volevano l’ultima parola quando c’era da decidere su guerre, alleanze e spartizioni con altri clan. Nel corso di quella operazione, con l’accusa di concorso esterno, fu arrestato anche l’avvocato Giuseppe Arcidiacono di Aci Catena. Un territorio insomma strettamente sotto il controllo dei clan.

I carabinieri trovarono e sequestrarono vere e proprie liste di negozi ed aziende sottoposte ad estorsione che versavano, anche a rate, tra i tremila e i quindicimila euro all’anno (a seconda del giro d’affari). Ma nessun imprenditore ha deciso di collaborare con le forze dell’ordine. E questo anche nel caso di esercenti che avevano subito pesanti intimidazioni e persino, in un caso, un sequestro di persona.

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