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operazione relax della Gdf

Disabili torturati e truffa milionaria all’Asp, 35 indagati (e 17 arresti) per la casa di cura lager

Impressionante retata delle Fiamme Gialle in una casa di cura di Castelbuono, con situazioni inumane per i 23 "ospiti". Contestata anche una truffa milionaria all'Asp

Di Redazione |

I militari della Guardia di Finanza del comando provinciale di Palermo hanno scoperto gravissimi episodi di maltrattamenti di disabili assistiti nella casa di cura Suor Rosina La Grua di Castelbuono, nel Palermitano, ed hanno eseguito un’ordinanza cautelare nei confronti di 35 persone accusate, a vario titolo, di tortura, maltrattamenti, sequestro di persona, corruzione, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, malversazione e frode nelle pubbliche forniture.

Il gip ha anche disposto il sequestro della casa di cura e di disponibilità finanziarie per un valore di oltre 6,7 milioni di euro. Le indagini degli uomini del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo hanno riguardato una onlus che gestisce, in regime di convenzione pubblica «a ciclo continuo», servizi di riabilitazione per 23 pazienti con disabilità grave.

Dieci indagati sono stati portati in carcere, per sette sono scattati gli arresti domiciliari, cinque sono stati sottoposti all’obbligo di dimora nel comune di residenza e tredici sono destinatari della misura interdittiva del divieto di esercitare attività professionali per un anno.

GLI INDAGATI. Questi gli indagati nell’operazione Relax della Guardia di Finanza che ha scoperto violenze su disabili: in carcere sono stati portati Gaetano Di Marco, di Catania, 71 anni, presidente e legale rappresentante dell’associazione «Suor Rosina La Grua onlus», Massimo Palmisano, di Caccamo, 40 anni, operatore socio sanitario in servizio presso l’associazione Suor Rosina La Grua Onlus; Agostino Villaraut, di Castelbuono, 37 anni, operatore socio sanitario in servizio presso l’associazione Suor Rosina La Grua Onlus; Romeo Guanera, Cefalù, 57 anni, operatore socio sanitario in servizio presso l’associazione Suor Rosina La Grua Onlus; Lorenzo Giacalone, 45 anni, Monreale operatore socio sanitario in servizio presso l’associazione Suor Rosina La Grua Onlus; Paolo Conoscenti, Castelbuono, 37 anni, operatore socio sanitario in servizio presso l’associazione Suor Rosina La Grua Onlus; Monica Collura, 32 anni, Castelbuono, operatore socio sanitario in servizio presso l'associazione Suor Rosina La Grua Onlus; Pietro Butera, 34 anni, Casteldaccia, operatore socio sanitario in servizio presso l’associazione Suor Rosina La Grua Onlus; Giuseppe Amato, 36 anni, Castelbuono, operatore socio sanitario in servizio presso l’associazione Suor Rosina La Grua Onlus; Filippo Morrione, 56 anni, Castelbuono (Pa), inserviente in servizio presso l’associazione Suor Rosina La Grua Onlus. Ai domiciliari: Carla Maria Di Marco, 43 anni, Mascalucia, socia dell’associazione Suor Rosina La Grua Onlus; Vincenzo Prestigiacomo, 65 anni, Bagheria (Pa), collaboratore amministrativo presso l’unità operativa complessa assistenza riabilitativa territoriale dell’Asp di Palermo; Arcangelo Donato Giammusso, 64 anni, Caltanissetta, direttore sanitario della struttura residenziale per disabili gestita dall’associazione Suor Rosina La Grua Onlus; Fabrizio Cucco, 34 anni, Castelbuono, infermiere in servizio presso l’associazione «Suor Rosina La Grua Onlus; Claudia Rezmerita Mocanu, 38 anni, Castelbuono, infermiera in servizio presso l’associazione «Suor Rosina La Grua Onlus; Sabrina Madonia, 33 anni, Castelbuono, operatore socio sanitario in servizio presso l’associazione Suor Rosina La Grua onlus; Giorgio Muriella, 31 anni, Caccamo, operatore socio sanitario in servizio presso l'associazione Suor Rosina La Grua Onlus. Obbligo di dimora per Dario Prestigiacomo, 39 anni, Bagheria, Impiegato amministrativo presso l’associazione Suor Rosina La Grua Onlus"; Rossella Cangialosi, 38 anni, Bagheria, impiegato amministrativo presso l’associazione Suor Rosina La Grua Onlus. Obbligo di dimora e presentazione alla pg: Chiara Di Marco, 31 anni, Catania, socia dell’associazione «Suor Rosina La Grua Onlus, Cristina Maria Vera Di Marco, 40 anni, Catania Socia dell’associazione Suor Rosina La Grua Onlus e Antonella Russo, 69 anni, Furci Siculo Socia dell’associazione «Suor Rosina La Grua Onlus. Interdizione dall’esercizio delle attività professionali per un anno: Lucia Cicero, 37 anni, Collesano educatrice in servizio presso l’associazione «Suor Rosina La Grua Onlus», Vincenzo Di Maria, 41 anni, Castelbuono (Pa) inserviente in servizio presso l’associazione Suor Rosina La Grua Onlus; Erica Ferrarello, 31 anni, Pollina educatrice in servizio presso l’associazione «Suor Rosina La Grua Onlus"; Valentina Impallomeni, 42 anni, Castelbuono educatrice in servizio presso l’associazione Suor Rosina La Grua Onlus; Paola Lo Re, 37 anni, Castelbuono, educatrice in servizio presso l'associazione Suor Rosina La Grua Onlus, Rossella Martorana 41 anni, Castelbuono educatrice in servizio presso l'associazione «Suor Rosina La Grua Onlus"; Sara Raimondo, 45 anni, Castelbuono (Pa), educatrice in servizio presso l'associazione «Suor Rosina La Grua Onlus"; Rosalba Sferruzza, 37 anni, Castelbuono (Pa) educatrice in servizio presso l'associazione Suor Rosina La Grua Onlus, Chiara Sottile, 27 anni, Castelbuono, logopedista in servizio presso l'associazione Suor Rosina La Grua Onlus; Fiorenza Sottile, 31 anni, Castelbuono fisioterapista in servizio presso l'associazione Suor Rosina La Grua Onlus; Concetta Pollicino, 48 anni, Belpasso – Psicologa in servizio presso l'associazione Suor Rosina La Grua Onlus; Giuseppina Giambelluca, 50 anni, Castelbuono (Pa), assistente sociale in servizio presso l’associazione Suor Rosina La Grua Onlus; Antonino Giambina, 26 anni, Palermo, operatore socio sanitario in servizio presso l’associazione Suor Rosina La Grua Onlus.

LE INDAGINI. I filoni di indagine sulla onlus di Castelbuono, nel palermitano, in cui sarebbero stati commessi episodi di torture e maltrattamenti su disabili e truffe sono due. Il primo riguarda l’amministratore e i soci della onlus che, nascondendo la natura commerciale dell’attività dell’ente e grazie all’utilizzo di documentazione falsa (planimetrie, relazioni tecniche, rendiconti trimestrali delle prestazioni erogate), sarebbero riusciti ad accreditarsi con la Regione Siciliana e convenzionarsi con l’Asp di Palermo, ottenendo, negli ultimi cinque anni, soldi pubblici per 6,2 milioni. Una parte del denaro, circa 470 mila euro, invece di essere utilizzata per i fabbisogni dei pazienti o reinvestita nell’adeguamento della sede, che avrebbe gravi carenze, veniva distratta e utilizzata per fini privati come la liquidazione di compensi non dovuti, acquisto di auto, pagamento di viaggi e soggiorni in alberghi, acquisto di prodotti enogastronomici, articoli di gioielleria e da regalo.

Un funzionario dell’Asp di Palermo sarebbe accusato di corruzione. Secondo le indagini, non avrebbe svolto i dovuti controlli e verifiche in cambio dell’assunzione del figlio e della nuora. I militari contestano anche al funzionario il reato di frode nelle pubbliche forniture, poiché sarebbero state fornite prestazioni sanitarie in favore dei pazienti ben lontane dagli standard qualitativi previsti.

Il secondo filone dell’indagine ruota attorno ai maltrattamenti e violenze subiti in questi anni dai 23 pazienti della struttura. Per il gip si tratta di condotte gravissime, tanto che i reati configurati sono tortura, maltrattamenti e sequestro di persona. Le indagini dei militari avrebbero accertato che tutto il personale sanitario e paramedico in servizio presso la Onlus, con la compiacenza della proprietà, sottoponeva i pazienti a maltrattamenti di natura fisica e psicologica che provocavano loro gravi sofferenze ed umiliazioni. Il personale della struttura, che accudiva ospiti affetti da gravi disabilità intellettive e psichiatriche, ricorreva sistematicamente a punizioni come il digiuno, o percosse, strattonamenti, calci, schiaffi, offese. In diversi casi i pazienti venivano rinchiusi in una stanza di pochi metri quadrati chiamata «relax», sia di giorno che di notte, completamente vuota e senza servizi igienici. Le vittime rimanevano prigioniere, spesso per diverse ore, al buio e senza alcuna assistenza, implorando di uscire, supplicando per avere dell’acqua o del cibo, dovendo espletare i propri bisogni fisiologici sul pavimento.

Le indagini hanno consentito inoltre di evidenziare l'arbitraria e massiccia somministrazione di terapie farmacologiche agli ospiti disabili della struttura, non giustificata da ragioni medico-sanitarie, ma dalla volontà degli operatori di mantenere sedati i pazienti riducendo l’impegno e il rischio di potenziali complicazioni nel corso dei loro turni di lavoro.

«Gli ospiti del centro sono sottoposti ad un regime di vita che non è eccessivo definire contrario al principio di umanità» e «scontano quotidianamente la pena della loro disabilità con il loro essere sottoposti a torture sistematiche che aggravano la loro condizione mentale e ne devastano il corpo», ha scritto il gip.

LE INTERCETTAZIONI. E’ drammatico quel che emerge dalle intercettazioni effettuate nella casa di cura lager del palermitano dove i pazienti venivano picchiati e insultati. Nella sala «relax» venivano portati di peso, rinchiusi dentro e presi a calci e pugni. Poi venivano offesi: «Frocio», urlava un operatore e dopo l’ennesimo calcio chiudeva la porta. «Devi buttare il veleno dal cuore» diceva un altro inserviente della struttura. «E' un manicomio, un lager nazista», commentavano, non sapendo di essere intercettate, alcune operatrici del centro mentre uno dei pazienti urlava: «Dottoressa mi faccia uscire. Avevamo detto cinque minuti, si mantengono i patti, i patti si mantengono». «Io ne ho certezza al 99% gli alzano le mani ai ragazzi, fin quando non ci sono le telecamere sta cosa… noi non ce la togliamo e vedi che è un reato penale – diceva una donna al telefono – I ragazzi erano vestiti come gli zingari, visto che non li lavavano, visto che il mangiare faceva schifo, visto che la struttura non era pulita».

Un’altra operatrice intercettata, parlando con una delle indagate, le contestava: «20 mila euro, quello di parcelle tra lui e sua moglie, 60 mila euro lui e 70 mila euro l’anno sua moglie, senza che sua moglie a Castelbuono mettesse un piede, più tutti quello che tu hai sciupato che non vi spettavano, rimborsi chilometrici, rimborsi quando tua figlia se ne andava a Catanzaro all’università, i pannolini dei tuoi nipoti, i confetti, le autovetture».

E un’altra: «Tu ce l’hai presente un manicomio? Uguale, identico, ci manca solo, gli ho detto che li legano ai letti e poi siamo a posto, siamo pronti per la D’Urso. Ci sono cose che sono oggettive. I bilanci non sono mai stati presentati, nella contabilità c'è manicomio, la struttura non è adeguata e non è a norma. Lì se campano o se muoiono, non interessa niente a nessuno».

«Fino a quando si pagavano le vacanze e le facevano, bevevano cocktail, Spritz, bevevano Coca Cola, per 1000, 1500 euro, perché sono come porci». Così uno degli operatori della onlus finita sotto accusa per maltrattamenti ai pazienti disabili commentava gli sperperi di denaro che facevano i responsabili. La onlus era convenzionata con il Servizio Sanitario.

«Noi siamo sotto scopa dell’Asp di Palermo, perché il padre del nostro amministrativo è una specie di funzionario dell’Asp di Palermo che ci tiene sotto – proseguiva – Quanto tu compri quarantamila euro di autovettura a nome del Centro e il Centro le paga, tu lo sai che non sono soldi soltanto tuoi? Quando tu in quattro anni ti cambi quattro autovetture, racimoli centoventi, centotrentamila euro di autovetture tutte quante pagate dal Centro. A me mi rompe se ci revocano la convenzione perché quella è una gallina dalle uova d’oro». «Poi abbiamo preparato le ceste per l’Asp, si aggiravano attorno a 300 euro di ceste», raccontava.

I LEGALI:  «Ribadiamo la piena fiducia nella magistratura e condanniamo senza riserva alcuna ogni forma di violenza da chiunque perpetrata soprattutto nei confronti di soggetti inermi che per quanto si è appreso ad oggi, attraverso gli organi di stampa, risulterebbero perpetrate all’interno della struttura di cui i nostri assistiti sono solo amministratori e legali rappresentanti e non svolgevano mansioni operative. Su ogni profilo i nostri assistiti sono pronti a fornire agli inquirenti qualsiasi chiarimento». Lo dicono gli avvocati Giovanni Avila e Stefania Schillaci, che difendono la famiglia Di Marco, (Gaetano, Carla Maria, Chiara, Cristina Maria, Antonella Russo) soci e legali rappresentanti della Onlus al centro delle indagini della Guardia di Finanza di Palermo e della Procura di Termini Imerese.

Ruggero Razza, assessore alla Salute della Regione Siciliana: «Non appena gli atti saranno ostensibili, chiederò all’Autorità giudiziaria di potere acquisire il provvedimento cautelare emesso dal gip per avviare un’indagine interna all’Asp di Palermo finalizzata a verificare se sussistano responsabilità o mancati controlli da parte dei dipartimenti competenti. Non sono più disposto ad accettare che fatti di questa meschina violenza contro persone inermi passino nel silenzio, come se la pubblica amministrazione non abbia un onere di controllo. Alle persone offese da queste condotte indegne e immorali, e ai loro familiari, giunga la mia solidarietà e il mio personale pensiero di vicinanza».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA