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Pogliese al “compagno” Miccichè: «Patto col Pd? La tua è un’eresia»

Di Mario Barresi |

CATANIA – Sarà pure vero, come sibila Salvo Pogliese, che «gli assenti hanno sempre torto». Ma stavolta Gianfranco Miccichè – morettianamente: un’aggravante per chi è tacciato di essere diventato «troppo di sinistra» – si fa notare più perché non c’è. A Catania, alla tavola rotonda finale di “MuovitItalia” che mette assieme dirigenti nazionali e regionali sull’ambizioso tema “Scenari di centrodestra per il rilancio dell’azione politica”.

Il commissario siciliano di Forza Italia, come avevamo raccontato su “La Sicilia” di ieri, il suo pensiero lo aveva già esternato con la consueta schiettezza sabato mattina: «Fosse per me per battere i 5stelle pure la sinistra pigghiassi». Così Micciché davanti alla platea degli ex alfaniani “popolari, non populisti” Giuseppe Castiglione e Giovanni La Via, con annessa standing ovation per l’intramontabile ex senatore Pino Firrarello, riaccolto a braccia aperte da Miccichè «perché abbiamo riequilibrato le forze moderate, in questi anni ci siamo un po’ troppo sbilanciati verso i fascisti».

E sono queste le parole che aleggiano nella sala dell’hotel “Le Dune” nel corso dell’evento conclusivo della tre giorni organizzata da Pogliese e dall’ex parlamentare acese Basilio Catanoso, già in pista di lancio per le Europee. Ma Miccichè non può ripeterle, perché non c’è. Così come non c’è Nello Musumeci, che manda a sostituirlo Ruggero Razza. Il quale, dopo essere entrato nell’hotel è stato “placcato” da Stefania Prestigiacomo, furiosa per un black-out sulle nomine siracusane della sanità. «L’assessore è dovuto andare via per un’emergenza», dirà il moderatore Catanoso dopo una mezz’ora abbondante di vuoto nella poltrona assegnata a DiventeràBellissima. Un’assenza poi abbondantemente colmata da Assenza (Giorgio), deputato regionale ex forzista.

E la piattaforma unitaria del centrodestra? Un po’ complicata, al di là dei buoni proposti. Pogliese, dopo pochi secondi, affonda: «Mi dispiace per l’assenza di Miccichè, ma lo dico lo stesso: se qualcuno pensa di riproporre un patto del Nazareno 2.0, sappia che è un’eresia e non lo permetteremo mai». E giù applausi. Dal pubblico amico, ma anche da altri convitati non di pietra. Perché Pogliese rivendica una sorta di “modello Catania”, «una città dove con me alle scorse Amministrative le liste forziste hanno preso il 27%, per la prima volta nella storia d’Italia più del dato delle Politiche», ricordando il «confine coerente col centrodestra che vorremmo» e vantandosi di «aver detto di no all’accordo con un candidato d’area sollecitato contro di me e a una lista civica vicina al Pd». Il che suscita l’evidente consenso di Fabio Cantarella, vice-viceré di Salvini in Sicilia, ma soprattutto assessore («un ottimo assessore», rimarca il sindaco) confermato nonostante l’1,68% della Lega sotto il Vulcano. Cantarella, che al dibattito fa le veci di Stefano Candiani, raccoglie il doppio assist di Pogliese. Su Miccichè: «Non rispondo alle provocazioni di chi si permette di dare dello “stronzo” al mio leader ed è lo stesso responsabile della vittoria di Crocetta». E sulla formula di centrodestra, oltre al successo catanese «dove ci sono coerenza e linearità», ricorda «il modello vincente di Musumeci, che noi sosteniamo, anche con risposte a Roma, con coerenza senza avere un assessore».

Ma il giovane leghista etneo deve difendersi dal fronte cuffarian-lombardian-democristiano. Per Saverio Romano (Cantiere Popolare) «i popolari sono alternativi ai populisti tanto quanto alla sinistra» e se Salvini «resta ancora al governo con il M5S significa che il centrodestra che abbiamo immaginato non esiste più». Pippo Reina, ex sottosegretario dell’Mpa, a nome degli Autonomisti ammonisce: «Il centrodestra non si deve ricostruire, ma bisogna ricostruire un’idea che, in un governo che non fa rotta verso il sud, non c’è». E Lorenzo Cesa: «Bisogna essere netti con Salvini, è connivente con i grillini, questa deriva è inaccettabile». Il leader dell’Udc pronostica: «Questo governo gialloverde durerà sei mesi. Ne sono certo come lo ero quando dissi che Renzi durava due anni. Qualcuno (Pierferdinando Casini, ndr) non mi credeva, e s’è fatto candidare a Bologna…». Cesa usa la medesima schiettezza per un monito a Musumeci: «L’ho incrociato a Bruxelles e gli ho detto: “Tu sei uno straordinario politico, ma finora amministrativamente non sei stato un granché…”».

In (parziale) soccorso dei filo-leghisti arriva Francesco Lollobrigida, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera: «Il discorso si poteva chiudere dopo dieci secondi, con quello che ha detto Pogliese: il no all’alleanza col Pd è un dogma». E il cognato di Giorgia Meloni fa autocritica: «Il centrodestra ha vinto, ma s’era già suicidato votando quella legge elettorale». Ancora più esplicito è il musumeciano Assenza: «Non abbiamo nulla da spartire né col Pd né con quell’amalgama mal riuscito di frustrati che è il M5S». Ma attenzione a spingersi troppo contro Salvini, «perché altrimenti buttiamo la Lega fra le braccia dei grillini e ciò oggi è impensabile».

Pogliese si riserva l’ultima parola. Che è un invito alla sintesi: «Non c’è antagonismo fra popolari e populisti, nel centrodestra ci sono più anime ma tutte compatibili come in passato». Ma anche l’ultimo attacco al “compagno Gianfranco”: «Si può comprendere la differenza di posizioni all’interno del partito, ma farsi vedere con Laura Boldrini sul molo del Porto di Catania, nei giorni della vicenda della nave Diciotti, può avere creato una certa confusione nel nostro elettorato…».Insomma, l’Opa ostile alla leadership di Miccichè è partita ufficialmente da Catania. Un derby sostenuto da altri mal di pancia (siracusani e palermitani) fin qui rimasti sotto traccia.

Twitter: @MarioBarresi

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