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Continuità territoriale, la legge c’è ma è il mercato che impone le tariffe

Di Andrea Lodato |

Catania. Legge 23 dicembre/2000, n.388 (legge finanziaria 2001) art. 135: 1. Al fine di realizzare la continuità territoriale per la Sicilia, in conformità alle disposizioni di cui al regolamento (CEE) n. 2408/92 del Consiglio, del 23 luglio 1992, il Ministro dei trasporti e della navigazione, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, dispone con proprio decreto: a) l’imposizione degli oneri di servizio pubblico relativamente ai servizi aerei di linea effettuati tra gli scali aeroportuali della Sicilia e i Principali aeroporti nazionali e tra gli scali aeroportuali della Sicilia e quelli delle isole minori siciliane in conformità alle conclusioni della conferenza di servizi di cui ai commi 2 e 3; b) qualora nessun vettore abbia istituito servizi di linea con assunzione di oneri di servizio pubblico, una gara di appalto europea per l’assegnazione delle rotte tra gli scali aeroportuali della Sicilia e gli aeroporti nazionali.

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E’ tutta qua. E’ la benedetta continuità territoriale di cui si continua a parlare da quasi 20 anni, agognata, attesa, rivendicata, sostenuta a Palermo, a Roma, a Bruxelles. La legge c’è, e giusto quest’anno festeggerebbe, appunto, i suoi (circa) 20 anni, da quel lontano 1999/2000, in cui fu inserito nella finanziaria del governo Amato (e approvato) il disegno di legge a cui aveva lavorato per mesi il deputato siciliano dei Ds-Ulivo, Michele Cappella.

La legge, dunque, c’è, nonostante sia passato tanto tempo, nonostante sia stata fatta tanta confusione sulla materia, con tante rivendicazioni su passaggi successivi a quella legge 388 che racchiude il senso e l’essenza di tutte le rivendicazioni che in questi anni sono state portate avanti: garantire a chi viaggia da e per la Sicilia ed è residente nell’Isola, tariffe sociali e non il pagamento di biglietti che sono sempre più soffocanti, a condizioni spesso umilianti. Perché è umiliante sentirsi dire dall’hostess che se hai un trolley, non puoi salire a bordo nemmeno una borsetta da donna, o devi pagare 70 euro alla faccia del low cost.

Ma cosa successe 20 anni? E che cosa è successo nei 20 anni successivi in cui tanti hanno dimenticato quella legge 388? Ce lo spiega Michele Cappella, primo firmatario di quel ddl. Ma anche Cappella non nega oggi di porsi delle domande piuttosto serie, e non di riuscire a spiegarsi perché questi 20 anni siano passati invano.

«Confesso di essere rimasto spesso stupito in questi anni leggendo sui giornali, sentendo in tv appelli per varare una legge sulla continuità territoriale. Stupito anche dal fatto che tanti esponenti politici abbiano dimenticato o sconoscono l’esistenza di quella legge che, pure, è stata più volte richiamata in questi anni dal governo nazionale quando si è intervenuti sulla materia del trasporto aereo. Quella legge a cui lavorai durante la legislatura che finì bel 2001, era pronta nel 1999, ma ne rinviai la presentazione di qualche mese d’accordo con il collega sardo che era in Commissione Trasporti e che mi chiese di non sovrapporre le due richieste sulla stessa materia. Così lasciai che passasse prima la continuità territoriale sarda e un anno dopo la nostra. A quel punto avevamo trasformato in legge un’istanza che arrivava dai cittadini siciliani che allora, lo ricordo, potevano viaggiare solo con Alitalia, vettore sostanzialmente unico. Erano ancora lontani i tempi delle compagnie low cost. Ovviamente approvata la 388 si sarebbero dovuti avviare una serie di procedure che toccavano alla Regione».

Cosa accadde, invece? Poco, spiega Cappella, nel senso che partì solo l’iter che riguardava i collegamenti dalla Sicilia con le isole minori, cioè Lampedusa e Pantelleria e, successivamente, una facilitazione dallo scalo trapanese di Birgi per un paio di tratte.

«Dopo di che – racconta Cappella – c’è stato l’arrivo delle compagnie low cost e l’apertura dello scalo di Comiso, due eventi che avrebbero dovuto e potuto consentire ai siciliani, anche in forza di quella legge del 2000, di potere usufruire di tariffe a costi sociali. Non mi pare, però, che ciò sia accaduto».

Cappella aggiungerebbe «nonostante la legge (la mia) ci sia», ma non lo fa perché ormai il concetto è chiaro e, politicamente corretto, non gli va di accendere o generare polemiche. Però resta il fatto che il tema della continuità territoriale con la Sicilia, quindi scali di Catania e Palermo compresi, è stata di fatto trattata molto male in questi anni. E la Regione? E i governi che si sono succeduti, di tutti i tipi, di tutti i colori? La legge 388 parlava chiaro: «Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Presidente della regione Sicilia, delegato dal Ministro dei trasporti e della navigazione, indice una conferenza di servizi. 3. La conferenza di servizi di cui al comma 2 definisce i contenuti dell’onere di servizio in relazione: a) alle tipologie e ai livelli tariffari; b) ai soggetti che usufruiscono di agevolazioni; c) al numero dei voli; d) agli orari dei voli; e) alle tipologie degli aeromobili; f) alla capacità dell’offerta; g) all’entità dell’eventuale copertura finanziaria da porre a carico del bilancio dello Stato qualora si proceda alla gara di appalto europea».

E’ andata com’è andata. Oggi ricordiamo che la legge c’è e che senza fare demagogia, consapevoli che i cittadini residenti che volano da e per la Sicilia sono milioni, non si può non chiedere che i governi, a Palermo e a Roma, stabiliscano, se non proprio tariffe, quantomeno regole sociali. Perché a chi ci viene a dire che le regole le fa il mercato, risponderemmo che questo mercato che si arricchisce sulle spalle del popolo sfruttando i disagi e i gap strutturali, culturali, sociali ed economici di questa terra, francamente sarebbe un mercato da boicottare. Però ci prende per il collo…COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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