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Scuola, boom degli istituti tecnici ma non in Sicilia: «Primeggiano i licei e il lavoro s’allontana»

Di Daniele Ditta |

PALERMO – In Sicilia i licei primeggiano sugli istituti tecnico-professionali. I dati delle iscrizioni alle scuole superiori parlano chiaro: su un totale di 243.738 studenti, 124.533 frequentano i licei (51,1%), 69.764 gli istituti tecnici (28,6%) e 49.421 i professionali (20,2%).

Le scelte degli studenti cambiano in base alle regione, tanto che le statistiche raccolte dal ministero dell’Istruzione per l’anno scolastico in corso fanno registrare ampie differenze. Al Nord il numero degli iscritti alle scuole tecniche e professionali supera quello dei licei: 117.535 contro 85.981 in Veneto, 203.823 contro 180.640 in Lombardia, 108.087 contro 84.852 in Emilia Romagna. Invece nel Centro-Sud i licei vanno ancora per la maggiore, con punte di 162mila alunni in Campania, 154mila nel Lazio e 124mila in Sicilia.

Un trend costante nell’ultimo quinquennio, che ha pure un impatto sul tessuto socio-produttivo locale: in regioni come la nostra ci sono sempre meno operai e tecnici specializzati, con conseguente diminuzione di lavoratori diplomati; mentre il gran numero di liceali ritarda l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Perché, è inutile girarci attorno, chi sceglie il liceo è quasi obbligato a proseguire gli studi all’Università. E qui si apre uno capitolo amaro.

«La scelta delle scuole superiori – argomenta Adriano Rizza, segretario generale della Flc Cgil Sicilia – è un tema estremamente importante per i ragazzi della nostra regione. Da una recente indagine condotta dalla fondazione Agnelli, nell’ambito del progetto Eduscopio, è emerso che tutte le migliori scuole individuate nella nostra regione, esattamente due per provincia, sono licei classici o scientifici. Il problema è però legato al fatto che dopo il liceo questi studenti dovranno necessariamente iscriversi all’Università. Chi economicamente può permettersi di proseguire gli studi si trova così davanti a un bivio: restare in Sicilia o andare a studiare fuori. Viste le gravi difficoltà economiche delle famiglie siciliane e il costo spropositato dei voli da e per la Sicilia, sarebbe opportuno creare i presupposti per valorizzare e classificare come eccellenze anche gli istituti tecnici e professionali».

Scuole che, sempre secondo il sindacalista della Cgil, «troppo spesso diventano “rifugio” per chi – malgrado le capacità – ha alle spalle famiglie con un reddito medio basso».

Parole che, in un attimo, riportano alla ribalta le infelici frasi pronunciate qualche giorno fa dalla preside del liceo scientifico “Seguenza” di Messina, Letteria Leonardi, durante un’assemblea degli studenti. Senza voler riattizzare il fuoco della polemica (tra l’altro la preside si è pure scusata con tanto di videomessaggio agli studenti), non si può negare che il sistema scolastico italiano abbia ridotto, e di molto, la sua capacità di fungere da ascensore sociale. Al Sud più che altrove.

Ecco dunque che la scuola si limita a “fotografare” con sempre maggiore fedeltà le disparità delle condizioni di partenza degli studenti. «Bisogna consentire a tutti i ragazzi – prosegue il segretario della Flc Cgil Sicilia – di prendere l’ascensore sociale e non soltanto a coloro i quali hanno la disponibilità economica. Come? Creando un collegamento più forte tra scuola e lavoro. Obiettivo che si raggiunge sfruttando le peculiarità del nostro territorio e investendo in determinati settori. La qualità e la forza dell’agroalimentare “made in Sicily”, ad esempio, dovrebbe portare a una maggiore valorizzazione dei nostri istituti agrari. Vanno meglio le scuole turistico-alberghiere, che sono più gettonate tra i ragazzi. Bisogna però continuare a investire sull’alternanza scuola-lavoro, affinché non sia sfruttamento ma un canale diretto d’immissione nel mondo del lavoro».

C’è infatti una crescente tendenza da parte dei ragazzi a scegliere quei percorsi di studio che hanno un legame più forte con il tessuto imprenditoriale locale. Eppure assistiamo a certi paradossi: «In Sicilia – conclude Rizza – malgrado ci siano ben 8 istituti tecnici nautici non esiste un solo percorso di studi universitario in ingegneria nautica o scienze nautiche. Il che suona molto strano considerato che la nostra regione è un’isola e il mare è una risorsa importante per creare opportunità di lavoro».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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