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il giallo

Pm e Vaticano cercano la verità su Emanuela Orlandi

La 15enne sparì a Roma il 22 giugno di 40 anni fa. Tanti misteri, nessuna prova

Di Redazione |

Due uffici giudiziari, di due Paesi diversi, sono al lavoro per accertare la verità sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, sparita a Roma il 22 giugno di 40 anni fa. Due indagini, a piazzale Clodio e in Vaticano, che viaggiano parallele ma che potrebbero avere punti di contatto con attività istruttorie che potrebbe inevitabilmente intrecciarsi. Attività svolta mentre in Parlamento si dibatte sulla eventuale istituzione di una commissione d’inchiesta sul caso della 15enne.Per la prima volta Promotore di Giustizia e pm della Capitale scambiano informazioni e atti sulla cittadina vaticana che potrebbero dare nuovo impulso alle indagini. Nelle ultime settimane ci sono stati incontri tra il promotore vaticano, Alessandro Diddi, e il sostituto Stefano Luciani. All’attenzione del sostituto procuratore sono stati messi a disposizione documenti dall’omologo d’Oltretevere. Atti finiti in un procedimento aperto a piazzale Clodio nel 2021. Un fascicolo avviato dopo che il Csm aveva chiesto informazioni su un esposto presentato al Consiglio dalla famiglia Orlandi. Nell’esposto i parenti di Emanuela sollecitavano al Csm «accertamenti sulla condotta dei magistrati della Procura di Roma con riferimento ai colloqui intercorsi con il Vaticano per il rinvenimento del corpo di Emanuela». Nel dicembre del 2021 era stato ascoltato, come persona informata sui fatti, anche l’ex procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, titolare della indagine archiviata nel 2015 dall’allora procuratore capo Giuseppe Pignatone ora a capo del tribunale della Santa Sede.

Il ruolo di Capaldo

Capaldo, ora in pensione, nel corso di alcune trasmissioni televisive aveva affermato di avere incontrato, nel corso dei suoi approfondimenti investigativi, due rappresentanti del Vaticano che gli «promisero di rivelare dove fosse il corpo” della ragazzina. Nel fascicolo romano potrebbero essere finiti elementi emersi nel corso della lunga audizione svolta in Vaticano, il 12 aprile scorso, da Pietro Orlandi che ha messo a disposizione degli inquirenti anche una corposa memoria con le indagini private promosse dalla famiglia. Nel corso del confronto con Diddi, il fratello di Emanuela avrebbe fatto una serie di nomi tra cui quello del cardinale Giovanni Battista Re, attuale decano del Collegio cardinalizio e all’epoca della scomparsa sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato. Tra le documentazioni prodotte da Orlandi, i quattro fogli di una chat, risalente ai primi anni del pontificato di Francesco, in cui si parla del caso di Emanuela. Tra gli interlocutori di questa chat ci sarebbe il cardinale Santos Abril y Castello, presidente della Commissione cardinalizia di vigilanza dello Ior e arciprete emerito della basilica papale di Santa Maria Maggiore. In un’ulteriore documentazione si fa riferimento all’ipotesi che Emanuela venne trasferita in Inghilterra, una ipotesi che negli anni però non ha trovato riscontri. Pietro Orlandi ha, inoltre, sollecitato l’audizione di alcuni testimoni che tra cui i cardinali Re, Leonardo Sandri e Stanislaw Dziwisz, quest’ultimo storico segretario di Giovanni Paolo II.

I cardinali di cui si parla

I magistrati romani potrebbero, inoltre, convocare per una audizione Marcello Neroni, uomo vicino alla banda della Magliana. Quest’ultimo è al centro di una controversa questione legata ad un audio in cui si accusa Wojtyla tanto che Papa Francesco è intervenuto parlando «di illazioni offensive e infondate».Sullo sfondo resta la questione della commissione parlamentare. Nei giorni scorsi sono stati ascoltati, in audizioni informali, dalla commissione Affari costituzionali, lo stesso Diddi, Pignatone e il capo dei pm di Roma, Francesco Lo Voi. Per il promotore vaticano una eventuale attività d’inchiesta parlamentare rappresenterebbe una «intromissione nelle indagini» mentre al capo dei pm capitolini preoccupa «la possibilità di offrire palcoscenici, degli ulteriori palcoscenici a qualcuno che di qualche palcoscenico in passato ha fatto uso persino per usi diversi da quelli della giustizia” del caso di Emanuela.

Giallo senza risposte

É ancora un giallo senza risposte quello di Emanuela Orlandi, la figlia di un alto dipendente del Vaticano scomparsa senza lasciare traccia, un mistero che va avanti da quasi 40 anni. Tanti sono passati da quel 22 giugno 1983 quando Emanuela sparì nel nulla, appena quindicenne. Indagini, illazioni, depistaggi, che hanno portato ad una altalena di speranze e delusioni. La famiglia non si è mai arresa. «E’ un sacrosanto diritto avere verità e giustizia, non ci rinunceremo mai», ripete da anni il fratello Pietro, persino di recente in occasione della scomparsa del papa emerito Benedetto XVI.Dopo l’archiviazione delle indagini da parte della Procura di Roma, Pietro era tornato a chiedere giustizia direttamente al Tribunale Vaticano, presentando una denuncia di scomparsa alla Gendarmeria e al Promotore di Giustizia. Con il Pm vaticano che a gennaio ha dato seguito alla richiesta.La famiglia Orlandi aveva presentato un’istanza per la prima volta nel 2017. Il fascicolo era stato aperto «ma da allora non è stato fatto niente, non è stato interrogato nessuno», ha denunciato più volte l’avvocato di famiglia, Laura Sgrò. Che invano ha anche chiesto che venisse sentito il boss mafioso Pippo Calò. All’epoca dei fatti, nel 1983, era a Roma, era un personaggio a conoscenza «di quello che succedeva», collegato alla banda della Magliana, ritenuta, nel novero delle ipotesi, coinvolta nella scomparsa della ragazza.

La scomparsa di Emanuela

Emanuela Orlandi, che oggi avrebbe più di cinquant’anni, scompare verso le 19 del 22 giugno 1983, dopo essere uscita dalla scuola di musica sacra che era nelle vicinanze di palazzo Sant’Apollinare. La ragazza è la figlia quindicenne di un messo della prefettura della Casa pontificia ed è cittadina del Vaticano. A maggio era già scomparsa un’altra ragazza romana, Mirella Gregori, coetanea di Emanuela, e i due casi vengono quasi subito collegati. In questi termini – come di «una stessa cosa» – ne ha parlato Ali Agca, l’attentatore del Papa, ma non sono mai emersi elementi concreti che avvalorassero questa pista. Mirella Gregori, figlia dei titolari di un bar di via Volturno, a Roma, studentessa, non conosceva Emanuela Orlandi, né le due ragazze avevano frequentazioni in comune.Anche perché il caso di Emanuela, che sembrava la comune scomparsa di una adolescente, si trasforma in un giallo internazionale che coinvolge in pieno la Santa Sede. Il presunto rapimento finisce infatti per intrecciarsi anche con l’attentato di Agca contro Wojtyla. Il Papa polacco interviene con diversi appelli, fatti anche all’Angelus, pochi giorni dopo la scomparsa, quando la questione non era ancora di dominio pubblico. Sulla sua storia Roberto Faenza ha girato il film “la verità sta in cielo”, e su Netflix è stata realizzata la serie “Vatican girl”.

Le dichiarazioni di Sabrina Minardi

La presenza della Orlandi, negli anni, è segnalata in diverse località, anche all’estero, ma le rivelazioni non sono mai risultate attendibili. Senza elementi, la prima inchiesta viene chiusa nel luglio 1997. Poi la banda della Magliana, che spesso era stata tirata in ballo nella vicenda, rientra in primo piano a giugno 2008 con le dichiarazioni di Sabrina Minardi, compagna di Enrico De Pedis, uno dei capi della banda. Emanuela Orlandi, secondo la Minardi, sarebbe stata uccisa dopo essere stata tenuta prigioniera nei sotterranei di un palazzo vicino all’Ospedale San Camillo. Ma neanche su questa pista emergono prove concrete.Nulla di fatto neanche dopo le analisi svolte sulle ossa rinvenute nella cripta di Sant’Apollinare, a Roma, nella quale era stato sepolto, in deroga ad ogni norma, proprio il boss Renatino De Pedis, ucciso in un agguato a via del Pellegrino, sempre nella zona della sparizione di Emanuela.Nel 2016 l’archiviazione dell’inchiesta da parte della Procura di Roma, confermata dalla Cassazione. Poi la denuncia alle magistratura vaticana. Nell’ottobre 2018, un altro giallo: il Vaticano dà il via libera all’analisi del dna su alcune ossa ritrovate durante dei lavori nella sede della Nunziatura Vaticana di Via Po a Roma. Ma le indagini accertano che non ci sono legami né con Emanuela Orlandi, né con Mirella Gregori. L’11 luglio 2019 si effettua un’ulteriore ispezione ma stavolta in Vaticano, in due tombe del cimitero Teutonico, quelle delle principesse Sofia di Hohenlohe-Waldenburg-Bartenstein e Carlotta Federica di Meclemburgo-Schwerin. Al loro interno non vengono però rinvenuti resti umani; tuttavia, nell’adiacente edificio che ospita il Collegio Teutonico, é stata individuata una grande quantità di ossa, che raccolte in ventisei sacchi, sono poi esaminate da un perito. Terminata tale procedura, gli organi inquirenti del Vaticano chiedono e ottengono l’archiviazione del fascicolo penale da parte del giudice unico, il quale concede agli Orlandi di esaminare privatamente i reperti. Il decreto di archiviazione è stato comunque impugnato dal legale di fiducia della famiglia Orlandi. Gli ulteriori accertamenti, hanno infine escluso la presenza dei resti di Emanuela tra i reperti esaminati. Il caso resta irrisolto.

Intanto, secondo lo studio di un criminologo, altre ragazze scomparvero nella stessa zona della Orlandi in quel periodo. Tra maggio e giugno del 1983 a Roma ci fu una «altissima concentrazione» di ragazze scomparse con un’età media nel mese di maggio di 15,9 anni e a giugno di 15,6 anni, nella stessa zona dove si persero le tracce di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori. Un «dato scientifico» emerso da uno studio fatto realizzare dall’avvocato del foro di Perugia Valter Biscotti a due criminologi Franco Posa, direttore scientifico dell’istituto Neurointelligence, e Jessica Leone, sua collaboratrice.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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