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Fontanarossa, dal primo volo del ’47 ai 20 milioni di passeggeri nel 2030

Di Tony Zermo |

Catania – Il primo volo della compagnia aerea italiana avvenne 72 anni fa, esattamente il 5 maggio 1947, con un collegamento Torino-Roma-Catania. Allora si chiamava Lai e soltanto dieci anni dopo divenne Alitalia. Fu un evento molto atteso dai siciliani che per andare in Continente utilizzavano vecchi treni somiglianti a tradotte militari. L’aeroporto catanese “Filippo Eredia” era piccolo e disagevole, tanto che Candido Cannavò e io nei nostri articoli lo definivamo «la stalla» (nonostante che io sia stato inserito nel consiglio direttivo dall’allora presidente avv. Gulli: ma mi dimisi dopo sei mesi). Solo dopo l’intervento dell’allora prefetto Salvatore Carrubba cominciò la costruzione di uno scalo moderno, ma che a tutt’oggi, con dieci milioni di passeggeri l’anno, ha bisogno di una profonda ristrutturazione.

Qual è la situazione attuale degli aeroporti siciliani lo chiediamo a Vito Riggio, già presidente di lungo corso dell’Enac e attuale consigliere del presidente Musumeci per il traffico aereo. «Catania ha avuto un boom negli ultimi due anni – dice – ormai ha le dimensioni di Linate, e continuando con questa crescita i dieci milioni di quest’anno è prevedibile che diventino venti milioni entro il 2030. Palermo è cresciuta pure, ma meno, e ora va verso i sette milioni di passeggeri. Quindi complessivamente si tratta di 18 milioni, aggiungendo un milione per gli altri aeroporti Trapani, Comiso, Pantelleria e Lampedusa (si arriva al 10% del totale dei passeggeri in Italia, ndr). Non ci sono particolari problemi, perché tra tutte le attività in Sicilia è una delle poche che va bene. Certo si può sempre fare meglio. E quindi la scelta di Catania di cercare un partner industriale non può che essere positiva nel senso di maggiore esperienza, maggiore velocità anche nelle opere di ampliamento che sono necessarie a causa della crescita tumultuosa».

E Palermo, Trapani e Comiso?

«Il problema di Comiso si può dire ormai risolto perché è di Catania, e se domani Catania ne dovesse avere bisogno per allargare ulteriormente il traffico potrebbe investire per ampliare Comiso. In ogni caso svolge il suo ruolo di servizio in un’area tra le più belle d’Italia. Il problema ancora aperto è quello dei rapporti tra Palermo e Trapani, perché Trapani è cresciuta a suo tempo grazie a un grosso incentivo alle low cost, e in particolare a Ryanair, e ha avuto uno sviluppo notevolissimo. Quando però la Provincia non ha potuto continuare a dare soldi, Ryanair è stata attratta da Palermo, che se non ricordo male nell’ultimo bilancio ha messo più di 10 milioni di contributi, non solo a Ryanair, ma a tutte le compagnie low cost. Quindi Palermo ha cannibalizzato Trapani, come Trapani del resto era vissuta a scapito di Palermo. È stato un gioco al massacro. Trapani è stato portato alla Regione tramite … Croce Rossa per poter guarire. Ma ora c’è il problema di come rilanciarlo. Deve avere voli, ma ora è diverso. Prima ad esempio si faceva una trattativa diretta con Ryanair e partivano i collegamenti, oggi per una serie di motivi si è dovuto disciplinare questa materia e diventa più complicato avere i voli. È un grande problema. Ma lo rileva Palermo, lo rileva Catania? Non è questo il problema, bisogna capire che piano industriale si può fare. E se Palermo dovesse convincersi a fare questa fusione, io sono convinto che sarebbe più facile un intervento esterno di un soggetto industriale che prenda tutto il pacchetto e lo rilanci. Però vedo una singolare contraddizione in questo governo, perché nel Def si prevede di ricavare quest’anno 18 miliardi dalle privatizzazioni, e poi però vedo esponenti di questo governo che dicono no, gli aeroporti non si privatizzano. E naturalmente stiamo parlando solo di cedere la gestione, perché l’aeroporto rimane dello Stato. Gli aeroporti sono nati per essere gestiti tra privato e pubblico. C’è poi un altro aspetto importante. Il piano integrato della mobilità, che è stato approvato nel 2017, prevede le connessioni degli aeroporti con strade, autostrade e ferrovie. E questo comporta un problema perché se queste connessioni vengono accelerate, finisce che il passeggero arriva prima in aeroporto, ma poi resta impantanato nelle maglie di una rete stradale che è francamente insopportabile e di una ferrovia che non riesce nemmeno a fare bene Palermo-Catania. Quindi partendo dagli aeroporti si dovranno stabilire le connessioni stradali e ferroviarie, in particolare per quanto riguarda le connessioni con le metropolitane interne. Questo è un tema che dev’essere all’ordine del giorno».

E Alitalia?

«Perde 500 milioni l’anno. Si potrebbero tagliare posti di lavoro e gli esuberi passarli alle Ferrovie che hanno invece bisogno di personale».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA