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Il dramma di Robertino Taormina. La madre: «Oggi ha 25 anni. Nessun risarcimento per noi»

Di Pinella Leocata |

Catania – Il 13 febbraio del 2002, esattamente 18 anni fa, Roberto Taormina, 7 anni, veniva falciato sulle strisce pedonali mentre, stringendo la mano al papà, attraversava viale Vittorio Veneto per entrare alla scuola Mario Rapisardi dove frequentava la seconda elementare. Un’auto si era fermata per lasciarli passare, ma furono sbalzati in alto, con un volo di otto metri, da una Punto grigia guidata da Barbara Occhipinti, ragusana di venti anni, poi risultata positiva ad alcol e cocaina. Robertino aveva ancora in mano la focaccia che aveva comprato pochi minuti prima nel panificio di fronte alla scuola.

Una vicenda che suscitò una grandissima emozione. Il padre, Edoardo Taormina, rimase immobilizzato per due mesi per lesioni alla colonna e alle vertebre, ma il bambino subì gravissime e irreparabili lesioni al tronco encefalico. Ricoverato alla rianimazione del Cannizzaro vi rimase due mesi, poi, grazie a una raccolta fondi cui con grande generosità partecipò tutta Catania, volò con un aereo ambulanza fino ad Innsbruck, dove fu ricoverato alla clinica Anna Denghel, un centro di riabilitazione per neurolesi dove operava il prof. Leopold Saltuari. Vi rimase un anno nel corso del quale il bambino fu svegliato dal coma apallico e riuscì a passare dal letto alla sedia a rotelle. Poi il trasferimento a Valence, in Svizzera, dove fu pronunciata la diagnosi definitiva. Senza scampo. «Roberto – disse il medico – è consapevole, ma è imprigionato nel suo corpo. Non potrà mai più camminare, né parlare, né compiere alcuna azione. Avrà bisogno di assistenza 24 ore su 24».

E così è stato. Infine, dopo anni di continui pellegrinaggi nei vari centri di riabilitazione, la famiglia di Roberto – che ha due sorelle – decide di attrezzarsi per assisterlo a casa dove gli viene assicurata un’integrazione dei servizi di fisioterapia e di logopedia garantiti dall’Asp e dove una specialista nel campo della comunicazione aumentativa sta cercando di insegnarli a comunicare, attraverso il computer, con l’unico occhio che, dopo l’incidente, ha mantenuta integra la sua funzione. Una vita spezzata, quella di Roberto, e con lui quella della sua famiglia che lotta per dargli la massima assistenza possibile. Basti pensare che la madre, la signora Maria Grazia Grillo, ha mantenuto i contatti con i compagni di scuola di Roberto che ogni anno, con grande affetto – sebbene siano già laureati e lavorino in varie città d’Italia – il giorno del suo compleanno lo vanno a trovare. E ogni volta per lei è insieme un grande piacere e un grande dolore. «Penso a quella che sarebbe potuta essere la vita di mio figlio Roberto, che adesso ha 25 anni, e a quella che è. Ed è un pensiero che mi fa soffrire tanto più se penso che la ragazza che ha spezzato la sua via è stata condannata dal giudice di pace a trascorrere 40 fine settimana a casa. Una pena ridicola che, peraltro, con l’indulto, non ha mai fatto. Non solo. La sua famiglia, che pure prima dell’incidente aveva dei beni immobili, non ha versato neppure un euro di risarcimento dei 200.000 previsti perché è risultata nullatenente. Un pensiero cui non mi rassegno – conclude la mamma di Roberto – perché mio figlio non è stato ridotto così da una malattia o da un disastro imprevedibile, ma da una ragazza che si è messa alla guida dopo avere bevuto molto ed essersi drogata».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA