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Salvo Riina ospite di "Porta a Porta"

Salvo Riina ospite di “Porta a Porta” Maria Falcone: «Ma che servizio pubblico è?»

Tutti (o quasi) contro Bruno Vespa che conferma: «Andrà in onda»

Di Fabio Russello |
È polemica sulla trasmissione «Porta a Porta» dove Salvo Riina, il figlio di Totò Riina parla per la prima volta in televisione e parla pure del suo libro («Riina family life») in cui racconta la famiglia Riina durante gli anni della latitanza del boss.  Salvo Riina, intervistato a Padova da Bruno Vespa, ricorda i sedici anni accanto al padre latitante, racconta l’immagine di Totò Riina dinanzi al televisore che trasmetteva le stragi di Capaci e via D’Amelio, i silenzi in una famiglia che sapeva e non parlava. Salvo Riina però si è rifiutato di rispondere alle domande di Vespa su Falcone e Borsellino e non c’è nemmeno una presa di distanza dai molti delitti commessi dal padre. 
 
Una intervista che ha però sollevato come era prevedibile aspre polemiche tra cui chiede l’intervento della Vigilanza Rai e chi chiede addirittura le dimissioni di Vespa. Il giornalista dal canto suo ha però confermato che la trasmissione andrà in onda. Ma la polemica è aperta e rischia di lasciare il segno.  «È la terza volta in pochi mesi – ha commentato Michele Anzaldi, deputato Pd segretario in Commissione di Vigilanza Rai –. Ci dicono “non accadrà più” e invece, dopo aver assistito basiti al funerale dei Casamonica e aver sentito parlare il padre di Manuel Foffo, nel giorno in cui il figlio era stato arrestato per il terribile delitto di Roma, il servizio pubblico ha pensato bene di dare una mano al rampollo di uno dei più spietati criminali di tutti i tempi».
 
Ma a fare rumore sono le parole di Maria Falcone, la sorella di Giovanni, il magistrato ucciso insieme alla moglie Francesca Morvillo e a tre agenti di scorta nella strage di Capaci per ordine proprio di Totò Riina: «Apprendo costernata della decisione di far partecipare per la presentazione del proprio libro,alla puntata di “Porta a porta” il figlio di Totò Riina, carnefice di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, e centinaia di altri servitori dello Stato, e anch’’egli condannato per associazione mafiosa. Considero incredibile la notizia: da 24 anni mi impegno per portare ai ragazzi di tutta Italia i valori di legalità e giustizia per i quali mio fratello ha affrontato l’estremo sacrificio ed è indegna questa presenza in una emittente che dovrebbe fare servizio pubblico». 
 
Eppure nella sua operazione di marketing di Salvo Riina c’’è pure l’’anticipazione di Oggi che nel numero in edicola riporta la descrizione del 23 maggio del 1992, il giorno della strage di Capaci, vissuto dalla «famiglia» Riina. «Quel 23 maggio era un sabato –- scrive Salvo Riina –-. Me lo ricordo bene perchè molti dei nostri amici non erano andati a scuola e quindi avevamo potuto passare tutta la giornata in giro coi motorini. Avevo compiuto da poco quindici anni e tutti i pomeriggi io e Giovanni ci vedevamo con il resto del gruppo per chiacchierare o fare una partita a calcetto».  Salvo Riina che ha scontato 8 anni e 10 mesi per associazione mafiosa racconta: «Sembrava di stare in guerra ad ogni angolo delle strade, e con mio fratello Giovanni dovemmo fare qualche slalom di troppo per guadagnare la strada di casa. A casa c’erano tutti. Entrammo e mia madre subito ci fissò, senza dire nulla. La tv era accesa su Rai1, e il telegiornale in edizione straordinaria già andava avanti da un’ora. Non facemmo domande, ma ci limitammo a guardare nello schermo. Pure mio padre Totò era a casa. Stava seduto nella sua poltrona davanti al televisore. Anche lui in silenzio. Non diceva una parola, ma non era agitato o particolarmente incuriosito da quelle immagini. Sul volto qualche ruga, appena accigliato, ascoltava pensando ad altro e nessuno di noi aveva voglia di confrontarsi sull’accaduto. Mi convinsi che non ero più un bambino e accettai la percezione che tutta Italia in questo momento stava cercando Totò Riina, il capo dei capi, disse qualcuno. Però la vita continuava e bisognava andare avanti, magari anche con incoscienza. Non ci avrebbero mai presi».
 
Rosi Bindi va giù dura e parla apertamente di negazionismo della mafia: «Mi auguro che in Rai ci sia un ripensamento. Ma se questa sera andrà in onda l’intervista al figlio di Totò Riina, avremo la conferma che “Porta a Porta” si presta ad essere il salotto del negazionismo della mafia e chiederò all’Ufficio di Presidenza di convocare in Commissione la presidente e il direttore generale della Rai». Per i membri M5S della commissione Antimafia:  «La presenza del figlio di Totò Riina nel programma Porta a Porta di Bruno Vespa per promuovere il suo libro è un’offesa a tutti i cittadini onesti».  Critici anche il segretario generale e il presidente della Fnsi, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti e il segretario dell’Usigrai, Vittorio Di Trapani: «Piuttosto che al libro del figlio di Riina – proseguono – noi avremmo preferito una puntata dedicata a “Io non taccio”, scritto da 8 colleghe e colleghi minacciati». 
«Possibile –-dice Giovanna Maggiani Chelli -, presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili – che siamo costretti a subire una offesa così grave, senza poter far nulla? Ma che Paese è quello che consente a conduttori televisivi di emittenti di Stato di insultare le vittime di Cosa nostra per mere ragioni che ci rifiutiamo di prendere in considerazione?». 
 
Non tutte le critiche sono comunque univoche perché ad esempio Maurizio Lupi, presidente dei deputati di Area popolare e membro della commissione di Vigilanza della Rai sottolinea come non ci siano stati grandi proteste da parte della sinistra «quando la Rai ospitava nei suoi studi Ciancimino jr, elevato da Michele Santoro a icona antimafia e condannato a tre anni per detenzione e cessione di esplosivi».
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