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Sicilia, primo sì all’istituzione della giornata della memoria dell’eruzione del 1669

Di Redazione |

PALERMO – Passa alla V commissione dell’Ars con il voto del Governo, rappresentato dall’assessore dei Beni culturali, Alberto Samonà, il disegno di legge presentato come prima firmataria da Josè Marano (M5S) che istituisce una giornata della memoria e introduce un itinerario culturale che rievochi i terribili eventi vulcanici e sismici che nel 1669 distrussero parte di quei territori della Sicilia orientale.

La parola passa ora al Parlamento che, se voterà l’iniziativa, sancirà come giorno della memoria l’11 marzo ricordando nel tempo la potenza distruttiva che ebbe l’Etna nel 1669 con il catastrofico evento eruttivo. L’eruzione dell’Etna ebbe inizio il 25 febbraio e si concluse intorno alla metà del mese di luglio del 1669.

La data dell’11 marzo, nel ddl appena approvato, è stata individuata in quanto giorno in cui è avvenuta la prima colata lavica a seguito della quale è stato cancellato il centro abitato di Mompilieri, attuale Belpasso. 

Dell’eruzione del 1669, e della “grande ruina” che provocò nei quattro mesi della sua durata, le popolazioni dell’Etna hanno quasi perso memoria perché dopo di allora, per 350 anni, non si è mai più aperta una bocca eruttiva ad una quota tanto bassa cosicché siamo portati a credere, sbagliando, di non correre questo rischio.

L’eruzione del 1669 provocò effetti devastanti nel breve e nel lungo periodo. Furono distrutti 12 casali, interi paesi come Malpasso, Misterbianco e Camporotondo scomparvero, 28 persone persero la vita nel tentativo di compiere atti di sciacallaggio e altre 3.000 morirono di fame nell’anno e mezzo successivo, indebolite dalla malnutrizione causata dalla perdita, sotto la lava, di oltre 42 chilometri quadrati di terreno fertile. Andarono perse piantagioni di vigne, di grano, di frutta e di gelsi per i bachi da seta, produzione che subì un tracollo. Nella sola Malpasso andarono perdute ben 2.500 tonnellate di grano conservate nei magazzini sepolti dal fuoco. Anche la pastorizia subì danni pesantissimi, gli allevamenti spostati altrove per mancanza di erba di cui nutrire gli animali.

A Catania, quando la lava incandescente arrivò al mare, provocando vapori impressionanti e surriscaldando l’acqua, anche le navi si rifiutarono di approdare e di avvicinarsi perché l’alta temperatura danneggiava la pece degli scafi. Ancora. In tutto il territorio interessato dall’eruzione ben 27.000 persone persero le case, distrutte dal peso della cenere, dalla lava o demolite nel tentativo di deviare il corso della colata verso aree meno abitate. La viabilità fu cancellata o subì profondi danni, molte famiglie si impoverirono e cambiarono status sociale.

Catania perse il ruolo di città egemone, le attività produttive bloccate dalla fuga del 70% della popolazione, le difese e il porto distrutti e non ricostruiti per il rifiuto dell’amministrazione centrale spagnola di stanziare i fondi necessari.

Un evento straordinario, quello dell’eruzione del 1669, che divenne subito un fenomeno mediatico internazionale. A scriverne le gazzette delle città italiane più importanti – Napoli, Roma, Venezia, Bologna – i cui stampatori pubblicarono numeri speciali rendendo pubblica la relazione sugli eventi fatta dal Senato catanese. Testo pubblicato anche in tutte le grandi capitali europee – Londra, Parigi, Lisbona, Madrid – accompagnato da un cappelletto e dalla riflessione di filosofi, intellettuali e moralisti. E furono proprio questi resoconti a far nascere in tutta Europa e persino in America la grande attenzione verso l’Etna, il vulcano che dà la vita e la morte.

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