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Fisica ennese con i dati dei cellulari rende smart le città

Di Maria Ausilia Boemi |

Catenanuova, Catania, Madrid, Palo Alto (California), Londra: sono le tappe in crescendo dell’eccellenza della fisica 36enne Giovanna Miritello, oggi leader di un gruppo di una quindicina di scienziati che si occupano di analisi dati, da cui creare modelli, per Vodafone Regno Unito. Col suo gruppo, in sostanza, la fisica siciliana studia, attraverso l’analisi dei big data provenienti dall’uso dei cellulari, dalla loro localizzazione e dalla qualità della rete, come migliorare e personalizzare l’esperienza dei clienti che hanno dato il consenso al trattamento dei loro dati.

Nata a Catenanuova, mamma di un bimbo di 7 mesi, Giovanna Miritello si è laureata in Fisica teorica all’università di Catania. «Dopo la laurea – racconta – mi sono trasferita a Madrid per un dottorato di ricerca sui sistemi complessi all’università Carlos III di Madrid, cofinanziato dall’azienda telefonica spagnola Telefonica, che metteva a disposizione borse di studio rivolte a studenti di dottorato che volessero analizzare i dati interni all’azienda: e questo ho fatto per i 4 anni di dottorato». Finito il quale, Giovanna Miritello fa un’esperienza di 3 mesi nella Silicon Valley in California, rientrando poi però in Spagna anche «perché mi hanno confermato un contratto a Telefonica come ricercatrice all’interno di un nuovo gruppo il cui scopo principale era analizzare la mobilità delle persone in una determinata città utilizzando i dati telefonici. Questo tipo di analisi è utile per sapere dove un nuovo negozio potrebbe avere più successo, per orientare campagne di marketing mirate a un determinato segmento di persone e anche a pianificare e migliorare il traffico e il trasporto pubblico di una città. Questo progetto si chiama Smart steps, proprio perché si basava sull’analisi della mobilità umana per applicazioni intelligenti». Insomma, la data science, all’epoca in nuce, oggi esplosa.

Nel marzo 2016, Giovanna Miritello si sposta a Londra, «perché anche a Vodafone hanno aperto un gruppo di big data di cui ho avuto la fortuna di fare parte sin dall’inizio: una nuova sfida per creare un gruppo di ricerca e innovazione da zero e applicare campi di ricerca di analisi dati per migliorare l’esperienza cliente di milioni di persone».

Il Grande Fratello che tiene tutti sotto osservazione, dunque? «Questa è una delle domande che spesso mi viene fatta e un campo dove credo ci sia molta disinformazione. È importante capire che chi come me si occupa di analisi dati opera su dati di clienti che hanno esplicitamente dato il consenso per la loro analisi e per il loro utilizzo a scopo commerciale. Inoltre, operiamo sempre su dati anonimi: io non ho il numero di telefono di una persona, quindi non posso risalire alle sue telefonate o ai suoi contatti. Come in tutti gli studi scientifici, ciò che interessa non è il singolo, ma il comportamento collettivo, capire cosa fa una determinata tipologia di persone o, in generale, la gente quando si trova di fronte a certe situazioni. Quindi, è vero che siamo tutti osservati, però in modo aggregato e anonimo: ed è vero che io, analizzando i dati dei cellulari, posso capire la dinamica di una città o le differenze del traffico a Londra rispetto a Madrid o a Catania».

Nulla a che vedere, dunque, con la vendita di dati personali: «Anzitutto, la maggior parte delle applicazioni, almeno all’interno delle telecomunicazioni, sono a uso interno: questi studi servono a ottimizzare i costi, a capire dove distribuire un determinato budget oppure come posso migliorare le possibilità di marketing. La vendita di dati è difficilissima: ad esempio, già solo per trasferire dati da Vodafone Inghilterra a Vodafone Gruppo, che è un’altra compagnia ma è pur sempre Vodafone, dobbiamo interfacciarci per mesi con il dipartimento della Privacy, come è giusto che sia».

Laurea a Catania e poi via all’estero: una decisione, spiega però la giovane fisica siciliana, «non guidata da un posto fisico – Madrid nel caso specifico -, anche se ovviamente è stata una motivazione, ma da cosa fare. Per l’area a cui volevo dedicarmi, ancora a Catania non c’era un gruppo stabile e solido; inoltre, andare a Madrid mi attirava perché mi piace viaggiare, imparare lingue nuove, conoscere gente con un background diverso».

Non quindi un cervello in fuga, ma «una scelta, che fortunatamente resta tale. La cosa triste è quando molti siciliani della nostra generazione sono obbligati a emigrare: allora non è più una tra tante scelte, ma l’unica strada da prendere. Così come per il percorso inverso, volendo tornare in Italia, che è una cosa che ad esempio non ho mai escluso, tutto dipende dalle opportunità: ed è un po’ triste per noi perché rientrare in Italia è spesso impossibile, mentre altri giovani originari di altri Paesi hanno questa opportunità».

Giovanna Miritello non esclude quindi il ritorno, «nel senso che l’Italia è un bellissimo Paese. Probabilmente, Milano potrebbe essere l’unica città italiana in cui le compagnie si stanno muovendo verso l’ambito di data science: quindi in realtà si tratterebbe di scegliere tra Londra e Milano, Madrid e Milano, non tra Inghilterra o Spagna e Italia».

In ogni caso, «ottima è stata la preparazione che ho ricevuto in Sicilia. Ovviamente è stata completata con quella del dottorato a Madrid, però le basi che abbiamo in Italia sono ottime e poi la facoltà di Fisica a Catania è una delle migliori. Anche se ora non mi occupo molto di Fisica pura, teorica, le basi a livello statistico, analitico, il modo in cui applicare il metodo scientifico sono cose che ho imparato a fare e di cui mi sono innamorata all’università di Catania».

Resta quindi il cruccio di preparare benissimo i giovani e di regalarli, pronti, all’estero, senza riuscire a farli tornare a produrre nel Belpaese dopo un’esperienza sacrosanta all’estero: «Il problema è che noi all’estero ormai ci siamo abituati a lavorare a un livello e in un ambiente tale che in Italia non esiste. Al di là della complessità del fenomeno, comunque, io penso che occorra creare nel sistema scolastico, educativo, lavorativo un ambiente aperto che accolga tutti, non solo gli italiani o chi ha studiato in quella università. All’Italia in generale e alla Sicilia fa difetto l’apertura al diverso, allo straniero, a chi fa cose differenti. Già a livello di studenti: ci sono pochissimi dottorandi stranieri nelle università italiane. Ma addirittura ci sono pochissimi docenti universitari a Catania che provengono da altri atenei italiani: di solito, chi fa il percorso in una università, resta lì. La stessa cosa nelle aziende: spesso si è restii, si ha paura delle cose nuove e delle persone diverse, di finanziare un progetto, di scommettere in una idea che può sembrare un po’ pazza o assurda. Io credo che, invece, potrebbe essere fondamentale, per richiamare noi italiani che viviamo all’estero, trovare un ambiente che non ha paura, che non è chiuso, ma ha interesse a fare qualcosa di nuovo, a parlare con gente nuova, a tenere corsi in altra lingua, a offrire possibilità a tutti basandosi sul merito più che su altri fattori».

Un’apertura che porta invece Giovanna Miritello a non tirarsi mai indietro: «Voglio crescere dal punto di vista professionale e personale, quindi continuare a raccogliere sfide: ci si deve sempre mettere fuori dall’area di personale comfort. Voglio portare poi avanti un’iniziativa che ho iniziato 4 anni fa a Madrid assieme ad altri due amici: Databeers. Si tratta di eventi che hanno lo scopo di divulgare storie basate su dati di qualsiasi tipo e in qualsiasi settore. Una delle motivazioni è proprio comunicare alla gente, attraverso esempi concreti, quello che si fa o si può fare attraverso l’uso di dati, non solo per condividere conoscenza, ma soprattutto per eliminare paure su come queste informazioni possano essere utilizzate. L’iniziativa Databeers oggi è presente in più di 20 città e 3 continenti e spero di poterla portare presto anche in una città siciliana».

Una nostalgia dell’Isola natale, non solo della famiglia e degli amici, ma che si riassume nel «modo di vivere siciliano, che richiede, generalizzando, passione in tutto quello che facciamo. Di solito, quando facciamo una cosa noi siciliani ci innamoriamo di quella cosa, se abbiamo un amico è un amico per sempre: avendo vissuto fuori, posso dire che all’estero questo è più difficile da trovare». Aspetto che contribuirebbe a renderebbe la Sicilia un posto sicuramente più competitivo se non avessimo «la paura di qualsiasi cosa o persona che è diversa da noi: invece, confrontarsi con il diverso è una opportunità da cui imparare».

Così come è un peccato – ma questo a livello globale e anche se «non l’ho sperimentato personalmente», assicura la fisica siciliana – che «le donne che ci occupiamo di scienza siamo una minoranza, già di solito a livello universitario, di più in ambito lavorativo, ancora di più tra chi prende decisioni o ha la possibilità di investire nelle novità o di creare qualcosa dal nulla. Credo che avere più donne in posti di rilievo possa portare solo un miglioramento della società».

Una difficoltà con la quale Giovanna Miritello si trova ancora oggi a fare i conti è quella di «convincere – quello che faccio io è tuttora un campo nuovo per molte aziende – a fidarsi di decisioni prese in base a dati ed algoritmi piuttosto che in base al volere di una persona. Convincere quindi le varie aree della compagnia che una applicazione di analisi dati nelle decisioni di marketing e di business in generale basate su predizioni fatte da algoritmi spesso è la cosa migliore da fare: ci si deve fidare dei fatti, non di opinioni».

Tra le maggiori soddisfazioni, invece, annovera «il premio Springer con la pubblicazione della tesi di dottorato sulla sua collana, soprattutto perché in seguito è stata citata tante volte e riconosciuta come un lavoro di qualità e di novità».

Più di un consiglio, infine, ai giovani: «Viaggiare tanto, confrontarsi con gente e ambienti diversi prima possibile, entrare subito in contatto con cose mai fatte prima, persone mai frequentate prima, posti mai visitati prima. E poi, a livello introspettivo, direi di conoscere i propri limiti ma di mettersi sempre in gioco, togliersi dalla comfort zone accettando sfide nuove: avere, insomma, iniziativa, perché nulla capita stando fermi».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA