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Da Villabate ai piedi del Cervino, nei piatti di Gianmarco la passione sicula

Di Carmen Greco |

In Val d’Aosta ha trovato tutto: opportunità, lavoro, possibilità di esprimersi in cucina. Ma non la fidanzata. Fedele al detto “moglie e buoi dei paesi tuoi”, Gianmarco Cerrito, 28 anni, da Villabate, i buoi li ha lasciati qui ai piedi del Cervino e la moglie se l’è scelta siciliana doc. Il 25 settembre tutto lo staff del ristorante l’Alpage dove lavora, scenderà in Sicilia per il matrimonio con Alessia, e quello sarà (forse) un momento il cui il giovane chef potrà tirare un respiro di sollievo prima di rituffarsi nella stagione invernale che, da queste parti, è anche più impegnativa di quella estiva. Nel frattempo, stupisce i turisti preparando fuori menù dei perfetti cannoli siculo-style rigorosamente con la ricotta di pecora, un prodotto quasi introvabile da queste parti dove le vacche sono le “Regine”.

Più che altro un divertissement per Cerrito, che in questo ristorante a poco più di 2.000 metri d’altezza, a due passi dal Lago Blu, interpreta la cucina valdostana con la sua personalità, senza concessioni nostalgiche per i piatti siciliani, non ce n’è bisogno. Gianmarco è uno di quei giovani cuochi che usciti dalla scuola alberghiera, hanno iniziato a farsi le ossa con le “stagioni” nelle località turistiche. «Ho iniziato in Sardegna e, per puro caso – racconta – mi sono ritrovato in un resort a Porto Cervo, lì ho conosciuto un sous chef cui ho chiesto un lavoro anche per l’inverno e lui mi ha chiamato qui a Breuil-Cervinia, dove sono arrivato nel 2015 e da allora lavoro qui nove mesi e mezzo l’anno. Non so se sarà una scelta definitiva, ma qui sto bene e, dopo il viaggio di nozze porterò mia moglie».

Cos’ha portato di siciliano nei piatti della cucina valdostana?

«C’è un’impronta su tutti i piatti, c’è il mio gusto, ma sicuramente c’è il mio amore per questo lavoro e – mi dicono – che si vede vede».

Per esempio dove?

«Nella carbonade, oppure nella bistecca alla valdostana (il primo uno stufato di manzo e la seconda una scaloppa con fontina e prosciutto due piatti tipici ndr). Poi ho portato anche piatti nostri…».

Che però non sono nel menù…

«Infatti, non lo tocco quasi mai, perché rispetto il fatto che sia un ristorante tipico. Se faccio il cannolo, è un dolce fuori carta, o il nostro “canazzo”, una specie di caponata con tante verdure in agrodolce».

Come definirebbe la sua cucina?

«Nazionale. Sì potrei definirla così, dato che ho fuso pietanze regionali fra loro».

Il matrimonio perfetto?

«Questa è difficile… forse un raviolo ripieno di Bleu d’Aoste (il formaggio erborinato vanto dei caseifici locali oltre alla Fontina ndr) con una salsa di ispirazione siciliana. Però ci sto lavorando, non è facile, sono due cucine con gusti molto forti e rischiano di sovrapporsi a vicenda».

Il sogno di Gianmarco Cerrito?

«Mi piacerebbe avere qualcosa di mio. In Sicilia, magari, ma in qualche zona turistica dove mi trovo meglio che in città».

Perché, si guadagna di più?

«Le paghe sono alte, ma se non c’è amore per questo lavoro, meglio non farlo. I sacrifici che ci sono alle spalle non valgono i soldi che guadagni, questo lo posso garantire. Io oggi mi trovo qui, solo, a 1.600 km dalla mia famiglia, faccio questo lavoro da più di 10 anni e non conosco feste di Natale o Ferragosto».

Il destino del cuoco…

«Infatti io l’ho scelto consapevolmente. C’è invece molta gente che comincia perché vuole guadagnare, ma quando si rende conto di quello che sta sacrificando se ne pente».

Il suo piatto valdostano preferito?

«I paccheri al ragù di cervo, non per niente li facciamo noi (ride ndr). E poi ho una passione per i formaggi, in particolare il Bleu d’Aoste. A novembre andrò a rappresentare la Valle d’Aosta in una manifestazione che si chiama “Girogustando” in cui ci si ospita fra chef e si cucina a quattro mani. Noi con l’Alpage andremo a Siena e lì porterò i ravioli al Bleu d’Aosta e boudin (un salume tipico ndr)».

E il suo “gusto del cuore”?

«La salsa di pomodoro. Tuttora mia mamma fa la conserva di pomodoro e mia nonna la pasta fresca, un connubio insuperabile. Io non ho ancora raggiunto i loro livelli».

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